· Città del Vaticano ·

Religio - In cammino sulle vie del mondo
La storia

My view is you

Foto tratta dal sito Facebook di Aboubacar Kourouma
19 maggio 2021

«Il mio punto di vista sei tu» è il titolo del  corso di giornalismo
 degli scalabriniani che vede come studenti tre giovani rifugiati


Gustavo Denis Desloges ha un piano b. Vuole tornare a fare il giornalista professionista come quando viveva in Venezuela, ma intanto studia all’università. Grande appassionato e giocatore di baseball, il ventiseienne oggi vive a Roma e segue anche il corso di giornalismo MyVyou degli scalabriniani. «Il mio sogno è fare il giornalista in una buona testata e vivere stabilmente in Italia, dove tra qualche tempo vorrei creare la mia famiglia», confida a «L’Osservatore Romano». Arrivato in Italia nel gennaio del 2020, poco prima che scoppiasse la pandemia, di recente ha ottenuto la protezione sussidiaria per motivi politici. «Il laboratorio di scrittura, di fotografia e di video editing è un modo per esprimersi e per dar voce a un vissuto a volte traumatico», afferma padre Gabriele Beltrami. Il coordinatore del corso, nonché responsabile dell’ufficio stampa della congregazione per la regione afroeuropea, ricorda che «il migrante è sempre al centro del discorso politico, ma quasi mai artefice del proprio racconto». Perciò scrivere di sé significa diventare protagonisti.

Le lezioni sono iniziate nell’aprile scorso e termineranno a dicembre. Sono strutturate su trenta ore mensili di didattica in presenza distribuite in due ambiti: scrittura e video racconto. Ognuno dei tre studenti riceve in dotazione un computer e una macchina fotografica. «Prima di tutto ci siamo messi a fare teoria su cosa vuol dire scrivere, per capirne l’importanza e conoscere i generi di scrittura», dice il religioso, docente insieme a Serena Cirillo, videomaker di Tv2000. Il tutto è finalizzato a scrivere su un blog con un linguaggio immediato. Il sito internet https://sites.google.com/view/redazionemyvyou è stato costruito interamente dai ragazzi utilizzando Google Sites. Lo spazio web è suddiviso in tre aree: la prima parte ospita le fotografie che stanno imparando a scattare professionalmente, dandogli poi un titolo evocativo e assegnando degli hashtag. «Un linguaggio coreografico — prosegue Beltrami — che è più immediato per chi sta imparando a parlare la lingua italiana».

La sezione video ospita brevi filmati su varie tematiche e sarà arricchita da tre video reportage in cui i tre si alterneranno nel ruolo di autore (che scrive i copioni), di videomaker (che filma e cura audio e video) e di redattore (che cura l’organizzazione). Infine c’è la parte di scrittura che ruota intorno al tema della “nuova normalità” pandemica, nella quale i semplici commenti di oggi sui fatti di cronaca si trasformeranno gradualmente in articoli più complessi. «Una ricostruzione di cui loro stessi sono protagonisti con il proprio punto di vista», sottolinea lo scalabriniano.

MyVyou è un acronimo che deriva dall’inglese my view is you, ovvero “il mio punto di vista sei tu”. «Loro apprendono il fatto che curarsi del punto di vista dell’altro è fondamentale per crescere insieme. Il ponte, atavica figura delle relazioni umane, deve essere costantemente percorso da entrambe le parti», afferma padre Gabriele. Il progetto di avviamento al lavoro è finanziato dalla Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana e i tre partecipanti al corso ricevono un compenso per il lavoro svolto. Gli aspiranti giornalisti sono Mamudou Sowe, 22 anni, gambiano, Aboubacar Kourouma, 21 anni, dalla Guinea, futuro fotogiornalista (sulle orme del suo primo maestro Mohamed Keita), e, appunto, Gustavo Denis Desloges, l’unico a possedere già una solida formazione professionale. Laureato in giornalismo in Venezuela, ha lavorato in radio e in televisione come esperto di sport e di attualità.

Ma perché questi giovani migranti aspirano a fare il mestiere complicato del reporter? «Per loro è importante trovare un modo di esprimersi — afferma Beltrami — perché permette di recuperare competenze comunicative che magari nell’ultimo periodo erano state limitate dall’inserimento in una società diversa, o per il trauma di avere lasciato, spesso in modo violento, il proprio Paese di origine. E con noi riflettono anche sulle potenzialità nascoste della comunicazione professionale».

Nel suo video reportage Gustavo parlerà di baseball: «Gioco a questo sport da quando avevo 6 anni. Qui a Roma ho conosciuto la comunità latinoamericana e racconterò l’importanza del baseball come legante per la collettività». Grazie alla protezione sussidiaria accordatagli di recente il giovane venezuelano potrà stare regolarmente in Italia per alcuni anni. Gli scalabriniani gli danno supporto con i documenti, per il sogno del giornalismo e nello studio universitario per il corso sul Terzo settore all’università Angelicum. È il cosiddetto piano b . Perché, come dice padre Gabriele, «la migrazione non ferma il sogno e la passione. Anzi, forse alimenta la speranza». L’auspicio è che le redazioni abbiano la possibilità di aprire le porte ai migranti affinché possano raccontare le proprie esperienze in qualità di protagonisti. «Sicuramente — conclude lo scalabriniano — ci piacerebbe che colleghi con responsabilità in ambito comunicativo possano cogliere l’opportunità di continuare a formare sul campo persone che hanno dimostrato di avere qualcosa da dire».

di Giordano Contu