Ursula von der Leyen cita don Milani come modello per rispondere alla crisi della pandemia

We care

(Danish Siddiqui/Reuters)
07 maggio 2021

I care. Mi sta a cuore. Don Lorenzo Milani l’aveva fatto scrivere sui muri della scuola dei figli dei contadini, i suoi ragazzi di Barbiana. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, si è fatta ispirare dalla forza insopprimibile che hanno solo le parole piene di senso dette autorevolmente. Nella tempesta della pandemia, con la comunità internazionale divisa su come correre prima e meglio in soccorso dei Paesi poveri, rimasti indietro nella vaccinazione, la presidente non indica una soluzione ma un’apertura all’altro. I care. Me ne assumo la responsabilità. «Questo deve essere il motto dell’Europa. We care» ha detto.

Gli Stati Uniti hanno proposto la sospensione dei brevetti sui vaccini, ritenendola la via più breve verso la produzione di farmaci generici accessibili ed economici. Italia e Francia sono sulla stessa linea. La Germania, con la cancelliera Angela Merkel, ha però introdotto il dubbio che il problema non siano i brevetti ma «la capacità di produzione e gli standard di qualità». I Paesi dell’Unione non hanno, dunque, la stessa visione su come affrontare l’incendio della casa comune. Di certo sanno che non basta spengere le fiamme nel salotto buono se il sottoscala brucia. Il realismo compatta tutti in una direzione. Occuparsene. Don Lorenzo, come ebbe a scrivere ai suoi giudici ne «L’obbedienza non è più una virtù», aggiunge ancora oggi: prendere a cuore, interessarsi. Come lui aveva preso a cuore quei ragazzi scartati dalla scuola ufficiale. Senza schemi o formule. Ma agendo, subito, con il cuore aperto e le maniche rimboccate. «L’esatto contrario — scrisse — del fascista “me ne frego”». Con il cuore e presto.

di Chiara Graziani