Da Fátima l’appello del sostituto della Segreteria di Stato

Dialogo e negoziato
uniche vie
per una pace stabile
e duratura

 Dialogo e negoziato  uniche vie  per una pace stabile e duratura  QUO-109
13 maggio 2022

Nonostante i tempi non siano facili, tra guerre e pandemie, un invito alla gioia è stato lanciato dal santuario mariano tra i più famosi al mondo, Fátima, nel giorno in cui ricorreva l’anniversario delle apparizioni avvenute il 13 maggio 1917. A farlo l’arcivescovo Edgar Peña Parra, sostituto della Segreteria di Stato, che davanti a migliaia di fedeli ha presieduto la concelebrazione eucaristica nel piazzale della preghiera, venerdì mattina, 13 maggio, giorno conclusivo della sua visita in Portogallo, iniziata martedì 10.

«Rallegratevi — ha detto il presule ai presenti — perché stringendosi al Signore non c’è da temere» e perché «nella sua opera di rinnovamento della Chiesa e del mondo, Fátima occupa un posto di rilievo», come ha evidenziato Papa Francesco rinnovando il 25 marzo scorso, «in particolare unione con questo luogo, la consacrazione della Chiesa e dell’umanità al Cuore Immacolato di Maria». Inoltre, all’inizio di questo mese mariano il Pontefice ha chiesto di pregare ogni giorno il Rosario per la pace. «La Madonna — ha sottolineato il sostituto — porta la pace: è per donarci il Principe della pace e portare vita nuova che Maria è venuta al mondo».

Dopo aver trasmesso il saluto e la benedizione del Pontefice ai presenti, in modo speciale alla diocesi e alla città, l’arcivescovo ha rivolto un pensiero particolare ai pastori — tra i quali erano il cardinale António Augusto dos Santos Marto e monsignor José Ornelas Carvalho, rispettivamente vescovo emerito e ordinario attuale di Leiria-Fátima — e alle popolazioni di lingua portoghese che vivono in diversi Paesi del mondo.

Con la Vergine, ha sottolineato nella sua riflessione, «è scaturita una beatitudine nuova, che potremmo chiamare beatitudine della fede. Di essa Maria è capostipite». Da qui l’invito a chiedersi se questa «beatitudine mariana della fede ci coinvolge» e se «ci lasciamo provocare dalle parole di Gesù, che dichiara beati quanti ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica».

L’ascolto è importante, ha ricordato Peña Parra, perché «afferma il primato di Dio e della sua Parola su di noi e sulle nostre opere». Dall’inizio del pontificato Francesco «chiede di dare spazio ogni giorno alla Parola di Dio, portando sempre con sé un piccolo Vangelo». E, nel percorso sinodale attuale, «chiede di aprirci, come Chiesa, all’ascolto dello Spirito».

Per l’arcivescovo, oggi «diciamo e amplifichiamo troppe parole, sospinti dalla fretta di dover sempre dire o fare qualcosa, scordandoci di dissetarci con calma alla fonte della vita e della pace, che è il Signore, e di dedicare tempo alle relazioni più importanti, che si custodiscono anzitutto accogliendo l’altro, le sue parole, il suo sguardo». Anche a livello internazionale, ha ammonito, «pensiamo a quanto sarebbe importante ascoltare le ragioni altrui e dare priorità al dialogo e al negoziato, uniche vie per una pace stabile e duratura, anziché intraprendere azioni mosse dalla ricerca avida e sbrigativa dei propri interessi». L’ascolto, «fatto di silenzio che apre il cuore, aiuta a disinnescare rabbie e rancori, e a ritrovare la via della pace».

Guardando a Maria, ha proseguito il sostituto, «vediamo che il suo ascolto si converte immediatamente in qualcosa di fattivo, di concreto: ella traduce l’annuncio dell’angelo in un pellegrinaggio alla cugina Elisabetta; a Cana, coglie in una frase di Gesù l’opportunità per invitare i servitori a fare qualsiasi cosa Egli avrebbe detto loro». La fede di Maria, dunque, non si limita all’ascolto accogliente ma «diventa vita vissuta: slancio nella carità, testimonianza concreta, perseveranza».

Oggi, ha avvertito, «c’è la tentazione di gestire tutto, anche la fede, a seconda delle altalenanti emozioni del momento». Maria mostra invece che occorrono «concretezza e perseveranza». Fátima invita a questo. Dunque, essere presenti il 13 maggio al santuario significa anche desiderare che il messaggio di Fátima non sia «solo qualcosa di rilevante dal punto di vista religioso e storico, ma venga tradotto in pratica, in prima persona, nella nostra vita quotidiana». La Madonna cerca figli che «preghino, amino e si offrano per i peccatori, per la pace e per la conversione, nostra e di tanti nostri fratelli e sorelle che non credono, non adorano, non sperano e non amano».

Colpisce, ha spiegato, quanto disse la Madonna il 19 agosto 1917: molte anime si perdono «perché non vi è chi preghi e chi si sacrifichi per loro». Non perché il mondo «sia cattivo e scristianizzato; Maria infatti non ragiona in termini negativi e accusatori». Ella cerca «la conversione personale, chi preghi e chi si sacrifichi per gli altri. Ella richiama la nostra responsabilità di credenti».

Infine, il sostituto si è soffermato a riflettere sull’evangelizzazione. Da quanto si diffonde «la gioia del Signore — ha detto — possiamo misurare la temperatura della nostra fede, la bontà del nostro ascolto, la verità della nostra messa in pratica». Ciascuno, dal Battesimo, è chiamato «a essere annunciatore, missionario lì dove vive e lavora». Maria ha messo in pratica anche questo aspetto e «non si stanca di visitarci, consolarci, accompagnarci per far lievitare la presenza di Dio tra di noi».

La sera precedente, l’arcivescovo Peña Parra aveva presieduto la solenne processione aux flambeaux nel piazzale della preghiera. E durante l’omelia aveva chiesto alla Madonna di Fátima «nell’intimità di questa notte», insieme «all’incessante preghiera per il dono della pace in Ucraina e nel mondo intero», di vegliare sulla vita di ogni sacerdote e consacrato, così come di ogni religiosa, affinché «brilli sempre del primo amore della sua chiamata»; ma anche sulla vita di ogni giovane e adolescente, affinché «non abbia paura di sognare con i sogni di Dio e abbia la forza e il coraggio di dire con Maria il proprio “sì”»; come pure sulla vita di ogni anziano e malato affinché «offrendo i sacrifici della propria vita continui a benedire Dio con i frutti buoni della saggezza, colorita dagli anni ed impreziosita dalle sofferenze»; senza dimenticare, infine, ogni famiglia, affinché «si riscopra quotidianamente come la culla dell’amore del Signore, in cui continua l’opera creatrice e redentrice dell’Onnipotente».