L’elemosiniere pontificio a Leopoli

La solidarietà sostenuta dal cuore del Papa

 La solidarietà sostenuta  dal cuore del Papa  QUO-056
09 marzo 2022

La solidarietà si muove lungo le strade che le bombe minacciano, dove portare scatole di cibo e pacchi di medicine può essere un viaggio senza ritorno. È la solidarietà sostenuta dal cuore di Francesco. La notizia arriva dalle zone attorno Leopoli dove il “braccio” di questa vicinanza, il cardinale Konrad Krajewski, è giunto dopo la sosta in Polonia, tra l’oceano di profughi che continua a ingrossare. L’elemosiniere pontificio è passato oltre il confine ucraino, ha visto e racconta ai media vaticani lo sforzo imponente messo in campo, dalla sicurezza relativa di Leopoli, per raggiungere anche chi è ancora sotto le traiettorie dei missili e fatica o è impedito a imbarcarsi nella fuga tra le sponde di corridoi umanitari troppo fragili.

«Io — spiega il porporato — mi trovo nei dintorni di Leopoli, per motivi di sicurezza non diciamo dove. Qui arrivano soprattutto i grandi aiuti dalla comunità europea attraverso la Polonia. Tutto viene scaricato in grandi depositi e da qui poi partono i tir per Kiev, per Odessa, verso il sud nel Paese». La bella notizia, dice con soddisfazione il cardinale Krajewski, «è che tutti questi aiuti arrivano ancora a destinazione, nonostante i bombardamenti». Glielo hanno confermato i vescovi di Kiev, di Odessa, di Karkhiv, lo stesso nunzio apostolico, con i quali è in contatto. Ed è su questo aspetto in particolare, afferma il porporato, che è intervenuto in modo pratico il sostegno del Papa: «Qui hanno difficoltà a reperire il gasolio e dunque, attraverso l’Elemosineria, il Santo Padre ha pagato molti viaggi di tir, dei grandi camion che portano gli aiuti umanitari all’interno dell’Ucraina».

Ieri a Leopoli l’elemosiniere del Papa ha incontrato anche l’arcivescovo greco-cattolico Sviatoslav Shevchuk e domani con lui e i capi delle varie confessioni che potranno partecipare, il cardinale Krajewski condividerà un momento di preghiera. «Sappiamo che la fede — dice — riesce a spostare le montagne, così leggiamo nel Vangelo, e ne siamo sicuri. Penso che riusciremo a fermare questa guerra proprio con la nostra preghiera, con la nostra fede».

Solidarietà e preghiera, che sommate danno fiato alla speranza. Sperare nonostante tutto è una spinta evidente in moltissimi che hanno lasciato casa e intendono tornarci. «Io qui — riferisce l’elemosiniere pontificio — ogni cinque minuti vedo i profughi che arrivano dalla parte orientale di Kiev. Tanti aspettano la liberazione, pregano e ringraziano veramente la comunità europea che porta loro tanti doni, che è vicina, che prega per loro. Mai si erano sentiti così vicini: già si sentivano parte dell’Europa, attraverso questi gesti umanitari adesso se ne sentono parte integrante».

di Alessandro De Carolis