Come la preghiera può salvare l’Ucraina

A Ukrainian living in Lebanon gestures for prayer while holding the Ukrainian flag during a protest ...
10 marzo 2022

A ciascuno il suo mestiere. Il Papa ha parlato con chiarezza sulla natura e le responsabilità della guerra. Ha fatto visita all’ambasciatore di Russia. Ha chiesto il rispetto del diritto internazionale. Ha attivato la diplomazia vaticana per favorire la riconciliazione. E senza false equidistanze ha chiesto di fermare la follia che si sta consumando sotto i nostri occhi.

Poi c’è il magistero della Chiesa, dove il Papa è affiancato da pastori, teologi, biblisti, comunicatori. Le questioni morali in gioco nella vicenda Ucraina sono molte e difficili. Qualche esempio. La Chiesa riconosce il diritto all’autodifesa? Ne segue o meno il diritto-dovere al riarmo di chi è aggredito e in pericolo? Come si concilia con questo il «Porgi l’altra guancia»? I soldati dell’esercito aggressore possono rifiutarsi di colpire i civili? Possono rifiutarsi di combattere? Possono o devono? Come si fa ad amare i propri nemici? Come si concilierebbe la responsabilità dei singoli con quella dei governanti e con il detto: «Date a Cesare quel che è di Cesare»? Qual è il ruolo del diritto internazionale? Quali sono i valori di riferimento nei rapporti fra Stati? E fra Stato e cittadini?

Infine, c’è l’ambito umanitario e politico, privilegio dei laici. Sul primo terreno, le Caritas diocesane sono in prima linea nell’accoglienza e assistenza ai profughi. I loro siti offrono modalità concrete di partecipazione.

A questo impegno deve però affiancarsi quello più “politico” di fronte a una “guerra di aggressione” (Norimberga) che sfiora il genocidio e all’implorazione corale che sale dalla terra d’Ucraina: “Fermate la guerra!”, “Fermate i russi!”.

Non ci si può voltare dall’altra parte: occorre ascoltare quest’appello, e agire con poche declamazioni; fantasia, con creatività, e con molta urgenza.

Con quali strumenti? La non-violenza può fermare una guerra o impedire la sottomissione della nazione Ucraina? Non lo so. Ma è certo che, almeno per ora, la resistenza militare da sola non ci riesce. Occorre dunque mettere alla prova anche gli strumenti della non-violenza.

La non violenza non è letargica passività, un mero astenersi da atti violenti, lavarsene le mani; è una strategia di costruzione attiva della Pace. Il Papa ci ha indicato uno strumento particolare: la preghiera. La preghiera pacifica i cuori e li converte: è spiritualmente “potente”. Ma sul terreno politico, come può essere efficace, e anche rapidamente? Non è un “oppio dei popoli” che aliena dalla realtà? In verità, Dio interviene nella Storia, solitamente, tramite gli Uomini. Perciò, dopo aver pregato Dio occorre, sull’esempio di Francesco, trovare l’umiltà di pregare gli Uomini. Tutti gli uomini, i piccoli e i grandi.

Tutti siamo interconnessi; e anche le élite politiche vivono in rapporto con cerchie più vaste… le cui preghiere si ascoltano. Insomma, detto in modo più moderno, gli influencer hanno una particolare responsabilità: essi possono interloquire con particolare efficacia con i loro omologhi di tutto il mondo (russi inclusi), e intercedere per la pace in Ucraina.

Sta scritto: «Abbiate fede in Dio! Vi assicuro che, se avete fede, potrete dire a questo monte: “Àlzati e buttati in mare”, e lo farà. Tutto ciò che è necessario, è che voi crediate veramente e non abbiate dubbi… Ma quando vi mettete a pregare, perdonate prima chi vi ha fatto qualche torto». E anche: «Quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà la fede sulla terra?».

Sarebbe bello allora, per esempio, se i capitani di Inter (Samir Handanovič), Milan (Alessio Romagnoli), e Juventus (Giorgio Chiellini) — tre note squadre italiane di calcio —, prendessero l’iniziativa di coordinare un appello di calciatori europei (inclusi i russi): “Chiediamo ai nostri leader di fermare la guerra”. Il calcio è il principale spettacolo in Russia, e i calciatori sono degli influencer.

Simili iniziative potrebbero sorgere in altri settori, fra cantanti, attori, industriali, sportivi, scacchisti, ecc.. Sembra un’utopia, ma vi sono precedenti di successo. Il più noto è forse quello del Papa Leone Magno, che nel 452 andò personalmente da Attila e lo convinse (contro ogni aspettativa) a ritirarsi dall’Italia. Non potrebbe essere un altro modello da imitare? Che i leader carismatici e le persone note di tutti i Paesi vadano a Mosca, a Kiev nelle zone di guerra a Odessa, a Kharkiv, passando fra i carri armati, non a minacciare, non a negoziare, ma a pregare pubblicamente. Vadano loro che possono, a rappresentarci, per avvolgerci in una rete di preghiere e incoraggiamenti, che spezzi attivamente la logica delle armi e la spirale di odio.

di Piergiorgio Gawronski