L’allerta del Wfp dell’Onu

La fame assedia
41 milioni di persone

A woman carries her baby as she queues for food in a camp established by the Somali Transitional ...
23 giugno 2021

Quarantuno milioni di persone al mondo, avverte il World Food Programme (Wfp) delle Nazioni Unite, sono ad imminente rischio di fame. All’ennesimo tragico dato rilanciato dalle Nazioni Unite si affianca quello di una crisi alimentare gravissima che vede l’aumento dei prezzi del cibo a livelli difficilmente sostenibili per le popolazioni più povere.

La fame nel mondo sta conoscendo un’escalation di certo accelerata dalla pandemia ma che ha anche le sue caratteristiche strutturali. Il direttore esecutivo del Wfp, David Beasley, ha riassunto così: «41 milioni di persone stanno bussando alle porte della fame». La richiesta minima, ha detto Beasley a nome dell’agenzia che vive di donazioni e contributi, è che in cassa entrino al più presto almeno sei miliardi per raggiungere il popolo degli affamati in 43 paesi diversi. Tutte persone rese, per di più, isolate dai conflitti, dal territorio, dalla pandemia.

Il rapporto dell’agenzia delle Nazioni Unite sottolinea che la diffusione della cosiddetta insicurezza alimentare (ossia della fame quotidiana) si era arrestata, almeno fino al 2016. Quell’anno, però, ha ridato velocità alla spirale che tra guerre, malnutrizione, prezzi, carestie, condanna milioni di persone alla privazione del cibo. Dal 2016 i dati non hanno fatto che salire.

Ma è con il 2020, l’anno della pandemia, che sono letteralmente esplosi. E si è passati dai 27 milioni che, per dirla con Beasley, bussano alle porte della fame, agli attuali 41 milioni. Numeri che non possono che crescere visto che da maggio, da molti considerato il momento della ripresa del ciclo economico secondo modalità post-covid, i prezzi del cibo lievitano e corrono. Un’impennata che non si vedeva da anni e che rischia di dare benzina al fuoco della crisi. In coda a quei milioni di affamati, già si intravedono, nei dati, un altro mezzo milione di esseri umani a serio rischio, dicono i dati.

Su questo pesa una chiara congiuntura di mercato. Cereali, semi, carne, zucchero, farina: la stima della crescita dei prezzi è del 40%. Un peso intollerabile per le economie dove le persone cercano la sopravvivenza quotidiana con lavori avventizi. Alla rimonta dei prezzi, in alcuni Paesi, si aggiunge anche la svalutazione delle monete nazionali: dal Libano alla Nigeria, al Sudan, come in Venezuela, la popolazione è stretta nella tenaglia dell’insicurezza alimentare nutrita anche da quella monetaria. Ma la lista potrebbe andare avanti a lungo con Etiopia, Madagascar, Yemen, Burkina Faso.

Il rapporto segnala, come un monito, il caso della Somalia nel 2011. Su 130.000 morti per fame, la metà era già stata portata via prima che l’emergenza fosse dichiarata, ricorda il Wfp. E la situazione odierna non è meno grave e si evolve a gran velocità. La sollecitazione ai donatori, dunque, è davvero urgente.

Un ultimo dato: secondo il rapporto dell’agenzia circa il 9% degli abitanti del mondo ogni sera va a letto affamato. Si tratta di 690 milioni di persone.