Celebrate a Cuneo dal segretario di Stato le esequie del nunzio Aldo Giordano

Aveva il culto dell’amicizia senza chiusure o distinzioni

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10 dicembre 2021

«Aveva il culto dell’amicizia e sapeva creare legami con tutti, senza chiusure, senza distinzioni». In questa breve descrizione — fatta dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, durante le esequie celebrate ieri pomeriggio a Cuneo — è racchiusa l’essenza della personalità del nunzio apostolico Aldo Giordano. Il presule è morto lo scorso 2 dicembre all’età di 67 anni a Lovanio, in Belgio, dopo un lungo ricovero a causa del covid-19.

«Otto anni fa, il 14 dicembre 2013, in questa stessa città» che gli aveva dato i natali, «monsignor Aldo riceveva l’ordinazione episcopale, dopo la nomina ad arcivescovo titolare di Tamada e nunzio apostolico in Venezuela», ha ricordato il porporato. E nella stessa cattedrale di Santa Maria del Bosco, dove si sono svolti i funerali, «eravamo in tanti, pieni di gioia, in festa, abbracciandolo con il nostro affetto e il nostro orante augurio», ha aggiunto Parolin con parole cariche di commozione. «Oggi siamo di nuovo qui, numerosi come allora, ma con ben altri sentimenti, con gli occhi pieni di lacrime, con il cuore gonfio di tristezza» ha proseguito, sottolineando come «la sua morte ci ha profondamente colpiti e addolorati», e confidando quanto «avevamo sperato che sarebbe riuscito ad uscire dalla terapia intensiva e a recuperare progressivamente la salute».

Alla presenza di numerosi fedeli, insieme con il cardinale Parolin hanno concelebrato, tra gli altri, il cardinale Bagnasco, gli arcivescovi Pawłowski, segretario per le Rappresentanze pontificie, e Migliore, nunzio apostolico in Francia e amico fraterno di Giordano sin dai tempi del seminario, e il vescovo di Cuneo, Delbosco, che ha dato lettura di un messaggio inviato dai vescovi venezuelani.

Nominato da Papa Francesco nunzio apostolico presso l’Unione europea nel maggio scorso, Giordano in precedenza aveva ricoperto per 7 anni e mezzo lo stesso incarico in Venezuela, succedendo proprio all’attuale segretario di Stato.

In tantissimi, ha affermato ancora il cardinale Parolin, «abbiamo pregato» per la sua guarigione. «Molti, specialmente in Venezuela, l’hanno affidato all’intercessione del beato José Gregorio Hernández Cisneros, il medico dei poveri», di cui l’allora nunzio aveva presieduto a Caracas il 30 aprile scorso, in rappresentanza del Pontefice, il rito di beatificazione. E nell’omelia aveva indicato il nuovo beato come patrono cui affidarsi nei difficili tempi della pandemia.

Il porporato si è poi domandato come, in questa situazione di profondo dolore, si possa essere nella pace, nella gioia, non quella «effimera e sgangherata che dà il mondo, ma la gioia che viene dal Signore. Quella gioia — ha osservato Parolin — che, come il fondo del mare, non è perturbata dalle tempeste della superficie: quella gioia di cui san Paolo sovrabbondava in ogni tribolazione». Per questo, ha ribadito, «non possiamo non provare gioia di fronte alla vita di don Aldo», ripetendo per lui «le parole sempre vere di sant’Agostino: “Signore non ti chiediamo perché ce lo hai tolto, ma ti ringraziamo per avercelo donato”».

Ripercorrendo gli anni passati da monsignor Giordano in Venezuela, il segretario di Stato ha ripreso dapprima quanto espresso nei giorni scorsi dai vescovi del Paese. Questi ne hanno infatti rievocato la mitezza e la saggezza, l’equilibrio e l’accoglienza, la grandezza del cuore, l’intelligenza e la costante serenità proprio nell’affrontare le complesse situazioni vissute nella lacerata nazione latinoamericana. Quindi Parolin ha direttamente citato alcune recenti dichiarazioni in cui l’arcivescovo sosteneva: «Diverse volte ho pensato che il mio servizio più importante in Venezuela fosse quello alla fiducia e alla speranza che viene dalla fede nel Vangelo di Gesù Cristo. Il senso di abbandono, la stanchezza e la disperazione sono mali striscianti e molto pericolosi».

Nel considerare il servizio reso da Giordano al mondo e alla Chiesa, il celebrante si è soffermato sull’esperienza del nunzio in ambito europeo. Nel maggio 1995 fu infatti eletto segretario generale del Consiglio delle conferenze episcopali del “vecchio continente” (Ccee), restando in carica per 13 anni. Quindi nel 2008 divenne osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa a Strasburgo. E per finire la recente nomina a nunzio apostolico presso l’Ue, incarico «per il quale i superiori lo ritenevano l’uomo giusto al posto giusto» ha detto il porporato. «Come scrisse in un libro pubblicato nel 2013 — ha aggiunto nell’omelia — un’altra Europa è possibile»; e a questo obiettivo lavorò, insistendo sul concetto di ricerca dell’unità anche nelle diversità e riflettendo sul fondamento e sul rispetto di valori come la dignità della persona umana, la libertà, la fraternità, l’uguaglianza, il diritto delle minoranze: «questioni nelle quali la Chiesa e i cristiani possono dare un prezioso contributo» ha concluso Parolin.

Proprio l’Unione europea ha reso omaggio nei giorni passati alla figura dell’arcivescovo. Poche ore dopo la sua morte David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, ha voluto porgere «le più sentite condoglianze alla sua famiglia e ai suoi cari». E Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, in un messaggio sui propri canali social, dicendosi profondamente addolorata per la scomparsa, ha definito Giordano «un uomo buono, dedito alla pace e al dialogo. Un vero europeo», aggiungendo che «l’Ue ha beneficiato delle sue notevoli capacità diplomatiche».