Quattro pagine - Approfondimenti di cultura, società, scienze e arte

Guardando il mare

 Meraviglia  (ma con una nuova  declinazione)  QUO-150
06 luglio 2021

«La festa si trasferì presto in strada, dove Rafael, 12 anni, raccontava la sua epopea di ragazzo delle periferie. Si era fatto dare un passaggio da un camion delle consegne per andare a vedere il mare. Era arrivato sull’oceano quand’era notte. Si era bagnato i piedi lo stesso. Annunciava la buona novella a tutta la via: “Il mare è una roba mega-gigantesca!”».

Il sogno e l’entusiasmo del brasiliano Rafael, una delle tante voci che popolano quel libro incredibile che è Le vite che nessuno vede di Eliane Brum (Sellerio 2020, traduzione di Vincenzo Barca), coglie l’atteggiamento di meraviglia che l’umanità ha sempre provato davanti al mare. Mistero, fascino, emblema del viaggio, della ricerca e della perdita; del partire per soddisfare la fame di conoscenza e per ritrovarsi; dell’incontro con lo straniero, dello sfidare limiti e paure, dell’arricchimento. Se, nella storia umana, il mare è stato tutto questo, oggi però guardarlo ha assunto anche una nuova declinazione.

Ha guardato il mare Papa Francesco quando, per il primo viaggio del suo pontificato nel luglio 2013, ha scelto Lampedusa. Quest’isola sperduta nel Mediterraneo, punto di arrivo di migliaia di migranti in fuga da povertà, guerre e cambiamenti climatici, piccola terra più vicina all’Africa che all’Europa, abitata per lo più da pescatori, diventata in pochissimo tempo la periferia di approdo per le periferie del mondo. Ha guardato il mare Papa Francesco — arrivato al soglio di Pietro superando un altro mare solcato nei secoli da schiavi e migranti — quando, dopo aver lanciato in acqua una corona di fiori gialli e bianchi in memoria dei morti nel Mediterraneo in cerca di una possibilità, ha incontrato alcuni giovani migranti sul Molo Favarolo. E da lì, proprio da lì, dal Campo sportivo Arena, ha parlato al mondo di globalizzazione dell’indifferenza e di una società che non sa più piangere.

«“Adamo dove sei?”, “Dov’è il tuo fratello?”, sono le due domande che Dio pone all’inizio della storia dell’umanità e che rivolge anche a tutti gli uomini del nostro tempo, anche a noi. Ma io vorrei che ci ponessimo una terza domanda: “Chi di noi ha pianto per questo fatto e per fatti come questo?”, Chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini? Per questi uomini che desideravano qualcosa per sostenere le proprie famiglie? Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del “patire con”: la globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere».

Prova a guardare il mare questo numero di «QuattroPagine», quel mare guardato attraverso la Scrittura, la letteratura, la musica; quel mare che ci obbliga costantemente a mutare il nostro sguardo, le nostre speranze e azioni, a rivedere parametri e malinconie. «Facendo sedere le folle sulla riva e distanziandosi di qualche metro, sulla barca di Pietro — scrive Sergio Massironi — Gesù pare chiedere anche a noi di guardare nuovamente il mare». Guardarlo nuovamente attraverso lo sguardo e le parole dei bambini e ai bambini (Silvia Gusmano), attraverso i versi di Luigi Pirandello (Silvia Guidi), attraverso il progetto di LiscaBianca, l’associazione palermitana nata per favorire l’inclusione sociale e lavorativa di giovani svantaggiati. Nella certezza, come scrive Enrica Riera, che «guardare il mare, farlo da LiscaBianca, altro non è che guardare dentro se stessi».

Oggi guardiamo questo nostro Mediterraneo divenuto un cimitero «d’ossa e di barche» (Lawrence Osborne, L’estate dei fantasmi, Adelphi 2020, traduzione di Mariagrazia Gini), un’acqua di morte e opposizione, in cui ogni legge del mare è stata stravolta, polverizzata. Ma guardiamo ancora: guardare permetterà di far saltare quel muro costruito in mezzo ai flutti, facendoci riscoprire — come poetava Alexander Pope — che «il mare unisce i Paesi che separa». È la forza della brezza che, cullandoci, non ci deve dare tregua; nel soffio di Pascal, «il più piccolo movimento interessa tutta la natura, il mare intero muta per una pietra».

di Giulia Galeotti