Dopo il voto per l’Assemblea costituente in Cile: incognite e prospettive
Verso una nuova Costituzione

Un Paese
che guarda al futuro

Poll workers wearing protective masks sort through and count the votes after polls closed during the ...
22 maggio 2021

Le elezioni che hanno avuto luogo lo scorso fine settimana in Cile rappresentano un vero e proprio punto di svolta per il Paese sudamericano. Lo stesso presidente Sebastián Piñera ha definito le votazioni come “storiche”, dichiarando che “la voce dei cittadini si è levata in tutta la sua forza”. Oltre a recepire il malcontento della popolazione, già espresso durante il cosiddetto “estallido social” (“esplosione sociale”), ovvero le proteste popolari esplose nel 2019 in seguito all’aumento del prezzo dei trasporti pubblici, queste votazioni hanno mostrato un netto cambio di rotta politico per il Cile.

Le elezioni avevano molteplici finalità: la principale era determinare la composizione della nuova assemblea costituente, ma si votava anche per scegliere 346 sindaci e diversi consiglieri municipali e governatori regionali. La votazione più importante ha rappresentato allo stesso tempo anche l’indicatore più evidente delle nuove tendenze politiche: un vero e proprio trionfo dei candidati indipendenti, molti dei quali volti nuovi della politica cilena, e dei partiti più riformisti, a spese delle coalizioni storiche. Il primo risultato a spiccare è il netto calo nei consensi della coalizione di governo “Vamos por Chile”, la quale ha ottenuto solamente 37 dei 155 seggi totali, non riuscendo dunque a superare la quota di 1/3, necessaria per esercitare un’opposizione efficace in seno all’assemblea. Anche il centrosinistra storico di “Lista del Apruebo”, schieramento erede della coalizione “Concertación” che ha governato il Paese dal 1990 al 2010, è calato drasticamente nei consensi ottenendo solo 25 seggi. Gli indipendenti hanno invece totalizzato 48 seggi, numero rilevante soprattutto se unito ai 28 ottenuti dalla coalizione riformista “Apruebo Dignidad”. Questo cambio di tendenza ha tuttavia avuto dei risvolti anche nelle altre votazioni: eloquente è il caso della capitale Santiago, dove per la prima volta nella storia è stato eletto un sindaco di estrema sinistra, la candidata Irací Hassler.

La più netta rottura con il passato risultata da queste elezioni riguarda però proprio la stesura della legge fondamentale. Il Cile conserva infatti la costituzione del regime militare di Augusto Pinochet, redatta da un’assemblea di suoi collaboratori ed emanata nel 1980. Questo documento, sopravvissuto al referendum popolare del 1988 che pose fine al regime, ne rispecchia le principali caratteristiche: un forte conservatorismo e un limitato ruolo dello stato nell’economia, considerato da molti analisti come la causa delle profonde disuguaglianze socioeconomiche che tuttora affliggono il Cile. Negli anni, la costituzione ha subito solo poche modifiche di scarsa rilevanza a causa del complesso iter di revisione da essa previsto.

Nonostante il Cile abbia il Pil più elevato dell’America Latina, grazie in particolare all’estrazione di rame, del quale il Paese è il primo produttore al mondo, quasi il 9% della sua popolazione vive sotto la soglia della povertà, un dato drammaticamente in linea con il resto della regione. Al centro delle richieste popolari per la nuova costituzione vi è perciò una serie di politiche sociali finalizzate a ridurre queste disparità supportando la sanità pubblica, l’istruzione e il sistema pensionistico. La problematica delle disuguaglianze è stata ulteriormente aggravata dalla pandemia covid-19. Si stima infatti che l’emergenza sanitaria abbia colpito duramente la regione, portando circa 200 milioni di persone in più a vivere in condizioni di povertà.

Un ulteriore tema fondamentale toccato dalla nuova costituzione è quello relativo al riconoscimento delle popolazioni indigene cilene. Differentemente da altri Paesi sudamericani, infatti, queste comunità sono storicamente prive di rappresentanza e pertanto escluse dalla vita politica del Paese. Attualmente, i popoli indigeni vivono in condizioni precarie dal punto di vista economico, sanitario e della sicurezza. Molti di questi risiedono in territori sfruttati dall’industria mineraria e risultano pertanto esposti agli eventuali danni collaterali derivanti dalle attività estrattive. Alle 10 popolazioni indigene, che costituiscono circa il 12% della popolazione cilena, sono stati riservati 17 seggi dell’assemblea costituente.

Altro argomento centrale di queste elezioni è il ruolo delle donne: la nuova costituente rispetta nella sua composizione il criterio della rappresentanza egualitaria dei generi, un fatto inedito a livello mondiale. Il Cile non è esente dalla diffusa problematica della scarsa partecipazione politica femminile: solo il 28,5% delle posizioni politiche è infatti occupato da donne. La rappresentante cilena del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (Undp), Marcela Ríos, ha dichiarato che la possibilità di vedere i risultati di una importante partecipazione femminile nel processo di stesura della costituzione rappresenta una grande opportunità per il resto del mondo.

di Giovanni Benedetti