04 novembre 2021
U
n linguaggio oscuro, quello di Gesù. Di difficile interpretazione. Un linguaggio apocalittico. Non si capisce quando accadrà; e cosa accadrà. Ma, credo, che il pensiero di Gesù non è che noi perdiamo tempo a chiederci come e quando. Dobbiamo, piuttosto, chiederci se saremo pronti.
Non è il quando che conta, bensì la fiducia di essere pronti ad affrontare il nostro futuro. Come ha detto qualcuno: «Perché disputare su ciò che saremo, quando non sappiamo neppure ciò che siamo?» (Gibran).
Dovremmo riflettere su questo pensiero: «Il mio passato non mi preoccupa più: appartiene alla misericordia divina. Il mio futuro non mi preoccupa ancora: appartiene alla provvidenza divina. Ciò che mi preoccupa è l’adesso, qui e oggi: esso ...
Questo contenuto è riservato agli abbonati
Cara Lettrice, caro Lettore,
la lettura de L'Osservatore Romano in tutte le sue edizioni è riservata agli Abbonati
la lettura de L'Osservatore Romano in tutte le sue edizioni è riservata agli Abbonati