Conferita dal cardinale Parolin l’ordinazione episcopale al nuovo nunzio apostolico Dieudonné Datonou

Per portare al popolo del Burundi la voce del Papa

 Per portare al popolo del Burundi la voce del Papa  QUO-266
22 novembre 2021

Avendo per motto episcopale Ut ita et vos faciatis (Giovanni 13, 15) «che riporta al momento dell’Ultima Cena, quando Gesù lavò i piedi agli apostoli, tu, caro monsignor Dieudonné», con il bagaglio di esperienze della terra natale del Benin, del servizio in Segreteria di Stato, nella diplomazia pontificia e nell’organizzazione dei viaggi apostolici, «a tutto il Burundi porterai la voce del Papa, che è sempre voce al servizio della pace, a difesa degli ultimi e per un dialogo sincero e generoso tra tutte le parti, affinché prevalgano la concordia e la volontà di perseguire con sapienza e coraggio il bene comune». Ecco il mandato che il nuovo nunzio apostolico nel Paese africano, l’arcivescovo Dieudonné Datonou, ha ricevuto dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, il quale gli ha conferito l’ordinazione episcopale sabato pomeriggio, 20 novembre, nella basilica Vaticana.

In Burundi, ha detto il cardinale nell’omelia rivolgendosi al nunzio, «troverai una consistente comunità di fedeli cattolici, distribuiti in 8 circoscrizioni ecclesiastiche, rallegrate da numerose vocazioni. A questa comunità farai sentire la vicinanza del Santo Padre e la sua sollecitudine per la Chiesa burundese». Si tratta di un Paese, ha ricordato il porporato, che è stato «attraversato nel recente passato da sanguinosi conflitti, e dove le conseguenze dell’instabilità socio-politica si fanno sentire pesantemente sul livello di vita delle popolazioni, che soffrono per la povertà».

Prendendo spunto dalla solennità di Cristo Re, il segretario di Stato ha proposto una riflessione «sulla concezione dell’autorità sviluppata lungo i secoli nei più diversi regni e potentati della terra e su quella che invece impersona Gesù, con il suo esempio e il suo insegnamento».

«Ogni autorità — ha affermato — trova la sua legittimità quando si prefigge di servire al bene di una comunità e di organizzarne la vita civile, specie in vista delle difficoltà che dovrà affrontare; ma spesso i poteri di questo mondo hanno posto l’accento sulla forza e la sopraffazione, diventando strumento di asservimento e di accrescimento ad ogni costo del potere personale di qualcuno, di qualche gruppo di persone o di qualche Nazione, pervertendone l’autentico fine».

«C’è dunque — ha insistito il segretario di Stato — un potere che sale alla ribalta e proviene dalle viscere della terra, caratterizzato per la sua violenza, al punto che solo una bestia può esserne il simbolo, e un potere che viene dall’alto, ricco di benevolenza e sempre al servizio del bene, impersonato dal “figlio dell’uomo”, figura che richiama il servo sofferente di Jahvé».

«Gesù ci mostra l’autorità nella sua verità e purezza, non contaminata dal disordinato desiderio di dominio, non scalfita da volontà di manipolazione del pensiero, dei beni e delle persone che le sono sottoposte. In Cristo essa si sacrifica per il bene di tutti, rimane sottoposta alla verità, e si riconosce come un’espressione dell’amore che la nutre e la muove. Essa in tal modo non genera oppressione e repressione, ma libertà e responsabilità». E così «la Chiesa, nata dal sacrificio di Cristo sulla croce, quando segue il suo Signore diventa un faro di luce per l’umanità. Irradiata dalla verità e dalla carità, a sua volta le proietta sul mondo».

«Anche i successori degli apostoli, i vescovi, sono chiamati a impersonare una forma di autorità, che sull’esempio di Cristo testimoni in ogni circostanza la verità e la carità» ha ricordato il cardinale Parolin, spiegando che «la triplice potestà di santificare, insegnare e governare il popolo di Dio va dunque esercitata “tenendo fisso lo sguardo su Gesù”, mostrando che ogni potere e dignità ricevuta si trasforma in servizio offerto, in occasione provvidenziale per far discendere i doni di Dio sul suo popolo, con una predilezione per i poveri, gli afflitti, i malati e i perseguitati».

Rivolgendosi direttamente a monsignor Datonou, il segretario di Stato ha ricordato la responsabilità «come nunzio apostolico» di aver «ricevuto dal Papa il compito di portare il profumo di questo modo di esercizio dell’autorità, che non viene da questo mondo, ma proviene da Dio, che è amore misericordioso».

«Ti sarà indispensabile a questo fine — ha detto — come affermò san Giovanni Paolo ii parlando ai nunzi in occasione della loro giornata giubilare, “essere un ‘uomo in pace’ e un ‘uomo di pace’”, poiché chi partecipa... “alla sollicitudo omnium ecclesiarum, che è propria del vescovo di Roma, ha il compito di contribuire con ogni sua energia al ministero di comunione che Cristo ha affidato a Pietro e ai suoi successori”».

«Il nunzio apostolico infatti — ha aggiunto il porporato — promuove la comunione tra le Chiese particolari e quella universale per assicurare che le legittime differenze di cultura e tradizione, lungi dall’opporsi all’unità, rivelino invece la multiforme bellezza della Chiesa. Il servizio petrino all’unità sarà pertanto riconosciuto come una benedizione per ogni Chiesa locale, che in Pietro e nei suoi successori trova l’indispensabile centro di unità e di armonia».

L’autorità del rappresentante pontificio nella sua ampia missione, ha sottolineato, «non proviene da questo mondo, poiché si nutre di una fede sempre alimentata dalla preghiera e dalla celebrazione dei misteri divini, si sostanzia di obbedienza al Signore, alla Chiesa e al Papa, proviene dall’amore alla verità e da una esistenza radicata nella carità».