Lettera del cardinale Sandri ai vescovi di tutto il mondo

Per continuare a sperare

 Per continuare a sperare  QUO-068
24 marzo 2022

La Chiesa, continua a soffrire, specialmente in Medio Oriente, ma anche in altre parti del mondo in cui la libertà di vivere la fede è impedita. A causa della persecuzione, dell’ambiente ostile, della violenza delle guerre «di cui l’umanità sembra purtroppo non essere mai paga, come accade in Ucraina». Lo scrivono il cardinale Leonardo Sandri, e l’arcivescovo Giorgio Demetrio Gallaro, rispettivamente prefetto e segretario della Congregazione per le Chiese orientali, nella lettera a tutti i vescovi del mondo, in occasione della Colletta di Terra Santa.

Caro fratello in Cristo, nell’omelia della Domenica delle Palme 2021, il Santo Padre ha utilizzato parole molto forti per parlare della Passione del Signore: «Questo ci stupisce: vedere l’Onnipotente ridotto a niente... vedere il Dio dell’universo spoglio di tutto. Perché ti sei lasciato fare questo? Lo hai fatto per noi, per toccare fino in fondo la nostra realtà umana, per attraversare tutta la nostra esistenza, tutto il nostro male, per avvicinarsi a noi a non lasciarci soli nel dolore e nella morte... egli sperimenta nella sua carne le nostre contraddizioni più lacerate, e così le redime, le trasforma» (Papa Francesco, omelia 28 marzo 2021).

Papa Francesco nel corso del 2021 ha vissuto due pellegrinaggi di speranza tra le comunità cristiane del Medio Oriente e della Terra Santa: sperando contro ogni speranza, mentre tutto il mondo era ancora in preda alla pandemia, ha voluto raggiungere alcuni tra i più soli e sofferenti: i nostri fratelli e sorelle dell’Iraq, terra di Abramo, terra dell’esilio, terra che ha saputo custodire il nome di Cristo nonostante la violenza della guerra e la persecuzione. Accanto a Lui con la preghiera e l’affetto, anche noi abbiamo percorso le strade di Mosul, di Qaraqosh, siamo sostati in preghiera nella cattedrale siro-cattolica di Baghdad in memoria dei testimoni uccisi il 31 ottobre 2010 mentre stavano celebrando la liturgia, che l’Oriente ama definire «il cielo sulla terra». Quel giorno la terra si è tinta di sangue e macerie, eppure come credenti riconosciamo che si è sprigionata la luce della Pasqua di Passione e Resurrezione e si è diffuso il balsamo e il profumo di coloro che seguono l’Agnello immolato sino al dono della vita. Anche a Cipro e poi in Grecia, terre della predicazione apostolica, il Papa si è confrontato con la sofferenza della divisione: di una terra, dei popoli, degli stessi credenti in Cristo che ancora non possono sedersi alla stessa mensa dell’Eucarestia, di coloro che vi sono giunti numerosi cercando rifugio e accoglienza. Non sono mancati altri appelli, gesti e inviti alla pace per altre terre che la storia della salvezza e le vicende bibliche ci invitano a comprendere come “Terra Santa”.

Dinanzi a questi gesti del Santo Padre che testimoniano il desiderio di vicinanza, di incontro, di recare almeno un po’ di sollievo come fosse la carezza del Nazareno, dobbiamo avere il coraggio — come singoli e comunità cristiane — di interrogarci: che cosa vedo, di cosa mi accorgo? Quale è il perimetro del mio sguardo? Nella Pasqua verso la quale ci conduce il cammino quaresimale che abbiamo iniziato oggi, lascerò che il Signore possa visitare le mie e le nostre solitudini? E all’Amore che verrà a visitarmi saprò rispondere con l’amore? L’amore non si paga se non con l’amore!

Se in termini personali il Cristo ha sofferto ed è morto una sola volta e non può morire più, nel suo Corpo, che è la Chiesa, continua a soffrire, specialmente in Medio Oriente, ma anche in ogni altro luogo del mondo in cui la libertà di vivere la fede è conculcata e impedita: dalla persecuzione in molti casi, dall’ambiente ostile talvolta, spesso dalla globalizzazione dell’indifferenza, dalla violenza delle guerre di cui l’umanità sembra purtroppo non essere mai paga, come accade in Ucraina.

Per due anni consecutivi i cristiani di Terra Santa hanno celebrato la Pasqua e il Natale in una sorta di isolamento, senza il calore e l’amicizia solidale dei pellegrini che visitavano i Luoghi Santi e le locali comunità. Le famiglie hanno sofferto oltre misura per la mancanza di lavoro più che per gli effetti immediati della stessa pandemia.

È per espresso desiderio dei Pontefici che si è iniziata e si continua a celebrare la “Colletta Pro Terra Santa”, solitamente collocata nel giorno della Passione salvifica del Signore, il Venerdì Santo: non è nulla di antico o sorpassato, perché essa esprime anzitutto la consapevolezza delle nostre radici che si trovano nell’annuncio della redenzione che si è diffuso da Gerusalemme ed è giunto a tutti noi. Il gesto dell’offerta, anche piccola, ma da parte di tutti, come l’obolo della vedova, consente ai nostri fratelli e sorelle di continuare a vivere e sperare, ad offrire una testimonianza vivente al Verbo fatto carne nei Luoghi e per le strade che videro la sua presenza. Se smarriamo le nostre radici, come potremo essere ovunque ci troviamo nel mondo, un albero che cresce e porta frutti di amore, carità e condivisione?

Guardando dunque a Cristo che ha toccato fino in fondo la nostra realtà umana, lasciandoci ispirare dai gesti di prossimità compiuti da Papa Francesco nei suoi viaggi apostolici e raccogliendo il suo invito a essere solidali con i fratelli e le sorelle della Terra Santa, diamo nuovo vigore e nuova linfa alla pratica della Colletta di Terra Santa: attraverso i competenti uffici diocesani e grazie alla presenza e all’operato in tutto il mondo dei commissari di Terra Santa dell’ordine dei frati minori viviamola curando anche la preparazione ad essa, attraverso testimonianze, preghiere o la semplice celebrazione della Via Crucis. A Gerusalemme, Betlemme, Nazareth e in molti altri santuari e monasteri ogni giorno si celebra e si prega per la Chiesa in tutto il mondo, e noi siamo invitati a ricordarci con il cuore e con un piccolo dono di tutti coloro che pronunciano il nostro nome dinanzi al Signore, ringraziando per la nostra generosità. Il materiale informativo che ogni anno viene diffuso ci aiuta a vedere il flusso di carità e di vita che è reso possibile grazie alla Colletta.

A Lei, ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli, che si adoperano per la buona riuscita della Colletta, in fedeltà ad un’opera che la Chiesa richiede di compiere a tutti i suoi figli secondo le modalità note, ho la gioia di trasmettere la viva riconoscenza del Santo Padre Francesco. E mentre invoco copiose benedizioni divine sulla comunità a Lei affidata, porgo il più fraterno saluto nel Signore Gesù.