In tanti vogliono fuggire

 In tanti vogliono fuggire  QUO-047
26 febbraio 2022

Odessa è terrorizzata, ha il fiato sospeso. Nella quarta città più popolosa dell’Ucraina che affaccia sul Mar Nero, i soldati russi ancora non sono entrati. Eppure sono lì, dietro l’angolo, a poca distanza, come le navi minacciose che si vedono ad occhio nudo dal molo di uno dei principali porti del Paese. «Ogni tanto sentiamo in lontananza delle esplosioni e vediamo cadere un missile. A pochi chilometri da qui, almeno diciannove persone sono state uccise mentre nel vicino porto di Yujhnyi, distante una cinquantina di chilometri, sono state bombardate due navi mercantili», dice don Oleksandr Smerechynskyj, sacerdote diocesano della Chiesa greco cattolica e cappellano dei marittimi. Le comunicazioni, gli aggiornamenti provenienti da lui è meglio riceverli tramite WhatsApp o per e-mail: è più sicuro che fare una telefonata, la sua vita è sempre in pericolo. «La gente ha paura, in molti vogliono abbandonare la città. Si stanno formando lunghe code per accaparrarsi le ultime scorte di cibo e di benzina, fare prelievi al bancomat è diventato quasi impossibile», scrive in un messaggio sintetico ma che non lascia spazio a dubbi: il panico ha preso il sopravvento.

Se quasi tutti tentano di fuggire, i sacerdoti hanno deciso di stringersi accanto a chi ha scelto di restare. «Lo fanno — spiega don Smerechynskyj — per rassicurarli. E per non fargli mancare le celebrazioni eucaristiche: ogni mattina si tengono in tutte le chiese cittadine e della regione». Neanche una messa è stata cancellata. Ad Odessa, più il rumore delle bombe si avvicina e più l’azione della Chiesa greco cattolica si intensifica. Prima di tutto sul fronte spirituale: «I fedeli hanno partecipato attivamente al digiuno per la pace e ai diversi momenti di preghiera, anche ecumenica, che si sono svolti sia a gennaio che in questo mese di febbraio», afferma il sacerdote che ringrazia Papa Francesco per aver indetto, per il prossimo 2 marzo, inizio della Quaresima, una giornata mondiale di orazione e digiuno. «Il Papa — aggiunge il sacerdote — non ci fa sentire soli in questi momenti difficili. E, insieme a lui, ci addoloriamo per il tragico esempio che stiamo dando come nazioni cristiane».

L’altro fronte è quello dell’assistenza. Don Smerechynskyj sa bene che ad Odessa, già nelle prossime settimane, potrebbero riversarsi migliaia di profughi provenienti dall’est dell’Ucraina. «La nostra Caritas diocesana — specifica — ha iniziato ad incrementare la sua azione d’intervento che comprende un’attenzione particolare anche agli anziani e alle persone povere. Stiamo accumulando cibo per una mensa di beneficenza e ne stiamo aprendo anche una seconda. Inoltre, abbiamo messo in funzione un centro di aiuto psicologico: ne avremo molto bisogno».

Se la guerra colpirà duramente anche Odessa, in città e nella regione non si conteranno solo i morti sul campo. La situazione economica peggiorerà drasticamente in un modo talmente repentino da gettare sul lastrico centinaia di migliaia di persone. E tra queste, le più colpite saranno i marittimi e le loro famiglie, che don Smerechynskyj considera ormai parte integrante della propria vita: «Io ed altri cappellani — entra nel dettaglio il sacerdote — spesso visitiamo delle flotte composte da marinai ucraini e stranieri. In questo momento cerchiamo di calmarli perché non capiscono fino in fondo cosa stia accadendo. Tra di loro ci sono anche marittimi russi e qui la situazione si sta facendo davvero complicata; noi continuiamo a ripetergli che, se sono uomini di fede, non possono far entrare il male nei propri cuori».

di Federico Piana