Il decano del Collegio cardinalizio ricorda il cardinale Martínez Somalo durante le esequie in San Pietro

«Mi affido a Te, Gesù...» la sua preghiera più familiare

 «Mi affido a Te, Gesù...» la sua preghiera più familiare  QUO-183
13 agosto 2021

La «testimonianza di amore a Cristo» e «il radicato “sensus Ecclesiae”» del cardinale Eduardo Martínez Somalo rappresentano «un patrimonio da conservare». Lo ha detto il decano del Collegio cardinalizio all’omelia pronunciata stamane nella basilica Vaticana, durante le esequie del porporato spagnolo morto lo scorso 10 agosto, a 94 anni. All’altare della Cattedra hanno concelebrato sette cardinali e una decina di presuli e prelati. Tra i presenti, il cardinale Herranz e l’arcivescovo segretario per i Rapporti con gli Stati, Gallagher, insieme con alcuni membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Alla messa hanno preso parte anche religiosi, religiose — tra queste, le suore Missionarie di Gesù eterno Sacerdote che lo assistevano nella sua abitazione in Vaticano — e dieci nipoti del compianto cardinale, le cui spoglie giungeranno nei prossimi giorni nella cittadina natale, Baños de Río Tobía, dove saranno tumulate dopo la celebrazione dei funerali nella parrocchia di San Pelayo. Pubblichiamo il testo dell’omelia del cardinale decano.

La prima lettura, tratta dal libro della Sapienza, ci ha ricordato il destino che dopo la morte attende i giusti, e ci ha assicurato che si tratta di un destino eterno di felicità, che ricompensa senza misura per le sofferenze e le prove affrontate nel corso della vita.

«Le anime dei giusti — ci ha detto — sono nelle mani di Dio» (Sap 3, 1). L’anima del cardinale Eduardo Martínez Somalo è ora nelle mani di Dio. Si trova «nella pace». La sua speranza «è piena di immortalità».

E la pagina del Vangelo che abbiamo ascoltato ci ha ricordato che il Signore della storia e dei cuori è venuto su questa terra perché nulla vada perduto di quanto il Padre gli ha affidato e che, al termine del nostro pellegrinaggio terreno, ci attende il volto misericordioso di Dio: «Questa è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in Lui abbia la vita eterna; ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6, 37-40).

Questa promessa di Cristo apre il cuore a grande speranza. Per il credente la realtà della morte è il passaggio da questo mondo alla casa del Padre; è entrare nell’immensità dell’amore di Dio.

Con questa certezza e con questa speranza è vissuto e si è spento il cardinale Eduardo Martínez.

Egli era nato il 31 marzo 1927 nella cittadina di Baños de Río Tobía. Nel 1954 fu ordinato sacerdote per la diocesi di Calahorra y La Calzada - Logrono, ma nella sua diocesi svolse il ministero sacerdotale soltanto per pochi mesi. L’intera sua vita è stata al servizio del Santo Padre, della Santa Sede e della Chiesa universale. Nei vari importanti incarichi che nella sua laboriosa e lunga esistenza gli furono affidati dalla fiducia dei Pontefici, uno e identico fu lo spirito che l’animò: piena fedeltà al Papa e generosa dedizione per il bene della Chiesa e per la salvezza delle anime.

Uomo pacifico per temperamento, bonario ed accogliente, dotato di intelligenza acuta nell’afferrare il nocciolo dei problemi e di grande capacità nel valutare persone e avvenimenti, ha dato molto alla Chiesa e ha collaborato con sette Romani Pontefici, che amò e con i quali agì sempre in stretta unione.

Dopo aver frequentato la Pontificia Accademia ecclesiastica, nel 1956 entrò nel ruolo diplomatico della Santa Sede e iniziò il suo servizio in Segreteria di Stato nella sezione di lingua spagnola, della quale divenne dopo qualche anno il responsabile, e contemporaneamente svolgeva il compito di professore della Pontificia Accademia ecclesiastica per l’insegnamento della lingua spagnola.

All’inizio del 1970 fu nominato consigliere della Delegazione apostolica in Gran Bretagna; ma la sua lontananza da Roma durò pochi mesi, perché nell’ottobre dello stesso anno fu richiamato in Vaticano come assessore della Segreteria di Stato e pertanto collaboratore diretto dell’allora sostituto della Segreteria di Stato, l’arcivescovo Giovanni Benelli.

Il 12 ottobre 1975, Papa Paolo vi lo nominò nunzio apostolico in Colombia, elevandolo in pari tempo alla dignità di arcivescovo.

Come motto episcopale scelse: Caritas et veritas, due parole che lo hanno guidato in tutta la sua vita e che hanno orientato il suo operare.

Nel maggio del 1979 Giovanni Paolo ii lo volle suo stretto collaboratore e lo nominò sostituto della Segreteria di Stato, incarico che svolse per 9 anni con una grande sintonia di pensiero e di azione col Papa, cercando di dare premurosa attuazione alle sue indicazioni e ai suoi progetti apostolici. In occasione dell’attentato del 13 maggio 1981 al Papa Giovanni Paolo ii , il sostituto monsignor Martínez dall’ufficio della Segreteria di Stato raggiunse immediatamente il Policlinico Gemelli e vi rimase fino al risveglio del Papa dopo la lunga operazione. Nei giorni seguenti passava poi quotidianamente un’ora accanto al Papa.

Negli anni in cui fu sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Eduardo Martínez non accettava altri impegni al fine di poter essere completamente a disposizione del Santo Padre, con spirito di servizio e desiderio di essergli vicino e di aiuto.

Negli anni precedenti, monsignor Martínez svolse sempre e con entusiasmo anche un intenso ministero pastorale, dedicandosi in modo particolare al mondo della sofferenza e trovando spazi di tempo nonostante i gravosi impegni di ufficio.

Nel 1988 fu nominato prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti e creato cardinale nel Concistoro del 28 giugno del medesimo anno. Quattro anni dopo fu trasferito a capo del dicastero per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica.

Papa Giovanni Paolo ii , che aveva in lui grande fiducia, lo inviò a rappresentarlo al Congresso eucaristico nazionale dell’Ecuador nel 1988 e poi al primo Congresso eucaristico nazionale in Santo Domingo nel 1991.

Il cardinale Martínez fu inoltre legato pontificio alla cerimonia di chiusura dell’Anno ignaziano il 31 luglio 1991. Nel 1992 poi il Papa lo incaricò di rappresentarlo al Congresso internazionale mariano che ebbe luogo a Huelva, in Spagna.

Il 5 aprile 1993 Papa Giovanni Paolo ii gli affidò anche l’incarico di camerlengo di Santa Romana Chiesa, per cui, dal momento del pio trapasso del compianto Giovanni Paolo ii e per la durata del periodo della Sede vacante, svolse con grande competenza e saggezza il ruolo di camerlengo, come previsto dalla costituzione apostolica Universi Dominici Gregis.

Dopo il compimento degli 85/86 anni di età, le energie che lo avevano caratterizzato incominciarono a diminuire e non gli permettevano più nemmeno di uscire dalla sua abitazione; ma in casa seguiva con lucidità e partecipazione le vicende della Chiesa. Poté per parecchi anni condurre ancora una vita regolare e gioiosa, grazie alla premurosa e valida assistenza delle suore Missionarie di Gesù eterno Sacerdote, che gli hanno reso un servizio veramente grande e che al mattino assistevano alla sua messa e durante la giornata anche pregavano a lungo insieme con lui.

Ogni volta che andavo a trovarlo, ammiravo la sua serenità, la tranquillità e il fiducioso abbandono in Dio. Al termine del nostro colloquio sovente ripeteva una giaculatoria che gli era familiare: «Mi affido a Te, Gesù, perché Tu puoi tutto; mi affido a Te perché conosci tutto; mi affido a Te, Gesù, perché Tu mi ami nonostante tutto». E soleva sottolineare quel «nonostante tutto».

Da circa tre mesi la situazione clinica andava peggiorando. Fu ricoverato per una decina di giorni al Policlinico Gemelli e poi ritornò nella sua abitazione in Vaticano, dove ebbe tutta l’assistenza e le cure necessarie. Papa Francesco andò a visitarlo e a portargli il suo conforto e la sua benedizione una settimana fa.

Il cardinale Martínez accettò il suo lento ma inesorabile declino con pieno abbandono alla volontà di Dio, sorretto e rianimato dalla grande speranza cristiana. Ogni tanto esprimeva parole di riconoscenza verso le sue suore e verso quanti si prodigavano generosamente nell’assisterlo.

La testimonianza di amore a Cristo e il radicato sensus Ecclesiae che il cardinale Martínez ci lascia sono un patrimonio da conservare, come pure il suo esempio di una grande devozione alla Madonna.

Mentre in questa celebrazione eucaristica imploriamo per lui la misericordia del Padre celeste, ci sostiene la fiducia che Cristo, eterno e sommo Sacerdote, gli avrà aperto la porta della sua dimora e l’avrà accolto con le parole, che ciascuno di noi spera di poter sentire un giorno: «Bene, servo buono e fedele... prendi parte alla gioia del tuo Signore» (Mt 25, 21).

Nel paradiso Dio gli conceda quella gioia e quella pace che si è guadagnato con la sua gioiosa e instancabile dedizione al servizio del Papa e della Chiesa.

di Giovanni Battista Re