Il rosario
Comunicare vicinanza spirituale e solidarietà alla Chiesa e a tutta la popolazione che soffre in Myanmar, nazione travagliata da una crisi sociale che sta assumendo la forma di un conflitto civile generalizzato, dopo il golpe militare del 1° febbraio: con questa intenzione la Pontificia unione missionaria, organismo di animazione e di formazione nelle Pontificie opere missionarie (Pom), ha organizzato una speciale preghiera del rosario per invocare la pace e mettere la travagliata nazione del Myanmar sotto la protezione della Vergine Maria. Tenutasi a Roma nel pomeriggio del 29 giugno, solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, presso il Centro internazionale di animazione missionaria (Ciam), istituto fondato da Papa Paolo
Erano inoltre collegati via internet i direttori nazionali delle Pontificie opere missionarie in tutto il mondo, comunità religiose nei cinque continenti, perfino singoli fedeli e missionari che, avendo nel cuore il paese birmano, si sono uniti spiritualmente da un letto di ospedale.
«Seguiamo ogni giorno la tragica situazione in Myanmar e abbiamo voluto esprimere tutta la nostra profonda vicinanza a quella nazione che soffre. Abbiamo pregato la Vergine Maria in piena comunione con Papa Francesco che più volte ha ricordato il Myanmar nei suoi appelli, e ci siamo uniti spiritualmente con la Chiesa nella nazione travagliata dal conflitto, invocando la pace, dono di Dio», spiega a «L’Osservatore Romano» il padre vietnamita Ðình Anh Nhue Nguyên, dei Frati minori conventuali, segretario generale della Pontificia unione missionaria. A rappresentare la Chiesa cattolica birmana è stato monsignor Mark Tin Win, arcivescovo di Mandalay, che, grazie al web, ha potuto unirsi all’invocazione mariana, pronunciare un breve messaggio e la benedizione conclusiva alle persone presenti in cappella o collegate online.
D’altronde i vescovi del Myanmar, nella loro recente assemblea generale, hanno indicato la preghiera del rosario come “via maestra” per rigenerare un clima di pace nella nazione, invitando tutti i fedeli nelle rispettive diocesi a recitare ogni sera la preghiera dell’Ave Maria per la riconciliazione.
Partendo dalla piccola comunità “in presenza” riunita al Ciam, la preghiera — recitata in lingua italiana e birmana — ha avuto un respiro universale: «Abbiamo invitato le comunità cattoliche, in Italia e all’estero, a unirsi nella preghiera, a quella stessa ora, in comunione spirituale. E sappiamo che monasteri di religiose di clausura a quell’ora erano presenti con il loro cuore e hanno pregato con noi. In tal modo vogliamo essere Chiesa in cammino e sottolineare l'urgenza della pace in Myanmar. Abbiamo scelto per la celebrazione la giornata della festa dei santi apostoli Pietro e Paolo per affidarci alla loro speciale intercessione», afferma padre Nguyên.
A conclusione della preghiera, i presenti, soprattutto sacerdoti e religiosi birmani, hanno potuto riferire della vita di fede e della missione evangelizzatrice della Chiesa nel Myanmar. Riportando esperienze dalle comunità e dalle diocesi della nazione, padre John Bosco Mung Sawng riferisce che «la situazione è ancora molto tesa e la gente teme le operazioni dei militari. Perfino i luoghi di culto sono nel mirino e sono oggetto di frequenti perquisizioni. I cattolici birmani hanno un atteggiamento prudente e sono pienamente impegnati in iniziative di prossimità e solidarietà soprattutto verso le persone più vulnerabili». I religiosi birmani auspicano che torni il rispetto dei diritti umani fondamentali e che si tentino tutte le strade utili a fermare il conflitto civile e a ristabilire una coesistenza pacifica. Libertà, giustizia, democrazia, sono valori che la Chiesa in Myanmar ha difeso e promosso dal momento del colpo di stato, ponendosi sempre accanto alla popolazione sofferente.
Le comunità cattoliche fanno del loro meglio e mettono a disposizione le proprie risorse per l’assistenza agli sfollati interni, vittime della violenza generalizzata: «La nostra missione è portare consolazione e speranza», ha rimarcato l’arcivescovo di Mandalay, «con aiuti materiali e anche con la forza spirituale, alzando le braccia verso Dio e invocando il dono della pace».
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