Il cardinale Parolin rilancia gli impegni della Santa Sede

Nella custodia del creato “insieme” è la parola chiave

27 novembre 2021

«La parola chiave è “insieme”: insieme, dobbiamo affrontare le minacce che riguardano la nostra casa comune». È con un invito a rimboccarsi le maniche, dando vita ad azioni concrete, che il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, ha aperto venerdì 26 novembre — attraverso un videomessaggio — i lavori del primo Meeting nazionale per la custodia del creato organizzato ad Assisi dalla fondazione Sorella Natura.

L’incontro, che si conclude domenica 28, «intende anche ricordare la proclamazione di san Francesco d’Assisi a patrono dei cultori dell’ecologia da parte di Giovanni Paolo ii il 29 novembre 1979».

E proprio per andare ai fatti concreti, la Santa Sede — ha confermato il cardinale Parolin — «ha adottato una strategia di riduzione a zero delle emissioni nette (net-zero emission) che si muove su due piani», secondo quanto «comunicato dal Santo Padre all’High Level Virtual Climate Ambition Summit del 12 dicembre 2020».

Il primo piano consiste proprio nell’«impegno dello Stato della Città del Vaticano a raggiungere questo obiettivo entro il 2050, intensificando gli sforzi di gestione ambientale — già intrapresi da vari anni — per l’uso razionale di risorse naturali come l’acqua, per l’efficienza energetica, la mobilità sostenibile, la riforestazione, l’economia circolare anche nella gestione dei rifiuti».

Inoltre il segretario di Stato ha confermato «l’impegno della Santa Sede a promuovere un’educazione all’ecologia integrale, ben consapevole che le misure politiche, tecniche ed operative devono unirsi a un processo educativo che, anche e soprattutto tra i giovani, promuova nuovi stili di vita e favorisca un modello culturale ed economico di sviluppo e di sostenibilità incentrato sulla fraternità e sull’alleanza tra l’essere umano e l’ambiente naturale».

In questo senso, ha reso noto il cardinale, «la Santa Sede rafforzerà ulteriormente l’impegno educativo già messo in atto da lungo tempo, che ha visto il lancio nel 2019 del Patto educativo globale e il sostegno nel 2020 all’Economia di Francesco».

«I cambiamenti climatici, la desertificazione, l’inquinamento e la perdita di biodiversità sono solo alcune delle sfide senza precedenti che minacciano noi e la vita del pianeta» ha insistito il porporato. «Per accrescere la consapevolezza della necessità di agire insieme e promuovere un’educazione ecologica integrale — ha ricordato — i leader di diverse tradizioni religiose si sono riuniti con eminenti scienziati per firmare un forte appello che è stato consegnato alla copresidenza della Cop26, da poco conclusasi a Glasgow. È avvenuto il 4 ottobre scorso in Vaticano, nell’evento “Fede e Scienza: verso la Cop26”, dove ci si è impegnati, tra l’altro, a far avanzare una trasformazione educativa e culturale intensificando gli sforzi per cambiare il modo di relazionarsi alla terra e alle altre persone».

In questa occasione, «tante culture, tante spiritualità e tanti ambiti scientifici diversi si sono incontrati». Ed è venuta fuori, ha osservato Parolin, «una forte convergenza nell’impegnarsi di fronte all’urgente necessità di avviare un cambiamento di rotta capace di passare, con decisione e convinzione, dalla cultura dello scarto prevalente nella nostra società a una cultura della cura della nostra casa comune e di coloro che vi abitano o vi abiteranno».

Ma questo si può fare solo «insieme». Dunque, ha ribadito il cardinale Parolin, «insieme dobbiamo contrastare quelli che l’appello definisce i “semi dei conflitti”, ovvero “l’avidità, l’indifferenza, l’ignoranza, la paura, l’ingiustizia, l’insicurezza e la violenza”. Queste ultime sono, infatti, le cause delle gravi ferite che infliggiamo al nostro pianeta e che portano a una rottura di “quell’alleanza tra essere umano e ambiente che dev’essere specchio dell’amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino”».

«Non possiamo più aspettare» ha rilanciato il porporato. «Sono troppi ormai — ha riconosciuto — i volti umani sofferenti di questa crisi ambientale e climatica, soprattutto tra i più poveri, gli emarginati, i gruppi vulnerabili e i popoli indigeni che per troppo tempo hanno portato un peso sproporzionato e sono stati maggiormente colpiti dalla povertà, dall’inquinamento e dalla pandemia». Tanto che, ha aggiunto, «una portavoce presso la Cop26 ha definito i popoli indigeni “soldati al fronte della lotta contro il cambiamento climatico”, vivendo “sulla propria pelle” lo stravolgimento dell’habitat che li ha ospitati per secoli».