Messa del cardinale Parolin per l’inaugurazione dell’anno giudiziario
del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano

L’umiltà si fa deontologia

 L’umiltà si fa deontologia  QUO-059
12 marzo 2022

Il potente invito di Gesù alla perfezione contenuto nel Vangelo «suggerisce a giudici e operatori della giustizia di tenere un atteggiamento di umiltà, poiché tutti ci avvertiamo inadeguati e imperfetti». Così il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, durante la messa per l’apertura dell’anno giudiziario del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, celebrata sabato mattina, 12 marzo, nella cappella Paolina del Palazzo Apostolico.

Al termine del rito, la cerimonia di inaugurazione si è svolta nell’Aula della Benedizione, alla presenza del Papa, che ha pronunciato il discorso pubblicato a pagina 12. Le parole del Pontefice sono state precedute dal saluto di Alessandro Diddi, sostituto procuratore aggiunto, e dalla dichiarazione di apertura da parte di Giuseppe Pignatone, presidente del Tribunale. Erano presenti, tra gli altri, sei cardinali — tra i quali Sandri, vice decano del Collegio, e Mamberti, prefetto del Supremo tribunale della Segnatura apostolica e presidente della Corte di cassazione dello Stato — e gli arcivescovi Peña Parra, sostituto della Segreteria di Stato, e Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, con monsignor Cona, assessore.

All’omelia della messa il cardinale Parolin ha parlato dell’umiltà che «si fa deontologia, e che è come un pungolo che spinge perché la verità processuale», per quanto ciò in humanis è possibile, «coincida con la verità reale: donde un sincero amore per la verità». Ed è compito arduo, ha spiegato, «rinvenire la verità nel formicolio e nel groviglio delle umane vicende», senza mai dimenticare che «nella complessa realtà della vita, tra il bianco e il nero esiste spesso una vasta zona grigia».

Un atteggiamento di umiltà, ha sottolineato il porporato, «proprio di chi vuol onestamente perseguire l’ideale di perfezione proposto dal Signore Gesù anche nel delicato ambito giudiziario, ci ricorderà che la possibilità dell’errore è sempre in agguato». Ecco perché, «di fronte alla psicologica possibilità di sbagliare, in tutti gli ordinamenti democratici sono previsti tre gradi di giudizio».

Ed è in questo senso, che un filosofo del diritto «attento alla tragicità dell’esistenza che solo in Dio si risolve», quale Giuseppe Capograssi, ha parlato della «coscienza angosciata e trepidante che deve avere il magistrato», prima di «dare la sua risposta, vale a dire applicare la legge al caso concreto».

Ecco allora, ha aggiunto il segretario di Stato, alcuni brevi spunti di riflessione che «possano aiutarci a vivere in pienezza la Parola che abbiamo ascoltato». Essa «non è mai troppo alta per noi, né lontana da noi (cfr. Dt 30, 11)», ma ci raggiunge «nella nostra condizione di vita e ci illumina in tutto ciò che siamo e che facciamo». Questa Parola di cui «non siamo soltanto uditori, ma interlocutori e attori. Questa Parola che attende da noi una risposta nelle concrete situazioni della vita».

In tale «lavorio di perfezione, di limatura spirituale, che deve essere la vostra risposta alla Parola che il Signore oggi vi ha rivolto, e che è un travaglio interiore e può divenire un’autentica ascesi, ci soccorra Maria, speculum iustitiae».

Il cardinale Parolin ha fatto notare che il brano evangelico del giorno «costituisce un passaggio del discorso della montagna, riferitoci da san Matteo, che inizia, come sappiamo con le Beatitudini». E «verte sull’amore ai nemici».

Solo guardando al Crocifisso, ha detto il celebrante, «contemplando la sua passione e il perdono che dalla croce offre ai suoi crocifissori, noi impariamo ad amare i nostri nemici e a pregare per quelli che ci perseguitano». Ecco allora la perfezione dell’amore, «a cui ci invita Gesù alla conclusione delle sue parole: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli”». In proposito «la prima reazione che si affaccia nell’animo nostro è quella dello sgomento». Ma la frase di Gesù riportata da san Luca — «Siate misericordiosi come il Padre vostro» (6, 36) — può aiutare. «Mettendola in parallelo con quella di Matteo — ha evidenziato il porporato — possiamo concludere che la perfezione di Dio è la sua misericordia». Allora, anche «l’uomo può essere “perfetto” se vive la misericordia». Infatti, la «perfezione dell’uomo è la conquista della misericordia!». Da qui, «il superamento della cosiddetta legge del taglione, che purtuttavia limitava i danni d’una illimitata vendetta, attraverso quel che potremmo definire un criterio di equità», ha concluso.