Il magistero

 Il magistero  QUO-091
21 aprile 2022

Giovedì santo, 14 aprile

 

Tre spazi
di idolatria
nascosta

 

Vorrei condividere con voi tre spazi di idolatria nascosta nei quali il Maligno utilizza i suoi idoli per depotenziarci della nostra vocazione di pastori.

Un primo si apre dove c’è mondanità spirituale. Il suo criterio è il trionfalismo senza Croce.

E Gesù prega affinché il Padre ci difenda da questa cultura della mondanità.

Questa tentazione di una gloria senza Croce va contro la persona del Signore, va contro Gesù che si umilia nell’Incarnazione e che, come segno di contraddizione, è l’unica medicina contro ogni idolo.

Essere povero con Cristo povero “perché Cristo ha scelto la povertà” è la logica dell’Amore.

Un altro spazio di idolatria mette le radici dove si dà il primato al pragmatismo dei numeri.

Coloro che hanno questo idolo si riconoscono per il loro amore alle statistiche, quelle che possono cancellare ogni tratto personale nella discussione e dare la preminenza alla maggioranza, che, in definitiva, diventa il criterio di discernimento.

Questo non può essere l’unico modo di procedere né l’unico criterio nella Chiesa di Cristo.

Le persone non si possono “numerare”.

In questo fascino per i numeri, ricerchiamo noi stessi e ci compiacciamo del controllo assicuratoci da questa logica, che non s’interessa dei volti e non è quella dell’amore.

Un terzo spazio di idolatria è quello che si apre con il funzionalismo, un ambito seducente in cui molti, “più che per il percorso si entusiasmano per la tabella di marcia”.

La mentalità funzionalista non tollera il mistero, punta all’efficacia.

(Messa del Crisma nella basilica vaticana)

 

Servire
e perdonarsi

 

Gesù e ci insegna questo, semplicemente: fra voi, dovete lavare i piedi.

È il simbolo: tra voi, dovete servirvi; uno serve l’altro, senza interessi.

Che bello sarebbe se questo fosse possibile farlo tutti i giorni e a tutta la gente: ma sempre c’è l’interesse, che è come una serpe che entra.

Noi ci scandalizziamo quando diciamo: “Sono andato a quell’ufficio pubblico, mi hanno fatto pagare una mancia”.

E noi, tante volte, nella vita cerchiamo il nostro interesse, come se noi facessimo pagare una mancia tra noi.

È importante invece fare tutto senza interesse: uno serve l’altro, uno è fratello dell’altro, uno fa crescere l’altro, uno corregge l’altro. Servire!

E poi, il cuore di Gesù, che al traditore dice: “Amico” e anche lo aspetta, fino alla fine: perdona tutto.

Questo vorrei metterlo oggi nel cuore di tutti noi, anche nel mio: Dio perdona tutto e Dio perdona sempre!

Siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono.

Ognuno di noi, forse, ha qualche cosa al cuore, che porta da tempo, che fa “ron-ron”, qualche scheletrino nascosto nell’armadio.

Chiedete perdono a Gesù: Lui perdona tutto.

Soltanto vuole la fiducia nostra di chiedere perdono.

Tu lo puoi fare quando stai da solo, quando stai con altri compagni, quando stai con il sacerdote.

Questa è una bella preghiera per il giorno di oggi: “Signore, perdonami. Io cercherò di servire gli altri, ma Tu servi me con il Tuo perdono”.

Lui ha pagato così con il perdono.

Questo è il pensiero che vorrei lasciarvi. Servire, aiutarci l’un l’altro ed essere sicuri che il Signore perdona.

Quanto perdona? Tutto!

Fino a dove? Sempre!

Non si stanca di perdonare: siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono.

Adesso, io cercherò di fare lo stesso gesto che ha fatto Gesù: lavare i piedi.

Lo faccio di cuore perché noi sacerdoti dovremmo essere i primi a servire gli altri, non sfruttare gli altri.

Il clericalismo alle volte ci porta su questa strada. Ma dobbiamo servire.

Questo è un segno, anche un segno di amore per questi fratelli e sorelle e per tutti voi.

Un segno che vuol dire: “Io non giudico nessuno. Io cerco di servire tutti”.

C’è Uno che giudica, ma è un Giudice un po’ strano, il Signore: giudica e perdona.

Seguiamo questa cerimonia con la voglia di servire e perdonarci.

(Messa in Coena Domini nel nuovo complesso penitenziario di Civitavecchia)

 

Sabato santo, 16 aprile

 

Per l’Ucraina che vive
la notte buia della guerra

 

Molti scrittori hanno evocato la bellezza delle notti illuminate dalle stelle. Invece le notti di guerra sono solcate da scie luminose di morte.

In questa notte lasciamoci prendere per mano dalle donne del Vangelo, per scoprire con loro il sorgere della luce di Dio che brilla nelle tenebre del mondo.

[Esse] vedono, ascoltano, annunciano: con queste tre azioni entriamo anche noi nella Pasqua del Signore.

Vedono: troppo spesso guardiamo la vita e la realtà con gli occhi rivolti verso il basso; fissiamo soltanto l’oggi che passa, siamo disillusi sul futuro, ci chiudiamo nei nostri bisogni, ci accomodiamo nel carcere dell’apatia, mentre continuiamo a lamentarci e a pensare che le cose non cambieranno mai.

Restiamo immobili davanti alla tomba della rassegnazione e del fatalismo, e seppelliamo la gioia di vivere.

Eppure il Signore vuole donarci occhi diversi, accesi dalla speranza che la paura, il dolore e la morte non avranno l’ultima parola.

Ascoltano: non possiamo fare Pasqua se continuiamo a rimanere nella morte; se restiamo prigionieri del passato; se nella vita non abbiamo il coraggio di lasciarci perdonare da Dio, che perdona tutto, il coraggio di cambiare, di rompere con le opere del male, di deciderci per Gesù e per il suo amore; se continuiamo a ridurre la fede a un amuleto, facendo di Dio un bel ricordo di tempi passati, invece che incontrarlo oggi come il Dio vivo che vuole trasformare noi e il mondo.

Annunciano: com’è bella una Chiesa che corre per le strade del mondo!

Senza paure, senza tatticismi e opportunismi; solo col desiderio di portare a tutti la gioia del Vangelo.

A questo siamo chiamati: a fare esperienza del Risorto e condividerla; a rotolare quella pietra dal sepolcro, in cui spesso abbiamo sigillato il Signore, per diffondere la sua gioia nel mondo.

Facciamo risuscitare Gesù, il Vivente, dai sepolcri in cui lo abbiamo rinchiuso; liberiamolo dalle formalità in cui spesso lo abbiamo imprigionato; risvegliamoci dal sonno del quieto vivere in cui a volte lo abbiamo adagiato, perché non disturbi e non scomodi più.

Portiamolo nella vita di tutti i giorni: con gesti di pace in questo tempo segnato dagli orrori della guerra; con opere di riconciliazione nelle relazioni spezzate e di compassione verso chi è nel bisogno; con azioni di giustizia in mezzo alle disuguaglianze e di verità in mezzo alle menzogne. E con opere di amore e di fraternità.

La nostra speranza si chiama Gesù. Egli è entrato dentro il sepolcro del nostro peccato, è arrivato nel punto più lontano in cui ci eravamo perduti, ha percorso i grovigli delle nostre paure, ha portato il peso delle nostre oppressioni e, dagli abissi più oscuri della nostra morte, ci ha risvegliati alla vita e ha trasformato il nostro lutto in danza.

Perché con Gesù, il Risorto, nessuna notte è infinita; e anche nel buio più fitto, in quel buio brilla la stella del mattino.

In questo buio che voi vivete, Signor Sindaco [di Melitopol], Signore e Signori Parlamentari [dell’Ucraina], il buio oscuro della guerra, della crudeltà, tutti noi preghiamo con voi e per voi, per tante sofferenze.

Possiamo darvi soltanto la nostra compagnia, la nostra preghiera e dirvi: “Coraggio! Vi accompagniamo!”.

E anche dirvi la cosa più grande: “Christòs voskrés”! [Cristo è risorto!]

(Omelia alla Veglia pasquale nella Notte santa)

 

Lunedì dell’Angelo, 18 aprile

 

Le contese
lascino il posto alla
riconciliazione

 

La grazia del Risorto doni conforto e speranza a quanti sono nella sofferenza: nessuno sia abbandonato! Le liti, le guerre, e le contese lascino il posto alla comprensione e alla riconciliazione.

Sottolineare questa parola sempre: riconciliazione, perché quello che Gesù ha fatto sul calvario e con la Sua resurrezione è riconciliare tutti noi con il Padre, con Dio e fra noi.

Dio ha vinto la battaglia decisiva contro lo spirito del male.

Lasciamo vincere Lui! Rinunciamo ai nostri piani umani, convertiamoci ai suoi disegni di pace e di giustizia.

(Regina caeli in piazza San Pietro)