Intenzione di preghiera di settembre Per abolire la pena di morte

L’esempio di Vicki: «Dobbiamo chiedere giustizia e non vendetta»

 L’esempio di Vicki: «Dobbiamo chiedere giustizia e non vendetta»  QUO-203
06 settembre 2022

Il 7 maggio 1998 un uomo entrò nella stanza di Shannon Schieber, studentessa alla Wharton School of Business. La violentò, come aveva fatto con altre donne precedentemente, e la uccise. Sua madre Vicki — donna di profonda fede cattolica, per un periodo della sua vita anche novizia di una congregazione religiosa — gira da allora gli Stati Uniti, per ricordare all’opinione pubblica e alla classe politica che la pena di morte per gli assassini non è la soluzione.

«Mio marito e io — disse una volta in audizione al Senato — siamo cresciuti in famiglie molto religiose, in cui l’odio non era mai tollerato e in cui si pensava che la forma massima di odio fosse l’uccisione deliberata della vita di un’altra persona. Portando avanti i principi con cui io e mio marito siamo stati educati e con cui abbiamo cresciuto nostra figlia, non possiamo in coscienza appoggiare l’uccisione di nessuno, nemmeno dell’assassino di nostra figlia, se questa persona può essere condannata all’ergastolo senza condizionale e quindi non è più un pericolo per la società».

La madre di una vittima che si mobilita contro la pena di morte è una testimonianza fortissima: dalle università alle parrocchie, passando per gli eventi organizzati dal Catholic Mobilizing Network, Vicki Schieber cerca da 24 anni di spiegare (anche a molti cattolici) che giustizia e vendetta sono due cose diverse: «Non è invocando la pena di morte che onoreremmo meglio la vita di nostra figlia, né la condanna del suo assassino ci aiuterebbe a gestire i dolorosi ricordi delle sue speranze e dei suoi sogni non realizzati. Per quanto difficile possa essere, bisogna cercare di evitare la rabbia, che uccide, e trovare un modo per guarire. Un’esecuzione, magari vent’anni dopo la condanna, distrugge le vite anche della famiglia dell’assassino, che invece non ha nessuna colpa».