«Il profeta e la crisi», un libro per l’oggi

Il sacerdote, l’intellettuale
e il contadino

Bonhoeffer in una foto del 1922
09 aprile 2021

Geremia sacerdote del villaggio di Anatòt, della tribù di Beniamino; Franz Jägerstätter sposo e contadino austriaco; Dietrich Bonhoeffer pastore e intellettuale tedesco: tre storie di uomini che hanno vissuto crisi laceranti e nello stesso tempo hanno indicato percorsi per attraversarle senza smarrirsi.

Tutti e tre sono stati coinvolti, in modi diversi, nella vita pubblica del loro tempo, non si sono lasciati vincere dall’isolamento a cui sono stati costretti e hanno preso la parola per amore della verità e della libertà di ogni uomo e di tutti gli uomini.

In situazioni e in modi diversi sono stati profeti.

Al confronto tra l’esperienza spirituale dei tre testimoni e annunciatori della presenza di Dio è dedicato il libro “Il profeta e la crisi” (Amazon 2020) che riprende la dissertazione per il dottorato di don Mauro Manganozzi nell’Istituto di spiritualità della Facoltà di teologia della Pontificia Università Gregoriana.

Nelle esperienze drammatiche del nostro tempo, a partire da quella causata dalla pandemia, le testimonianze di Geremia, Jägerstätter e Bonhoeffer diventano messaggi di sorprendente attualità nel loro calarsi nella sofferenza senza dissolversi in essa.

Si può leggere nelle tre storie l’accoglienza della parola di Dio come incontro con una persona viva, come una relazione che conoscerà il lamento e la lode, l’allontanamento e il ritorno, il pianto e la consolazione.

Una così straordinaria esperienza deve essere comunicata al mondo, non può essere tenuta nascosta perché significherebbe togliere la parola a Dio e privare l’uomo dell’unica alleanza che dona alla vita il sapore di Dio.

Il profeta è un comunicatore e come tale si apre agli altri. «Für die Welt da sein», “essere per il mondo”, era scritto nel biglietto che la Gestapo aveva trovato sul tavolo di Bonhoeffer prima dell’arresto.

Seguendo la vicenda di Geremia si comprende come la vocazione profetica, a partire dalle pagine della Bibbia, sappia scrivere pagine per ogni tempo. Grazie alla conoscenza dei profeti biblici è dunque possibile attribuire l’identità profetica anche ad altri testimoni e annunciatori della Misericordia di Dio.

Tra questi sono coloro che hanno saputo interpretare in modo efficace i segni dei tempi, le persone che hanno dato la propria vita per gli altri, le persone che, come i santi o i martiri, hanno fatto l’una e l’altra cosa maturando una visione del divenire storico legata in modo del tutto speciale alla parola di Dio.

Persone che hanno guardato e guardano l’umanità e il mondo con gli occhi di Dio.

L’autore, parroco di Nostra Signora di Lourdes a Tor Marancia in diocesi di Roma, ha così posto a confronto l’esperienza di Geremia con quelle di Bonhoeffer e Jägerstätter che per la loro dichiarata fedeltà a Dio e all’uomo furono l’uno impiccato (9 aprile 1945) e l’altro ghigliottinato (9 agosto 1945).

«Essere di Cristo vuol dire essere per gli altri»: l’inscindibile binomio ha guidato le scelte maturate nella coscienza di un cristiano evangelico e in quella di un cristiano cattolico consentendo di parlare anche di un “ecumenismo del sangue”, della comune testimonianza ai piedi della Croce, del comune messaggio della Risurrezione.

Bonhoeffer e Jägerstätter dicono che la profezia è una missione a cui sono chiamati quanti si pongono in ascolto della Parola e la traducono nella loro vita, nel loro pensiero, nelle loro opere. Può essere profeta l’umile contadino che si fa obiettore di coscienza al servizio militare sotto le bandiere naziste e non teme di rimanere solo di fronte alla morte. Può essere profeta l’umile intellettuale quando bussa alla porta della coscienza di un popolo sapendo che verrà ucciso per il suo atto di amore alla Verità.

L’umiltà accompagna il profeta nel suo spendersi per l’uomo che cerca il senso ultimo della vita quando tutto sembra aver perso senso.

Geremia, Bonhoeffer, Jägerstätter sentivano con trepidazione che Dio stava parlando agli uomini attraverso di loro, sapevano di essere strumenti nelle sue mani, di essere suoi portavoce dentro la crisi, la sofferenza e lo smarrimento.

Dal confronto delle loro esperienze spirituali scaturisce un’immagine: il profeta tocca il mantello del Signore che passa, è certo che il Signore si fermerà, lo guarderà negli occhi e gli parlerà. Il profeta racconta questo incontro e dice che il Signore, con il suo mantello, passa ogni giorno sulle strade dell’uomo.

di Paolo Bustaffa