Vogliamo (semplicemente) cambiare il mondo

30 agosto 2021

Quasi non posso credere che siamo finalmente qui a Tokyo. Molti dubitavano che questi giorni di sport avrebbero mai potuto realizzarsi per davvero, ritenendo impossibile organizzare le Paralimpiadi a causa della pandemia. Ma grazie agli sforzi di tante persone, che non hanno mai perso la fiducia e la speranza, è in corso di svolgimento l’evento sportivo più… “trasformativo” del mondo.

Come famiglia paralimpica onoreremo questa fiducia, daremo corpo a questa speranza, facendo in modo che l’eccezionale “eredità” che i Giochi puntualmente lasciano al Paese ospitante consista, realmente, in una nuova percezione delle persone con disabilità. Attraverso un cambiamento di mentalità.

Ma, in realtà, noi vogliamo molto di più! Noi non vogliamo soltanto cambiare il modo di vedere la disabilità in Giappone! Vogliamo cambiare la cultura del mondo intero!

Ecco perché l’International Paralympic Committee e l’International Disability Alliance hanno ideato, lanciato e ora stanno sostenendo la campagna WeThe15.

Nei prossimi dieci anni, WeThe15 intende lanciare una sfida continua per cambiare il modo in cui il 15% della popolazione mondiale con una disabilità è percepito e, di conseguenza, trattato.

WeThe15 farà luce, appunto, sulla quotidianità del 15% della popolazione mondiale, facendo il possibile per abbattere ogni tipo di barriere. In modo che tutte le persone con disabilità possano realizzare il loro potenziale e far parte attivamente di una società davvero inclusiva.

Dunque, con il sostegno di numerose organizzazioni internazionali, della società civile — ma anche della rete commerciale e dei media — intendiamo mettere 1,2 miliardi di persone con una disabilità al centro dell'agenda mondiale dell'inclusione.

E i Giochi paralimpici sono sicuramente una piattaforma straordinaria per il cambiamento. Ma un evento che si organizza solo ogni quattro anni non è certo sufficiente. Sta a ognuno di noi fare la propria parte, ogni giorno, per costruire una società più inclusiva in ogni singolo Paese, nelle nostre città, nelle nostre comunità.

La diversità che viene dalla disabilità è una forza, non una debolezza. Il nuovo mondo del dopo pandemia dovrà essere costruito in modo migliore rispetto a prima. Dovrà essere caratterizzato da società in cui le opportunità esistono per tutti.

Quando, un anno fa, i Giochi sono stati rinviati, gli atleti paralimpici sono stati fari di speranza. Neppure quando l'ombra dell’incertezza era più scura hanno smesso di allenarsi, di inseguire i loro sogni. E non hanno mai smesso di credere che sarebbero stati qui, a Tokyo, in questi giorni.

Per questa ragione gli atleti paralimpici sono una forza della natura, una forza per il bene. La loro resilienza ha ridato speranza a molte persone che l’avevano persa. Ma questi atleti non sono soli. Accanto a loro ci sono i Comitati paralimpici nazionali e le Federazioni internazionali che li hanno sostenuti in questo momento senza precedenti per l'umanità.

Ma proprio questa è la forza del movimento paralimpico: lavorare insieme per garantire agli atleti la migliore piattaforma per “brillare”, per dare il meglio di loro stessi.

Gli atleti paralimpici hanno dato tutto per essere qui a Tokyo: sangue, sudore e lacrime. Ora è il loro momento di mostrare al mondo la loro abilità, la loro forza, la loro determinazione. Se il mondo li ha etichettati come “disabili” ora è il momento di essere ri-etichettati: campione, eroe, amico, collega, modello. O semplicemente essere umano.

Questi atleti straordinari sono il meglio dell’umanità e gli unici che possono decidere chi e cosa essere nella loro vita, nonostante tutto. Con le loro performance sanno che possono cambiare le loro stesse vite. Ma, soprattutto, sanno che potrebbero cambiare, e per sempre, le vite di 1,2 miliardi di persone.

Questo è il potere dello sport: trasformare la vita e fare comunità. E il cambiamento può veramente iniziare con lo sport. E ora a Tokyo gli atleti paralimpici stanno cercando di cambiare il mondo.

*Presidente dell’International Paralympic Committee

di Andrew Parsons *