La settimana di Papa Francesco

Il magistero

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01 aprile 2021

Venerdì 25


Splendore della Luce eterna

Il Verbo di Dio prese carne dalla Vergine Maria quando Ella rispose “eccomi” all’annuncio dell’Angelo. Il giorno in cui la Liturgia celebra questo  Mistero è anche  significativo per la vicenda del poeta Dante Alighieri, profeta di speranza e testimone della sete di infinito insita nel cuore dell’uomo. Il 25 marzo, infatti, a Firenze iniziava l’anno secondo il computo ab Incarnatione... data, vicina all’equinozio di primavera e nella prospettiva pasquale, associata sia alla creazione del mondo sia alla redenzione operata da Cristo sulla croce, inizio della nuova creazione. Essa invita a contemplare il disegno d’amore che è  la fonte ispiratrice dell’opera più celebre del Poeta, la Divina Commedia, nella cui ultima cantica l’evento dell’Incarnazione viene ricordato da San Bernardo.

Le parole dei Pontefici dell’ultimo secolo

Benedetto XV commemorava l’anniversario dantesco sia con una  Enciclica, sia promuovendo lavori di restauro alla chiesa ravennate di San Pietro Maggiore, popolarmente chiamata di San Francesco, dove furono celebrate le esequie dell’Alighieri e nella cui area cimiteriale egli fu sepolto.
Nel 1965 diversi interventi di San Paolo vi . Il 19 settembre, fece dono di una croce dorata per arricchire il tempietto ravennate che custodisce il sepolcro di Dante... Il 14 novembre inviò a Firenze, affinché fosse incastonata nel Battistero di San Giovanni, un’aurea corona d’alloro. Infine, alla conclusione dei lavori del Vaticano ii,  volle donare ai Padri Conciliari un’artistica edizione della Divina Commedia. Ma soprattutto onorò la memoria del Sommo Poeta con la Lettera Apostolica Altissimi cantus.
San Giovanni Paolo ii  più volte nei suoi discorsi ha ripreso le opere del Sommo Poeta, [come il] 30 maggio 1985 all’inaugurazione della mostra Dante in Vaticano.
Benedetto xvi  ha spesso riproposto l’itinerario dantesco, attingendo dalle sue opere spunti di riflessione e di meditazione. Nella sua prima Enciclica Deus caritas est, partiva  dalla visione di Dio in cui «luce e amore sono una cosa sola» per  una riflessione sulla novità dell’opera di Dante.
Da parte mia, nella prima Enciclica, Lumen fidei, ho fatto riferimento a Dante per esprimere la luce della fede, citando un verso del Paradiso in cui essa è descritta come «favilla, / che si dilata in fiamma poi vivace, / e come stella in cielo in me scintilla» (Par.xxiv , 145-147).
Per i 750 anni dalla nascita, ho voluto onorare la sua memoria con un messaggio. Infine, ricevendo il 10 ottobre 2020 la Delegazione dell’Arcidiocesi di Ravenna-Cervia in occasione dell’apertura dell’Anno Dantesco, osservavo come l’opera di Dante possa anche oggi arricchire la mente e il cuore di tanti, specie giovani.

La sua vita paradigma dell’umana condizione

Dante, riflettendo profondamente sulla sua personale situazione di esilio, di incertezza radicale, di fragilità, di mobilità continua, la trasforma, sublimandola, in un paradigma della condizione umana. Ci imbattiamo in due temi fondamentali di tutta l’opera: il punto di partenza di ogni itinerario esistenziale, il desiderio, insito nell’animo umano, e il punto di arrivo, la felicità, data dalla visione dell’Amore.

Profeta di speranza

Dante esule, pellegrino, fragile, ma forte della profonda e intima esperienza che lo ha trasformato, rinato grazie alla visione che dalle profondità degli inferi, dalla condizione umana più degradata, lo ha innalzato alla visione stessa di Dio, si erge a messaggero di una nuova esistenza, a profeta di una nuova umanità che anela alla pace e alla felicità.

Tre donne

Maria, la Madre di Dio, figura della carità; Beatrice, simbolo di speranza; Santa Lucia, immagine della fede.

Lo sposo di Madonna Povertà

C’è una profonda sintonia tra San Francesco e Dante. Il primo uscì dal chiostro, andò tra la gente, predicando al popolo.
Il secondo fece la scelta di usare per il grande poema dell’aldilà la lingua di tutti e popolando il suo racconto di personaggi noti e meno noti, ma  uguali in dignità ai potenti della terra.

Accoglierne la testimonianza

Egli non ci chiede di essere semplicemente letto, commentato, studiato, analizzato. Chiede piuttosto di essere ascoltato, imitato, di farci suoi compagni di viaggio, perché anche oggi egli vuole mostrarci quale sia l’itinerario verso la felicità, superando le selve oscure in cui perdiamo l’orientamento e la dignità.
È importante che l’opera dantesca sia fatta conoscere ancor di più [e] resa accessibile e attraente non solo a studenti e studiosi, ma anche a tutti coloro che, ansiosi di rispondere alle domande interiori, vogliono vivere il proprio itinerario  di fede in maniera consapevole, accogliendo  con gratitudine il dono e l’impegno della libertà.
Mi congratulo con gli insegnanti che sono capaci di comunicare con passione il messaggio di Dante, di introdurre al tesoro culturale, religioso e morale contenuto nelle sue opere.
Tuttavia questo patrimonio chiede di essere reso accessibile al di là delle aule scolastiche e universitarie.
Esorto le comunità cristiane, soprattutto quelle presenti nelle città che conservano le memorie dantesche, le istituzioni accademiche, le associazioni e i movimenti culturali, a promuovere iniziative volte alla conoscenza e alla diffusione del messaggio dantesco nella sua pienezza.
Incoraggio in maniera particolare gli artisti a dare voce, volto e cuore, a dare forma, colore e suono alla poesia di Dante, lungo la via della bellezza, che egli percorse magistralmente, e così comunicare le verità più profonde e diffondere, con i linguaggi propri dell’arte, messaggi di pace, di libertà, di fraternità.
In questo particolare momento segnato da ombre, da situazioni che degradano, da una mancanza di fiducia e di prospettive, Dante può ancora donarci parole ed esempi che danno slancio al nostro cammino.
Può aiutarci ad avanzare con serenità e coraggio nel pellegrinaggio della vita e della fede, finché il nostro cuore non avrà trovato la vera pace e la vera gioia, finché non arriveremo alla meta ultima, «l’amor che move il sole e l’altre stelle».

(Lettera apostolica «Candor Lucis aeternae»
nel VII Centenario della morte di Dante Alighieri)


Sabato 27


Assoluta trasparenza nelle attività economiche e finanziarie

È il secondo anno consecutivo in cui partecipo all’apertura dell’anno giudiziario. Mi anima un sentimento di riconoscenza; so quanto sia impegnativa l’attività che svolgete per favorire l’ordine delle relazioni interpersonali e sociali, che trovano equilibrio nella giustizia.Le modifiche normative [che] hanno caratterizzato l’ordinamento vaticano negli ultimi anni potranno trarre più proficua incisività nella misura in cui verranno accompagnate da ulteriori riforme in ambito penale, soprattutto per il contrasto e la repressione dei reati finanziari, e dal rendere più agevole e spedita la cooperazione internazionale tra organi investigativi vaticani e omologhi istituti di altre nazioni.Appare indilazionabile introdurre più incisive forme di cooperazione, così come viene sollecitato da Istituzioni di vigilanza dei mercati finanziari internazionali. Esorto tutti, affinché le iniziative  e quelle da assumere per l’assoluta trasparenza delle attività istituzionali dello Stato vaticano... siano sempre ispirate ai principi fondanti della vita ecclesiale e tengano debito conto dei parametri e delle “buone pratiche” correnti a livello internazionale, e appaiano esemplari.Tutti gli operatori  e  i titolari di incarichi istituzionali tengano una condotta che, mentre denota un fattivo ravvedimento riguardo al passato, sia anche irreprensibile ed esemplare per il presente e il futuro.

Niente privilegi nei processi: tutti i membri della Chiesa hanno pari  dignità

Bisognerà tenere conto della prioritaria esigenza che — anche mediante opportune modifiche normative — nel sistema processuale vigente emerga l’uguaglianza tra tutti i membri della Chiesa e la loro pari dignità e posizione, senza privilegi risalenti nel tempo e non più consoni alle responsabilità che a ciascuno competono.
Siamo chiamati a testimoniare, concretamente  l’immenso patrimonio di valori che caratterizza la missione della Chiesa, soprattutto nei momenti di crisi come quello attuale.
Con il vostro lavoro nascosto e paziente, offrite un buon esempio di ciò che la Chiesa insegna nel suo magistero sociale.
Invito  a non temere di perdere tempo dedicandone in abbondanza alla preghiera... Solo in essa, noi attingiamo da Dio, quella serenità interiore che permette di adempiere i nostri doveri con magnanimità, equità, lungimiranza.

(Per l’inaugurazione del 92° anno giudiziario
del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano)


Domenica 28


Dalla Croce la grazia dello stupore

Ogni anno la Liturgia delle Palme suscita in noi un atteggiamento di stupore: passiamo dalla gioia di accogliere Gesù che entra in Gerusalemme al dolore di vederlo condannato a morte e crocifisso.
Che cosa accadde a quella gente, che in pochi giorni passò dall’osannare Gesù al gridare “crocifiggilo”? Quelle persone seguivano più un’immagine di Messia... Ammiravano Gesù, ma non erano pronte a lasciarsi stupire da Lui.
Lo stupore è diverso dall’ammirazione, [che] può essere mondana, perché ricerca i propri gusti e le proprie attese. Lo stupore, invece, rimane aperto all’altro. Occorre lasciarsi mettere in discussione da Gesù: passare dall’ammirazione allo stupore.
Lui giunge alla gloria per la via dell’umiliazione. Trionfa accogliendo il dolore e la morte, che noi, succubi dell’ammirazione e del successo, eviteremmo.
Gesù sale sulla croce per scendere nella nostra sofferenza. Prova i nostri stati d’animo peggiori: fallimento, rifiuto di tutti,  tradimento. Sperimenta  le nostre contraddizioni più laceranti.
Il suo amore si avvicina alle nostre fragilità, arriva dove ci vergogniamo di più. E ora sappiamo di non essere soli.
Dio vince, ma la palma della vittoria passa per il legno della croce. Perciò le palme e la croce stanno insieme.

(Celebrazione della Domenica delle Palme
e della Passione del Signore)

Preghiera per le vittime dell’attentato in Indonesia

Per la seconda volta viviamo la Settimana Santa nel contesto della pandemia. L’anno scorso eravamo più scioccati, quest’anno siamo più provati. E la crisi economica è diventata pesante.
[Anche] in questa situazione Gesù prende la croce, si fa carico del male: fisico, psicologico e soprattutto spirituale, perché il Maligno approfitta delle crisi per seminare sfiducia e disperazione.
E noi cosa dobbiamo fare? Ce lo mostra  Maria... [che] ha seguito il Figlio. Ha preso la propria parte di sofferenza, di buio e ha percorso la strada della passione custodendo accesa la lampada della fede.
Anche noi possiamo fare questo cammino. Lungo la via crucis quotidiana incontriamo i volti di tanti fratelli e sorelle in difficoltà: non passiamo oltre,  avviciniamoci.
Come il Cireneo, potremo pensare: “Perché proprio io?”. Ma poi scopriremo il dono che ci è toccato.
Preghiamo per le vittime della violenza, in particolare quelle dell’attentato in Indonesia, davanti alla Cattedrale di Makassar.

(Angelus al termine della messa)


Mercoledì 31


Catechesi sul Triduo pasquale

Immersi nel clima spirituale della Settimana Santa, siamo alla vigilia del Triduo pasquale.
Il mistero della Passione, Morte e Risurrezione del Signore... lo viviamo ogni volta che celebriamo l’Eucaristia.
Quando andiamo a Messa, non andiamo solo a pregare: andiamo a rinnovare il mistero pasquale. È come se noi andassimo al Calvario.
La sera del Giovedì Santo, entrando nel Triduo pasquale, [c’è] la Messa che si dice in Coena Domini,  dove si commemora l’Ultima Cena, quanto avvenne lì, in quel momento... la sera in cui Cristo ha lasciato il testamento del suo amore nell’Eucaristia, ma non come ricordo, ma come memoriale, come sua presenza perenne.
È la sera in cui Egli ci chiede di amarci facendoci servi gli uni degli altri, come ha fatto Lui lavando i piedi dei discepoli.
Un gesto che anticipa l’oblazione cruenta sulla croce. E infatti il Maestro e Signore morirà il giorno dopo per rendere mondi non i piedi, ma i cuori e l’intera vita dei suoi discepoli.
Con quel servizio del suo sacrificio ci ha redenti tutti.
Il Venerdì Santo è giorno di penitenza, di digiuno e di preghiera... Ci sarà presentato il Crocifisso da adorare.

Malati, poveri e scartati i crocifissi del nostro tempo

Porteremo nella mente e nel cuore le sofferenze dei malati, dei poveri, degli scartati di questo mondo; ricorderemo gli “agnelli immolati” vittime innocenti delle guerre, delle dittature, delle violenze quotidiane, degli aborti.
Porteremo, nella preghiera, i tanti, troppi crocifissi di oggi, che solo da Lui possono ricevere il conforto e il senso del loro patire.
Quando Gesù ha preso su di sé le piaghe dell’umanità e la stessa morte, l’amore di Dio ha irrigato [i] nostri deserti, ha illuminato [le] nostre tenebre.
Facciamo un elenco di tutte le guerre che si stanno combattendo; di tutti i bambini che muoiono di fame... che non hanno educazione; di popoli interi distrutti dalle guerre, dal terrorismo.
Di tanta gente che per sentirsi un po’ meglio ha bisogno  dell’industria della droga che uccide...

Nell’abisso della sofferenza

Ci sono piccole “isole” del popolo di Dio, sia cristiano sia di qualsiasi altra fede, che conservano nel cuore la voglia di essere migliori. Ma  in questo Calvario di morte, è Gesù che soffre nei suoi discepoli. Nell’ora del supremo Sacrificio sulla croce, porta a compimento l’opera affidatagli dal Padre: entra nell’abisso della sofferenza, entra in queste calamità di questo mondo, per redimere e trasformare. E  per liberare ognuno di noi  dalla superbia, dalla resistenza a essere amati da DioGrazie a Lui, abbandonato sulla croce, mai più nessuno è solo nel buio della morte. Mai, Lui è sempre accanto: bisogna soltanto aprire il cuore e lasciarsi guardare.Il Sabato Santo è il giorno del silenzio: un grande silenzio vissuto nel pianto e nello smarrimento dai primi discepoli, sconvolti dalla morte ignominiosa di Gesù. Mentre il Verbo tace, mentre la Vita è nel sepolcro, coloro che avevano sperato in Lui sono messi a dura prova, si sentono orfani. Questo è anche il giorno di Maria: [che] lo vive nel pianto, ma il suo cuore è pieno di fede,  di speranza,  d’amore. La Madre aveva seguito il Figlio lungo la via dolorosa ed era rimasta ai piedi della croce, con l’anima trafitta. Ma quando tutto sembra finito, lei veglia nell’attesa, custodendo la speranza nella promessa di Dio. Così, nell’ora più buia del mondo, è diventata Madre dei credenti, Madre della Chiesa. La sua testimonianza e la sua intercessione ci sostengono quando il peso della croce diventa troppo pesante. Nelle tenebre del Sabato santo irromperanno la gioia e la luce con i riti della Veglia pasquale e, in tarda serata, il canto festoso dell’Alleluia. Sarà l’incontro nella fede con Cristo risorto e la gioia pasquale si prolungherà per tutti cinquanta giorni, fino alla venuta dello Spirito Santo. Colui che era stato crocifisso è risorto! Tutte le domande e le incertezze, le esitazioni e le paure sono fugate. Il Risorto ci dà la certezza che il bene trionfa sempre sul male, che la vita vince sempre la morte e la nostra fine non è scendere sempre più in basso, di tristezza in tristezza, ma salire in alto. Gesù ha ragione in tutto: nel prometterci la vita oltre la morte e il perdono oltre i peccati.

Apostola della risurrezione

La prima a credere e a vedere è stata Maria Maddalena,  l’apostola della risurrezione. E poi, tutti i discepoli l’hanno visto. Ma le guardie, i soldati, che erano nel sepolcro per non lasciare che venissero i discepoli e prendessero il corpo, lo hanno visto vivo e risorto. I nemici lo hanno visto, e poi hanno fatto finta di non averlo visto. Perché? Perché sono stati pagati... Il denaro ha fatto cambiare la realtà. Avevano visto la meraviglia della risurrezione, ma sono stati pagati per tacere. Pensiamo alle tante volte che uomini e donne cristiani sono stati pagati per non riconoscere nella pratica la risurrezione di Cristo.Anche quest’anno vivremo le celebrazioni pasquali nel contesto della pandemia. In tante situazioni di sofferenza, specialmente quando a patirle sono persone, famiglie e popolazioni già provate da povertà, calamità o conflitti, la Croce di Cristo è come un faro che indica il porto alle navi ancora al largo nel mare in tempesta. La Croce di Cristo è il segno della speranza che non delude; e ci dice che nemmeno una lacrima, nemmeno un gemito vanno perduti nel disegno di salvezza di Dio. Chiediamo al Signore che ci dia la grazia di servirLo e di riconoscerLo e di non lasciarci pagare per dimenticarLo.

(Udienza generale)