· Città del Vaticano ·

Un viaggio in avanti verso le sorgenti

 Un viaggio  in avanti  verso le sorgenti  QUO-206
11 settembre 2021

Domenica mattina Papa Francesco partirà alla volta di Budapest per cominciare il suo 34° viaggio apostolico, un viaggio che ha il sapore inconfondibile del pellegrinaggio. La prima tappa, nella capitale ungherese, è infatti legata alla decisione del Papa di concludere con la sua partecipazione il 52° Congresso eucaristico internazionale così come, a incorniciare il viaggio, l’ultima tappa sarà al santuario mariano di Šaštín in Slovacchia. Un viaggio di preghiera quindi, un viaggio spirituale che ricorda ai cattolici che nel momento in cui la vita riprende il suo corso e si prova a ripartire dopo una crisi, è fondamentale avere radici forti, fare memoria dell’essenziale, di quella sorgente senza la quale anche ogni gesto di “uscita” sarebbe vano e inconsistente. Per il cristiano la sorgente è Gesù e il suo Vangelo. A Lui si deve essere radicati, solo così si può uscire nel mondo, essere veramente missionari. Il Papa lo ha ricordato parlando al Capitolo generale dei padri claretiani giovedì scorso: «Siete missionari: se volete che la vostra missione sia veramente feconda non potete separare la missione dalla contemplazione e da una vita d’intimità con il Signore. Se volete essere testimoni non potete smettere di essere adoratori. Testimoni e adoratori sono due parole che s’incontrano nel cuore del Vangelo […] Due dimensioni che si alimentano reciprocamente, che non possono esistere l’una senza l’altra». Il tema del Capitolo era «Radicati e audaci» e il Papa si è soffermato su questa espressione a sottolineare che si può essere audaci solo se radicati; ci si può muovere solo se si è “fermi” nella fede, cioè confermati e solidamente innestati nella fonte della vita cristiana. Inseriti saldamente nella sorgente allora l’acqua può anzi deve scorrere perché «se non scorre imputridisce. Facendo memoria deuteronomica del passato, riappropriatevi della linfa del carisma. Ciò farà della vostra vita una vita con profezia che renderà anche possibile risvegliare e illuminare la gente».

In questo stesso discorso il Papa ha messo in guardia dalla sempre presente tentazione della mondanità spirituale che, dice, «è tremenda, perché ti trasforma interiormente» e ha citato un brano del saggio del teologo gesuita Henri de Lubac Meditazioni sulla Chiesa (che si può leggere su questo giornale a pagina 10) che spiega quanto sia fatale questa tentazione. È interessante che il brano di de Lubac sia tutto dedicato alla figura di Maria, «la perfetta adoratrice». Questa perfezione in Maria «brilla di purissimo splendore» mentre nei cristiani «che siamo ancora appena sfiorati da questo Spirito, essa stenta a emergere. La Chiesa, materna, non ha mai finito di generarci alla vita dello Spirito». Ecco allora perché il Papa energicamente riprende il suo passo da pellegrino e missionario e si muove per andare nel cuore dell’Europa: per collaborare a questa continua generazione spirituale di cui l’uomo di ogni epoca ha estremo bisogno. Lo ha ripetuto anche oggi incontrando il Capitolo generale dei padri carmelitani: la vita spirituale è «una risposta alla sete dell’uomo contemporaneo, che nel profondo è sete di Dio, sete di eterno».

Più che un viaggio quindi un pellegrinaggio, cioè un muoversi proprio perché si è radicati, «la fedeltà evangelica non è stabilità di luogo» ha detto ai padri carmelitani, «ma stabilità del cuore», e quindi non soltanto per unire con il nostro movimento due luoghi geografici, ma per connettere la terra con il cielo, per ricostruire un ponte, ristabilire un’alleanza che noi stessi abbiamo spesso infranto con le nostre infedeltà e mondanità. Le nostre radici sono là, in cielo. Di questo albero capovolto a noi tocca sviluppare i rami in ogni direzione facendo scorrere la linfa che scaturisce dal Vangelo. Solo così potremo, camminando insieme al Papa e alla Chiesa, risvegliare e illuminare la gente.

di Andrea Monda