Inaugurata la sede aquilana del museo

Un Maxxi volano
per ripartire

  Un Maxxi volano  per ripartire  QUO-121
31 maggio 2021

«When in Trouble, Go Big!» dicono gli americani; da un grande problema (e anche da una lunga serie di problemi, tutti gravi, tutti imprevedibili) si riparte solo con un grande progetto. Il Maxxi, appena inaugurato all’Aquila vuol essere questo, un volano per la ripartenza di una città che ha fatto per anni delle eccellenze culturali il suo fiore all’occhiello. Prima del devastante terremoto del 6 aprile 2009 e del covid-19, certo, ma la tenacia è una dote che non difetta agli abruzzesi. Venerdì scorso il ministro italiano della Cultura Dario Franceschini ha aperto le porte della struttura nel settecentesco palazzo Ardinghelli in piazza Santa Maria Paganica; nel cuore del più grande cantiere d’Europa.

«È un altro momento di rinascita per la città dell’Aquila — ha detto Franceschini — una bella storia di condivisione nazionale e internazionale». Quando la città ospitò il G8, l’Italia chiese ai Paesi partecipanti di dare un segnale «che per fortuna è arrivato da molti, in particolare dalla Federazione russa, qui rappresentata dall’ambasciatore che ringrazio vivamente. È straordinario vedere l’incrocio tra il restauro perfetto operato dalle strutture del ministero e la presenza di opere contemporanee meravigliose donate da grandi artisti. Il Maxxi è uno dei motivi per venire a visitare la città, è una storia di orgoglio nazionale di cui tutti dobbiamo essere fieri».

Il candido barocco di Palazzo Ardinghelli, riportato al suo antico splendore, è un sogno realizzato, destinato a diventare la cornice di una lunga serie di iniziative. «Non è una sede distaccata, questo è il Maxxi — ha precisato la presidente Giovanna Melandri, parlando di un museo che ambisce ad essere «laboratorio, propulsore di cultura, arte, contatti internazionali e con il territorio». Qui all'Aquila, ha ribadito Melandri «porteremo i gioielli della collezione nazionale e tutte le anime del Maxxi» che a Roma ha iniziato la sua storia proprio il 28 maggio di undici anni fa.

Inaugura la nuova sede aquilana un allestimento curato da Bartolomeo Pietromarchi e Margherita Guccione, intitolato Punto di equilibrio, con le installazioni donate da otto artisti contemporanei, da Elisabetta Benassi a Paolo Pellegrin, da Stefano Cerio a Daniela De Lorenzo, fino alla giovane russa Anastasia Potemkina, che dialogano con i “vip” già nella collezione del museo romano, da Toyo Ito a Maria Lai.

Un evento pensato per e con il territorio circostante (gli aquilani e gli abruzzesi potranno accedere gratuitamente fino alla fine dell’anno) con le carte in regola per scongiurare l’effetto “cattedrale nel deserto”. All’Aquila la ricostruzione va avanti, ma c’è ancora moltissimo da fare, come dimostra la chiesa di Santa Maria Paganica, ancora transennata, che si affaccia sulla stessa piazza del museo. Per il restauro di Santa Maria il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, ha proposto un concorso internazionale, che potrebbe coinvolgere anche il Maxxi e i suoi architetti.

Un altro volano da riattivare è il Teatro stabile d’Abruzzo, che ha creato e portato in tounée grandi allestimenti sui palcoscenici italiani e su quelli di tutto il mondo, con una chiara e reale connotazione — fin dalle origini, dagli anni Sessanta del Novecento — di teatro del territorio.

Per ottenere il riconoscimento dallo Stato come teatro a gestione pubblica, infatti, la sede doveva essere situata in una città con almeno 300mila abitanti. Fu così ideato un consorzio di città, per dare la base demografica alla fondazione; il ministero italiano della Cultura modificò la norma istitutiva dei teatri pubblici in senso territoriale, accettando nel novero dei grandi teatri anche lo Stabile d’Abruzzo.

di Silvia Guidi