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Suor Orianne, una paolina digitale su Instagram

Incontrare Cristo in rete

 Incontrare Cristo in rete  QUO-135
14 giugno 2022

Si può evangelizzare con il sorriso? Sembrerebbe proprio di sì guardando i divertenti video postati su Instagram da suor Orianne, una giovane figlia di San Paolo, canadese di nascita, ma che vive presso la Casa editrice delle suore paoline degli Stati Uniti a Boston. Nel surfing sui profili Instagram, se ci si imbatte nella pagina di suor Orianne, è praticamente impossibile non soffermarvici, perché questa giovane suora vanta, insieme a una grande competenza nell’uso dei media e a una spontanea carica ironica, una mimica facciale straordinaria. L’ironia non è però mai fine a se stessa ma propone sempre una sollecitazione di senso spirituale e un richiamo al Vangelo ai suoi oltre 33.000 followers. «Sono entrata nella vita religiosa quando avevo 27 anni — esordisce suor Orianne — e ho fatto la mia professione tra le suore paoline soltanto l’anno scorso».

Com’era la tua vita prima di allora?

Guarda, a essere sincera, l’idea di diventare suora non mi sfiorava neppure lontanamente. Convertita al cattolicesimo, ho passato la mia giovinezza come tutti: studiando, lavorando, viaggiando, ma anche cercando di crescere nella mia fede. All’università ho studiato dapprima antropologia e sviluppo internazionale, e poi ho proseguito con le scienze dell’educazione. Ho lavorato come insegnante in Inghilterra per un anno, e poi, quando sono tornata in Canada, come maestra di francese in un asilo d’infanzia. Ma riuscivo anche a trovare il tempo per dare una mano nella pastorale giovanile della mia parrocchia. Mi piaceva molto lavorare con i bambini e con i giovani. Poi col tempo ho cominciato a realizzare che tra essi c’era una grande fame di parole e di pensieri spirituali, che troppo spesso rimaneva disattesa. E questa loro fame suscitava in me il desiderio di fare qualcosa di più, ma non sapevo ancora cosa. Fino a quando un prete a cui avevo confidato in confessione questo mio disagio mi chiese se avevo mai considerato l’opzione della vocazione a divenire suora. Ti confesso che queste parole lì per lì mi gettarono nel panico. Ma poi cominciai a chiedermi se non fossero casuali, ma esprimessero un vero invito del Signore a intraprendere la vita religiosa. Poiché in Canada vivevo in una zona rurale, lontana dalle grandi città, non vi erano intorno a me molte comunità religiose. Cominciai a cercare online, e fu così che entrai in contatto con le paoline, le Figlie di San Paolo. In fondo c’è una continuità tra la mia attività pastorale in rete e il fatto che la mia vocazione sia nata attraverso la rete.

Come hai iniziato questa attività pastorale digitale? Ti è stato chiesto dalle tue superiori o rispondeva a una tua attitudine?

Come Figlie di San Paolo noi siamo chiamate a usare anche i più moderni ed efficaci strumenti di comunicazione per condividere il Vangelo di Gesù Cristo. Io usavo ovviamente i social anche prima di entrare nelle paoline, come fanno un po’ tutti i giovani. Ma i miei account erano tutti privati, li usavo soprattutto per rimanere in contatto con amici e familiari. Quando poi sono diventata suora ho capito che il Signore mi invitava a portare tutta me stessa nella donazione, compresa la mia personalità sui social media. Dopo averne parlato con le mie consorelle, ho allora deciso di cambiare i miei account da privati in pubblici, e di condividere con il popolo di Dio i miei pensieri e il mio vissuto di fede.

I tuoi video sono molto originali e ironici. È una cosa studiata o appartiene al tuo carattere?

Ironia o no, io non posto mai nulla a meno che non senta prima un’ispirazione a condividere proveniente dallo Spirito. Però è vero: io amo prendere la vita con un buon senso dell’umorismo. D’altronde sono convinta che anche Dio abbia un buon senso dell’umorismo. Lo si legge già nelle Scritture. Però io sento anche molto i bisogni e le sofferenze della gente, e allora spero che i miei video possano anche portare un sorriso sulle loro facce, e le didascalie possano riscaldare i loro cuori.

È difficile trasmettere un messaggio spirituale in un video di pochi secondi?

Se comprendessimo quanto Dio ci ama nella semplice realtà del quotidiano, le nostre vite sarebbero molto differenti. I miei messaggi vanno esattamente in questa direzione: mostrare l’amore di Dio per ciascuno di noi, un amore che è vita, che conforta, che ci apre alla novità. Questo è il Vangelo. E questo è quello che cerco di trasmettere.

Chi sono i tuoi follower?

Ognuno dei miei follower è un prezioso figlio di Dio. Sono molto grata per questa mia piccola “famiglia social” che veramente prega insieme. Io prego per loro, loro pregano per me, e loro pregano l’uno per l’altro. Nei commenti che puoi leggere sotto ai video si vede questa straordinaria e umile comunità di preghiera. È un insieme abbastanza misto tra uomini e donne, dai ragazzi fino ai 60 anni. E vengono da tutto il mondo, dagli Stati Uniti, dal Canada, ma anche dal Brasile, dall’Italia, dal Libano e dal Kenya. È sorprendente vedere come il Signore operi in tutte queste vite in giro per il mondo. E anche io imparo molto da loro. Sono convinta che la presenza cristiana sui social media sia molto importante. Ho il privilegio incredibile di accompagnare tante persone attraverso periodi di dubbio, di ritorno alla preghiera, di conversione. Ogni volta che accade, a me o a una mia consorella, piango di gioia. Gioisco al pensiero che il Signore usi i miei post — quelli divertenti ma anche quelli seri — per creare un ambiente sicuro in cui chiedere, domandare, dibattere, imparare, avventurarsi nei sentieri dell’amore di Cristo.

Vi sono anche dei rischi nella comunicazione religiosa digitale?

I social hanno la straordinaria potenza di poter raggiungere persone che mai potresti altrimenti incontrare. Dobbiamo sempre lasciarci guidare dallo Spirito per decidere cosa e come comunicare; e domandarci: “Sto condividendo l’amore nella verità? E la verità nell’amore? Mi esprimo senza creare divisioni? Sto invitando a dialogare con rispetto reciproco?”. Bisogna fare attenzione a non postare mai messaggi che contro-testimonino il Vangelo perché espressi con astio o supponenza. Perché, quando facciamo tali errori nella vita reale, questi impattano al massimo su un paio di persone; ma se li fai online questi impattano negativamente su centinaia, anzi migliaia, di persone. Questo ci impone un grande senso di responsabilità, ma anche un’accortezza del cuore nel saper rispondere e considerare gli altri da noi.

Una vocazione complessa dunque?

No. Come ogni altra vocazione per un cristiano essa sorge dal battesimo in Cristo. Anche nei social siamo chiamati a vivere pienamente in Cristo, interagendo e conversando con altri. Se noi viviamo radicalmente il battesimo, e comprendiamo veramente che stiamo portando Cristo anche in questo spazio virtuale, possiamo senza grandi difficoltà creare un terreno fertile d’incontro tra le persone e quell’Uno che le ama follemente.

di Roberto Cetera


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