Morto a 90 anni l’arcivescovo anglicano Desmond Tutu, premio Nobel per la pace

Autentico simbolo della lotta all’apartheid

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27 dicembre 2021

Si è spento ieri l’arcivescovo anglicano Desmond Tutu, una delle figure più significative nella lotta nonviolenta contro l’apartheid in Sud Africa.

Promotore della riconciliazione nazionale, Tutu collaborò attivamente con il compianto presidente Nelson Mandela per forgiare la nuova nazione «Arcobaleno», termine che egli stesso coniò per scongiurare la resa dei conti da parte della maggioranza afro nei confronti della minoranza bianca dopo la caduta della segregazione razziale imposta dal regime di Pretoria.

Fu proprio Tutu l’ideatore nel 1995 della Commissione Verità e Riconciliazione, con l’intento dichiarato di accordare la grazia a chi, fra i responsabili delle efferate atrocità commesse in passato, avesse pienamente confessato i propri crimini: una forma inedita di riparazione morale anche nei confronti dei familiari delle vittime.

Certamente va affidato alla storia il giudizio sugli esiti di questo processo di pacificazione. Non v’è dubbio che i cinque volumi di rapporto costati due anni e mezzo di indagini, oltre a ventimila testimonianze e centinaia e centinaia di audizioni, siano serviti quantomeno, sul piano umano, a creare i presupposti per un nuovo corso all’insegna della partecipazione.

Tutu ebbe il merito di colmare un vuoto morale che si era aperto nella stessa società civile che per troppi anni, a livello continentale, era rimasta inerme di fronte alle malefatte perpetrate dai sostenitori dell’apartheid. Da questo punto di vista, parafrasando uno dei grandi africanisti del ‘900, il professor Giampaolo Calchi Novati, il merito di Tutu e di tutti coloro che sostennero la lotta nonviolenta sta nel fatto di aver «accettato e praticato il “plurale” voluto dalla storia», alla sola condizione di ripudiare il razzismo e la discriminazione, «evitando di “territorializzare” i diritti dei popoli o le aspettative delle minoranze».

Il 16 ottobre 1984 Tutu venne premiato con il Nobel per la pace per il suo «ruolo come figura unificante nella campagna per risolvere il problema dell’apartheid in Sud Africa». Chi scrive ebbe modo di incontrarlo alcuni anni fa e rimase fortemente colpito dalla sua forte determinazione a non scendere a compromessi, anche quando il partito maggioritario del presidente Mandela, l’African National Congress, prese il potere. Per questo non mancò di denunciare la corruzione e la deriva nepotistica che si accentuarono particolarmente sotto la presidenza dell’ex capo di Stato Jacob Zuma. «Quando si manifestano situazioni di ingiustizia, indipendentemente dal governo di turno, bianco o nero che sia, la neutralità è inaccettabile» disse al sottoscritto, precisando che «essere silenti in simili circostanze significa stare dalla parte dell’oppressore».

Tutu è stato certamente la figura più autorevole dell’anglicanesimo di matrice africana, testimoniando con zelo e dedizione un forte attaccamento alla figura di Cristo, «Nostra pace e liberatore degli oppressi».

Per scuotere l’opinione pubblica contro l’iniquità razziale, sia in Sud Africa come anche all’estero, partecipò attivamente a manifestazioni d’ogni genere per dare voce a chi voce non ha. Inoltre, rimproverò duramente l’omofobia presente in alcuni ambienti della società e delle istituzioni politiche e religiose in Africa.

Nell’annunciare la scomparsa dell’arcivescovo Tutu, il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha espresso, «a nome di tutti i sudafricani, profonda tristezza e cordoglio per la scomparsa di una figura essenziale della storia nazionale», definendolo un «patriota senza pari, leader di principi, ma anche pragmatico che ha dato un vero significato alla dottrina biblica che la fede senza l’azione è morta». Papa Francesco, appresa la notizia del decesso dell’arcivescovo Tutu ha espresso il proprio cordoglio attraverso un telegramma firmato dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato.

di Giulio Albanese