Iniziativa della Conferenza dei religiosi dell’Uttar Pradesh per le donazioni di sangue

Un gesto d’amore che va oltre ogni differenza

 Un gesto d’amore che va oltre ogni differenza  QUO-111
19 maggio 2021

Cristiani, indù e musulmani uniti in una corsa alla solidarietà per donare il sangue nel pieno dell’emergenza covid. È quanto accade a Varanasi, città dell’Uttar Pradesh, grazie all’iniziativa promossa dalla locale sezione della Conferenza dei religiosi dell’India (che riunisce le congregazioni religiose cattoliche maschili e femminili del Paese) in collaborazione con fondazione Manav rakt (“sangue umano”), guidata dal musulmano Abu Hashim, e Popular blood bank. Un gesto particolarmente significativo in uno degli Stati indiani maggiormente colpiti dall’impennata del contagio pandemico che sta mettendo a dura prova la nazione, con decessi che aumentano giorno dopo giorno e il cui reale numero è drammaticamente controverso. Secondo l’agenzia Reuters, a Lucknow, capitale dell’Uttar Pradesh, le informazioni raccolte nel maggiore crematorio dove vengono portati i morti per covid parlerebbero di un numero sensibilmente superiore rispetto a quello indicato nelle stime ufficiali. E sono cifre che comunque non comprendono sia le vittime che vengono condotte in un secondo sito simile, sia le sepolture dei musulmani che rappresentano un quarto della popolazione della città.

«A Varanasi — ha raccontato uno dei promotori della raccolta di sangue, padre Anand Mathew, dell’Indian missionary society e responsabile del forum interreligioso Sajha sanskriti manch — la situazione è molto critica. Mancano letti negli ospedali, bombole di ossigeno e dispositivi per la ventilazione artificiale. La gente si presenta nei nosocomi con i contagiati implorando i medici di ricoverarli e le strutture private sono presi d’assalto. I due siti per le cremazioni sulle rive del Gange sono sovraffollati, c’è gente che brucia i corpi dei defunti ovunque sulle rive del fiume. Si muore nelle strade, davanti agli ospedali, accanto alle lettighe o sulle barelle. Tutti dicono di non aver mai visto o immaginato nulla di simile». Il sangue donato, ha aggiunto il sacerdote, sarà al servizio di tutti. «Chi è donatore ha il privilegio di poter utilizzare il proprio tesserino per ottenere sacche in caso di necessità o chiederle per un proprio caro durante le emergenze. Ma il frutto di questa raccolta sarà una benedizione soprattutto per i più poveri che non hanno nessuno su cui contare».

In tale scenario, il primo campo mobile per la raccolta delle donazioni è stato allestito nel convento di Santa Maria, nel quartiere centrale della città. A inaugurarlo è stato il vescovo di Varanasi, Eugene Joseph, che ha ricordato come salvare la vita degli altri sia la responsabilità più sacra e più importante per ogni cittadino e che inoltre, ha aggiunto padre Anand, si tratta di un modo per seguire l’esempio di Cristo, che dalla croce ha versato il suo sangue per la salvezza dell’umanità. «Nella città — ha osservato il presule — abbiamo forti legami con persone di ogni religione. Soprattutto nei momenti di crisi e di gravi necessità ci ritroviamo insieme per servire i poveri e il bene comune. Data l’emergenza abbiamo deciso che fosse urgente mobilitarci per le donazioni di sangue: questo è stato il primo campo ma ne seguiranno altri nei prossimi giorni al St. Mary’s Hospital e al Vishwa Jyoti Gurukul», istituto di filosofia e religione gestito dalla Società missionaria indiana. Un aiuto concreto che si inserisce nella grande opera caritativa contro il covid svolta nel Paese dalle Chiese, impegnate in una vasta opera di soccorso a fianco dei più vulnerabili, sfruttando risorse locali e fornendo cibo alle persone che hanno perso i propri mezzi di sussistenza a causa del lockdown, in particolare i lavoratori a giornata e i migranti. In base ai dati del Pew research center, a causa della pandemia nel 2020 circa 32 milioni di persone in India sono cadute in stato di povertà, uscendo dalla classe media e ritrovandosi nel ceto sociale degli indigenti. La seconda ondata di covid «mostra ancora una volta il profondo divario economico e sociale esistente nel Paese, con le persone più povere che sono le più colpite dalle restrizioni», ha precisato il reverendo Joshua Peter, segretario esecutivo delle Chiese evangeliche luterane unite in India (Uelci).

di Rosario Capomasi