Al centro del comunicato finale l’impegno nella lotta al Covid. Tensioni con la Cina

Il G7 scommette
sull’atlantismo

Canadian Prime Minister Justin Trudeau, European Council President Charles Michel, U.S. President ...
14 giugno 2021

«Collaborativo e produttivo». Sono questi i due aggettivi usati dal presidente Usa, Joe Biden, per qualificare il lavoro svolto nel vertice del g 7 conclusosi ieri in Cornovaglia. Multilateralismo, lotta al riscaldamento globale, rispetto dei diritti umani, impegno per i vaccini e la ripresa nel post-pandemia: questi i punti cruciali del comunicato finale di un summit che è stato caratterizzato soprattutto dal nuovo atteggiamento di Washington, con il forte rilancio dell’atlantismo dopo gli strappi dell’era Trump. «L’America è tornata al tavolo nel compito di guidare il mondo insieme alle nazioni che condividono i nostri più profondi valori» ha detto Biden.

Al centro del comunicato finale ci sono soprattutto le misure per combattere la pandemia. Si chiede infatti «un’inchiesta tempestiva, trasparente, guidata da esperti e basata su fatti scientifici sulle origini del Covid, anche in Cina». Si conferma inoltre la donazione di un miliardo di dosi di vaccino ai Paesi in via di sviluppo. Nel corso delle trattative è emerso il chiaro obiettivo di vaccinare la popolazione mondiale e mettere fine alla pandemia nel 2022, secondo quanto riferiscono fonti vicine alle delegazioni.

Il cambiamento climatico è stato un altro punto cruciale. Anche in questo caso i leader del g 7 hanno affermato l’importanza di un approccio multilaterale con l’impegno a ridurre del 50 per cento le emissioni entro il 2030 e contenere il riscaldamento globale entro 1,5 °C, oltre a cancellare i sussidi per i combustibili fossili entro il 2025. Non sono mancate le critiche dei gruppi ambientalisti, secondo i quali i leader non hanno preso alcun impegno concreto in termini di finanziamenti, né auspicato di vietare le ricerche di nuovi giacimenti di materiali fossili: un cattivo auspicio in vista della Conferenza sul clima in programma dall’1 al 12 novembre a Glasgow, sempre nel Regno Unito.

L’aspetto più delicato del comunicato finale riguarda i rapporti con la Cina. I leader del g 7 hanno ribadito l’impegno a promuovere i loro «valori» esortando «la Cina a rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali, specialmente in relazione allo Xinjiang», e garantendo «un alto livello di autonomia per Hong Kong» come previsto nella «Dichiarazione congiunta sino-britannica», si legge nel testo del comunicato. È stata espressa inoltre «seria preoccupazione per la situazione nel Mar cinese meridionale e orientale e forte opposizione a qualsiasi tentativo di cambiare lo status quo e aumentare tensioni» nell’area. Inoltre, nel comunicato si sottolinea anche «l’importanza della pace e della stabilità lungo lo Stretto di Taiwan e si incoraggia la risoluzione pacifica delle questioni che riguardano lo stretto».

Dal canto suo, Biden ha assicurato di «non cercare il conflitto con la Cina» pur sottolineano l’importanza di una indagine trasparente sull’origine del Covid e della possibilità di accedere ai laboratori di Wuhan. Il capo della Casa Bianca non ha mancato tuttavia di sottolineare l’importanza del nuovo piano di infrastrutture deciso dal g 7 nei Paesi in via di sviluppo che «sarà basato sui valori che le nostre democrazie rappresentano» e sarà «più equo di quello di Pechino».

La Cina, dal canto suo, non ha esitato a rispondere. Sulla questione Covid, un portavoce dell’ambasciata cinese a Londra ha sottolineato che la Cina «ha sempre mantenuto un atteggiamento aperto e trasparente e ha assunto un ruolo guida nella cooperazione sulla sua tracciabilità con l’Oms». Su Taiwan, il portavoce ha dichiarato: «Esiste una sola Cina al mondo e Taiwan è parte inalienabile del suo territorio. La questione riguarda interessi fondamentali della Cina che non consente l’intervento di forze esterne». Il g 7 — ha aggiunto il portavoce — «sfrutta le questioni relative allo Xinjiang per condurre una manipolazione politica e interferire negli affari interni della Cina, cosa a cui ci opponiamo fermamente».