Un variopinto mosaico
di popoli in pellegrinaggio

 Un variopinto mosaico  di popoli in pellegrinaggio  QUO-172
29 luglio 2022

Quebéc , 28. «Per la riconciliazione»: la messa celebrata stamane da Francesco a Sainte-Anne-de-Beaupré è un ulteriore passo nel cammino di guarigione che il Pontefice sta portando avanti qui in Canada insieme con la Chiesa locale. Nonostante i dolori al ginocchio che ne limitano i movimenti, Papa Bergoglio non si sta risparmiando e ora aiutandosi con un bastone da passeggio, ora ricorrendo all’ausilio di una sedia a rotelle, prosegue infaticabilmente la sua missione in questo pellegrinaggio penitenziale giunto alla quinta giornata. E nonostante qualche isolato tentativo di protesta, come lo striscione critico nei confronti della cosiddetta “Dottrina della scoperta” — grazie alla quale le potenze coloniali europee cristiane si impossessarono delle terre ancestrali dei popoli autoctoni — esibito all’inizio del rito e subito rimosso.

In un’assolata mattina, il vescovo di Roma si è recato a 35 chilometri da Québec City presso il santuario nazionale, che nei giorni della festa di sant’Anna, patrona della provincia quebecchese, attira ogni anno fedeli appartenenti alle popolazioni indigene, ma non solo, da tutto il Paese.

Una tradizione avviata dai primi missionari gesuiti che nel 1629 qui eressero una cappella in onore della nonna di Gesù, alla quale avevano affidato la protezione della loro vita durante un drammatico naufragio. I registri tutt’ora esistenti attestano che gli indigeni non hanno mai smesso di venirvi: gli huroni a partire dal 1671 e i micmacs dal 1680, avviando il vasto movimento popolare che avrebbe fatto di questo luogo di guarigioni miracolose — testimoniate da tanti ex voto — uno dei più frequentati dai cattolici dell’America del Nord.

Il 1° maggio 1872 una lettera dei vescovi della regione incoraggiava la devozione e organizzava la colletta per la costruzione di una nuova chiesa e alla fine del 1878 la cura pastorale veniva affidata ai redentoristi.

Con oltre un milione di visitatori l’anno, soprattutto malati e loro famigliari, a Sainte-Anne-de-Beaupré l’annuncio della visita papale ha fatto schizzare verso l’alto il numero di prenotazioni. Dalla parte della strada statale che va verso il fiume San Lorenzo i camperisti hanno sistemato tende e roulottes. Altri continuano a confluire grazie al traghetto fluviale che fa la spola con la città. All’arrivo si nota un grande edificio di forma circolare: è il vecchio ciclorama che mostrava dipinte all’interno delle sue pareti come sarebbe potuta apparire la città di Gerusalemme al momento della Crocifissione di Gesù. Esiste dal 1895, ma ha chiuso i battenti nel 2018.

Giunto in auto dall’arcivescovado di Québec il Pontefice è poi salito sulla papamobile aperta per salutare sorridente i tanti fedeli radunati nel grande spiazzo antistante la basilica neoromanica. Qui nel 1984 venne anche Giovanni Paolo ii , che incontrò i popoli autoctoni rivendicandone i diritti.

Trentotto anni dopo il successore di Pietro è di nuovo a Sainte-Anne-de-Beaupré, stavolta con i paramenti liturgici: Francesco ha infatti presieduto all’interno del maestoso tempio — più volte distrutto da incendi e ogni volta riedificato più imponente — la messa “per la riconciliazione”, in francese e latino, con letture tratte dal libro della Genesi 3, 8-15. 20-21, dal Salmo 129 e dal vangelo di Luca 24, 13-35. Hanno concelebrato con lui vescovi canadesi e gli ecclesiastici del Seguito tra i quali i cardinali Ouellet, che qui a Québec è stato arcivescovo metropolita dal 2002 al 2010 prima di essere chiamato in Vaticano, e Czerny, nato in Repubblica Ceca ma presto emigrato con la famiglia in Canada, dove è cresciuto ed è stato ordinato sacerdote gesuita della provincia canadese. Tra i presenti il Primo ministro Trudeau, e in posti riservati nelle prime file, con il loro coloratissimo abbigliamento, capi indigeni, anziani, saggi e, particolarmente emozionati, alcuni dei sopravvissuti alle scuole residenziali in cui si è consumata la tragedia di tantissimi bambini strappati alle famiglie per essere “rieducati” a stili di vita occidentali, a motivo di politiche governative di assimilazione portate avanti anche da enti cristiani che gestivano tali strutture.

«Dinanzi allo scandalo del male e al Corpo di Cristo ferito nella carne dei nostri fratelli indigeni», come ha detto all’omelia in spagnolo, Francesco ha paragonato il «faticoso cammino di guarigione e di riconciliazione» in atto in Canada alla devozione della “Scala santa” — di cui qui a Sainte-Anne-de-Beaupré c’è una copia di quella del Laterano a Roma — unendosi idealmente ai pellegrini che ne salgono i 28 gradini in ginocchio, come fece, secondo la tradizione, Gesù prima di essere condannato da Pilato.

Ad ascoltare le parole del Pontefice, tradotte in francese a ogni passaggio, anche quanti hanno seguito la celebrazione sotto un caldo sole all’esterno della basilica, attorno alla fontana sormontata da una statua raffigurante sant’Anna con in braccio la figlia Maria bambina, e quelli collegati dalle Pianure di Abramo: nel grande polmone verde di Québec City sono stati infatti collocati maxischermi per seguire la visita papale e installazioni artistiche sul tema della stessa, animate da rappresentanti dei popoli originari First nations, Métis e Inuit per esprimere le loro attese di guarigione.

Le stesse che sono ritornate durante il rito alla preghiera dei fedeli a Beaupré, quando è stata elevata un’intenzione «per le popolazioni indigene e per la nostra nazione: parole e gesti di riconciliazione aprano la via a un futuro pieno di speranza». Un auspicio che si è aperto oltre i confini del Canada, in quella successiva, quando si è invocato il Signore «per la pace nel mondo: si moltiplichino le iniziative di dialogo fra le parti in conflitto e si metta fine a ogni atto di violenza e di morte».

Al termine il cardinale Lacroix ha salutato il vescovo di Roma, che ha lasciato in dono un rosario d’oro alla comunità del santuario. Prima di rientrare in auto in arcivescovado per il pranzo Francesco ha compiuto una visita fuori programma alla “Fraternité St. Alphonse”, una struttura di accoglienza per gli “scartati” dalla società.

dal nostro inviato
Gianluca Biccini