Una riflessione sul primo Maggio

Ci stanno a cuore i lavoratori

epa09171103 Members of Russian Communist party hold Red flags and sing as they take part in the ...
03 maggio 2021

C’è un filo rosso che lega l’immagine del popolo d’Israele che costruisce le mura di Gerusalemme nel libro di Neemia e la riflessione sociale di Papa Francesco. Nel testo biblico troviamo l’esclamazione entusiasta: «E al popolo stava a cuore il lavoro» (3, 38). La preoccupazione di continuare a costruire le mura per difendere la città è più importante delle critiche di chi vuol demolire e demotivare. In Fratelli tutti (162) Francesco afferma che «il grande tema è il lavoro»: veramente popolare «è assicurare a tutti la possibilità di far germogliare i semi che Dio ha posto in ciascuno, le sue capacità, la sua iniziativa, le sue forze».

Lo vediamo tutti in questo tempo di pandemia: il lavoro è motivo di salvezza (medici, insegnanti, personale sanitario e della distribuzione, agricoltori…) ma è anche motivo di grande sofferenza. Dietro a molti lavori ci sono sogni e investimenti personali: basti pensare a imprenditori o liberi professionisti o commercianti che hanno spesso fatto sacrifici per aprire e mantenere un’attività lavorativa. Molti di loro stanno soffrendo e le piazze di queste ultime settimane lo ricordano. L’intervento pubblico con ristori e sostegni per alleviare la condizione di difficoltà non basta a dare risposte alle paure di vedersi scappare il sogno di una vita. I fallimenti lasciano ferite aperte. C’è anche però chi vive il lavoro nella forma di una precarietà assoluta. I disoccupati, gli inattivi, gli irregolari, i lavoratori in nero si sono assuefatti a una insicurezza che spesso sfocia nello sfruttamento più amaro. Il lavoro, in questo caso, pur rappresentando una delusione, è visto come àncora di salvezza per mantenere una famiglia o per sopravvivere in quartieri o ambiti sociali segnati dal degrado. Molti di loro chiedono un lavoro più che un reddito, appellandosi alla dignità personale: come dargli torto?

La popolarità del lavoro, che dalla Bibbia arriva ai nostri tempi, si spiega perché è una delle esperienze umane in grado di riempire l’esistenza. O di svuotarla, se manca. O di distruggerla, se si riduce a schiavitù. Il lavoro esprime davvero il senso della vita. Insegna a vivere perché non esiste attività che si possa pensare come solitaria. Il lavoro si fa con altri, dentro una condivisione di idee e progetti, in tempistiche partecipate con qualcun altro: chiama in causa la competenza di uno e l’abilità di un altro e non può fare a meno della manualità. Persino le vendite online non avrebbero successo senza corrieri. Attraverso il lavoro ciascuno esprime le proprie capacità e costruisce una comunità.

«Tanta roba», direbbe qualcuno. Sono implicati molteplici valori. Ognuno sa parlare di lavoro, per esperienza. Tutti pensano alla professione come a una prospettiva futura (il giovane), come a un impegno concreto e presente (l’adulto) o come a ciò che riassume la propria esistenza (l’anziano). Le stagioni della vita sono segnate dal lavoro: per questo è davvero popolare!

di Bruno Bignami