· Città del Vaticano ·

No a un sistema
che non rispetta
la dignità umana

 No a un sistema che non rispetta  la dignità umana  QUO-136
18 giugno 2021

«I cristiani — scriveva san Giovanni Paolo ii nel convocare il grande Giubileo del 2000 — dovranno farsi voce di tutti i poveri del mondo, proponendo il Giubileo come un tempo opportuno per pensare, tra l’altro, ad una consistente riduzione, se non proprio al totale condono del debito internazionale, che pesa sul destino di molte nazioni» (Tertium millennium adveniente, 51). Un pensiero ancora drammaticamente attuale che rispecchia l’insostenibile situazione dei Paesi poveri della Terra. Molti di loro, si legge nel rapporto sul debito della Banca mondiale, erano sulla soglia di una crisi debitoria già alla fine del 2019, con un rapido aggravamento nel 2020 dovuto alla diffusione della pandemia. Per il gruppo di Stati a basso e medio reddito, il debito totale è passato da 2.040 miliardi di dollari nel 2000 agli 8.138 miliardi del 2019. Si nota anche un aumento del debito privato passato da 441,5 miliardi dello stesso anno ai 2.701 miliardi di due anni fa. In più, rispetto alla grande crisi del debito degli anni ottanta e novanta del ventesimo secolo, la crisi di quello odierno vede ora una quota molto maggiore di creditori privati rispetto al debito verso istituzioni pubbliche, bilaterali o multilaterali. Conseguentemente si sono levati numerosi appelli ai vari governi da parte di organizzazioni non governative e religiose per adottare provvedimenti che alleggeriscano la situazione attuale come l’identificazione di risorse finanziarie che possano aiutare a rispondere alle sfide del momento.

«Per costruire una vera alleanza tra l’umanità e il pianeta è necessario superare un sistema che non rispetta la dignità delle persone e non si ferma davanti ai limiti della biosfera e ai diritti delle generazioni future — ha osservato Caritas Italiana nel dossier pubblicato qualche settimana fa, dal titolo “Per una finanza a servizio dell’umanità. Mettere la vita davanti al debito” —, un sistema in cui la finanza ha un peso superiore a quello della vita delle persone, dove il debito continua a generare relazioni distorte tra le nazioni e a limitare i diritti delle persone più vulnerabili». Il problema dell’esposizione debitoria dei Paesi più poveri è tornato ad essere rilevante a causa anche della pandemia solo pochi anni dopo le grandi iniziative per la sua remissione sviluppatesi attorno al Grande Giubileo del 2000, rendendo necessarie delle scelte radicali per una nuova gestione delle questioni finanziarie a livello globale. In tale direzione ha voluto dirigersi anche Caritas Internationalis che, rilanciando l’appello ripetuto da Francesco in questi ultimi mesi per una finanza giusta e per un peso del debito ormai nuovamente insostenibile, ha richiamato l’attenzione di tutta l’opinione pubblica mondiale attraverso una campagna su questo tema che verrà promossa nei prossimi mesi: l’obiettivo è quello di chiedere politiche più giuste e più rispettose della vita delle persone e del pianeta a tutti i livelli, aiutando a cogliere le connessioni tra tematiche complesse e diverse, ma strettamente legate.

Oltre a ciò, si rende necessario un meccanismo internazionale per affrontare le crisi di sovraindebitamento, che sia neutrale e indipendente, sotto l’egida delle Nazioni Unite in modo da non abbandonare gli Stati in più gravi difficoltà finanziarie alla sola mercé dei creditori. Al contempo occorre anche chiedere con forza che si affrontino le cause strutturali e sistemiche che causano il debito e aggravano i vincoli finanziari delle nazioni più povere, adoperandosi ad esempio per una nuova cooperazione fiscale internazionale, con sistemi che chiedano ai più ricchi di contribuire in modo commisurato al loro patrimonio, e mettere in atto una vera lotta contro l’evasione internazionale e contro i flussi finanziari illeciti. Perché il problema reale non è rappresentato dai debiti, ma da quei meccanismi attraverso cui i processi di indebitamento, restituzione e reindebitamento mantengono persone singole oppure interi popoli sotto perenne minaccia. È doveroso allora cambiare prospettiva, rimettendo al centro la dignità umana troppo spesso offesa sia a livello privato che pubblico dal sovraindebitamento: nel primo caso le persone soffrono a causa dei loro debiti familiari eccessivi e non pagabili; ma anche perché, secondo caso, i servizi pubblici di base, come quelli sanitari ed educativi, subiscono una riduzione a causa del rimborso del debito che gli esecutivi devono sostenere. In sostanza il debito sovrano, cioè le risorse che il governo di un Paese ha preso in prestito, direttamente da altri stati o istituzioni sovranazionali, presso istituti bancari o emesso sotto forma di obbligazioni tipicamente in valuta, è utilizzato come strumento per ampliare il bacino di risorse a disposizione dei poteri pubblici ma allo stesso tempo pone vincoli quando si tratta di rimborso. Pertanto la domanda è: le risorse disponibili sono sempre utilizzate nel miglior modo possibile? Per far sì che ciò avvenga è fondamentale costruire spazi di partecipazione e cittadinanza e ritenere i governi responsabili nei confronti dei poveri sull’uso di tutte le risorse ad essi affidate.

Nel quadro esposto non si può prescindere poi dalla tematica relativa al processo “produzione/commercio/consumo squilibrato” che incide anche a livello ambientale. Proprio perché non esiste infatti una crisi sociale separata da quella ambientale, come ha ribadito il Pontefice nella Laudato si’, occorre riflettere su come il modello economico-finanziario corrente eroda in modo squilibrato le basi stesse della vita sul pianeta, generando quello che è stato chiamato il “debito ecologico”. Quest’ultimo è strettamente legato al debito estero, costringendo infatti i Paesi poveri a sovrasfruttare le proprie risorse naturali per pagare le somme dovute, accettando condizioni di scambio molto spesso squilibrate. Ma soprattutto il debito diventa un problema nella misura in cui non esiste un sistema neutrale e indipendente a cui fare ricorso nel caso di difficoltà sopravvenute. «È come se — è scritto nel dossier Caritas — chi non riesce a pagare un debito personale si trovasse a trattare esclusivamente con un creditore che ha il potere di imporre praticamente qualsiasi tipo di condizione», atto vietato a livello nazionale ma applicabile a quello internazionale. Di fronte a un fenomeno inaccettabile dal punto di vista etico e giuridico in molti Paesi la risposta è stata sostenuta in modo vitale e spesso insostituibile da risorse associative locali e no profit, a tutte le latitudini. E questo in linea con la dottrina sociale della Chiesa, interpretando il contributo dato come un modo per sottolineare la responsabilità di cooperare alla costruzione di sistemi pubblici e universali che rispondano realmente ai bisogni dei poveri. L’azione di assistenza diretta deve diventare quindi un segnale scomodo, un modo per richiamare la politica e le istituzioni ad assumersi le proprie responsabilità. La crisi globale economica e finanziaria però, si è osservato, non è causata esclusivamente dalla pandemia ma da una latente crisi di liquidità/solvibilità che pone molte nazioni nella devastante condizione di non poter restituire il debito in futuro, con difficoltà anche nell’affrontare le esigenze di finanziamento necessarie ad assicurare tutti i servizi di base e i diritti sociali che lo Stato è chiamato a garantire. Da qui i molti auspici levatisi nella speranza che tutte le questioni relative alla sostenibilità finanziaria e alla mobilitazione delle risorse necessarie per promuovere uno sviluppo realmente sostenibile siano affrontate in modo coordinato in un vertice sul finanziamento per lo sviluppo.

Mettere la vita prima del debito, mettere l’economia e la finanza a servizio dell’alleanza necessaria tra le persone e il pianeta. Questo è l’imperativo che non deve venire mai meno avendo sempre la Laudato si’ come modello ispirativo. «I temi del debito e della finanza — si legge ancora nel report di Caritas Italiana — pesano come dei macigni sul futuro di tutti e in particolare sui più poveri. Pesano in modo diretto e attraverso lo sfruttamento senza freni della nostra casa comune. Pesano attraverso la continua ricostituzione di una relazione squilibrata, in cui i debitori si trovano a pagare il conto di cene consumate da altri».

di Rosario Capomasi