La Cantata di Nicola Piovani a Madrid

Scheggia di luce
per una festa collettiva

Foto  Virginia Farneti / LaPresse
21-04-2011 Roma
Spettacolo
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24 marzo 2021

Nel giorno dedicato a Dante fiorisce la grande arte di Nicola Piovani, compositore, pianista, direttore d’orchestra, premio Oscar e autore di musiche indimenticabili, che propone La Vita nova. Cantata per voce recitante, soprano e piccola orchestra ispirata all’omonima opera di Dante. La Cantata, che debuttò al Ravenna Festival nel 2015, un commosso elogio de «L’amor che move il sole e l’altre stelle» come recita il verso conclusivo del poema dantesco, sarà eseguita a Madrid per iniziativa dell’Istituto italiano di cultura con la direzione dello stesso Piovani, Valentina Varriale soprano, Matteo Gatta voce recitante e gli strumentisti della Fundación Orquesta y Coro de la Comunidad de Madrid (Orcam).

Bella l’idea di un’esecuzione europea che rende questo giorno una vera festa collettiva nel ricordo di un anniversario, 700 anni dalla morte, che è un tempo segnato più dalla sua presenza che dalla sua assenza. Dante è riuscito infatti a uscire non solo dai confini dell’Italia, ma dal chiuso delle aule scolastiche e dei manuali e soprattutto dagli steccati, rassicuranti ma stretti, in cui si muove chi conquista la definizione di classico, che garantisce la sopravvivenza ma non sempre il ricordo, per entrare nel cuore, nella memoria e nella lingua di tanti.

Le parole e le espressioni di conio o di uso dantesco sono quotidianamente nella bocca di molti, anche dei giovanissimi, come un lessico familiare di cui si è perduta la paternità ma che con forza si tramanda da una generazione all’altra, nel segno di un legame affettivo e di appartenenza.

Intrecciare musica e parole fuori degli spazi consolidati del melodramma, dell’opera lirica, dell’operetta, non è mai impresa facile. Se poi le parole appartengono a Dante l’impresa è ancora più ardua. Il timore che nasce dalla sua grandezza ha da sempre tenuto lontano i musicisti. Dopo una breve fortuna cinquecentesca, la musica riscopre Dante all’indomani dell’Unità d’Italia per la forza morale e il valore educativo dei suoi versi che potevano contribuire alla formazione di un’identità nazionale. Da allora i musicisti, quando hanno trovato il coraggio di metterlo in musica, si sono di preferenza concentrati su tratti parziali — episodi o personaggi — della Commedia privilegiando al suo interno l’Inferno, a lungo ritenuta la più poetica delle tre cantiche.

«Non riesco a immaginare di mettere in canto i versi di Dante — dice Piovani — perché sono musica e in quanto tali intoccabili». Dalla fedeltà a questa convinzione nasce una partitura che è una straordinaria invenzione, fatta di una musica che racconta e di una parola che canta. La scelta di Piovani, felicissima e in controtendenza, cade su la Vita nova, l’opera d’esordio di un giovane Dante, costruita sull’esile trama dell’innamoramento per Beatrice fino alla perdita della donna amata. In questo che è il primo prosimetro, cioè un insieme di prosa e di versi, della nostra letteratura, Beatrice appartiene ancora al tempo e non all’eternità, non è la presenza salvifica della Commedia ma è per Dante la scoperta dell’amore. È nella memoria di questo legame amoroso che Beatrice sarà la sola nel poema a rivolgersi a Dante con tono confidente e affettuoso chiamandolo per nome, «Dante, perché Virgilio se ne vada» (Purgatorio, xxx , 55) mentre Dante, come osserva Luca Serianni, pronuncia un verso «Conosco i segni dell’antica fiamma» (Purgatorio, xxx , 48) «carico di risonanze» che rimanda all’esperienza amorosa della sua giovinezza.

Pochissimi i precedenti di messa in musica della Vita nova. Tra questi una cantata di timbro epico di Ermanno Wolf-Ferrari, un sonetto musicato da Ciro Pinsuti e un delicato omaggio per voce e pianoforte di quel raffinato compositore che fu Mario Castelnuovo - Tedesco, costretto all’esilio dalle leggi razziali del regime fascista.

L’ammirazione per la poesia di Dante, scoperta da adulto grazie anche al trascinante entusiasmo di Roberto Benigni, l’invaghimento per un’opera capace ancora di suscitare una forte commozione, lo stupore di fronte al meraviglioso racconto di un innamoramento, uno stato d’animo che mantiene sempre un’intensità adolescente e che dà la gioia di stare al mondo, tutto questo diventa per lo straordinario e versatile talento di Piovani una dichiarazione d’amore in musica, una magica alchimia in forma di cantata. Il piccolo organico orchestrale esalta la cantabilità dei singoli strumenti (un’incantata arpa e uno struggente flauto traverso tra gli altri); la musica strumentale conduce da una poesia all’altra, proprio come la prosa che nel testo, oltre a dare cadenza di storia alla vicenda, svolge la funzione di raccordo tra i versi; i sonetti sono incastonati nella partitura e affidati alla voce recitante su sfondi musicali fissi o con pause musicali; vengono messi in canto solo i versi in forma di ballata e di canzone e quindi già destinati alla musica; i vocalizzi del soprano traducono in modo suggestivo dapprima i sospiri quindi i lamenti d’amore. E poi lo stupendo finale con un Requiem sconsolato ma di trattenuta drammaticità, dove la rarefazione sonora conduce a un ultimo suggestivo pianissimo come se non ci fosse approdo al silenzio, solo la voce sempre più lieve di parole e note preziose che restano sospese nell’aria, in perfetta sintonia con le ultime battute del libro che rinuncia a una conclusione per farsi preludio della Commedia.

«Ho scritto questa Cantata — racconta Piovani — con il desiderio di mettere nei pentagrammi di una partitura qualche scheggia della luce che la lettura della Vita nova ha acceso nel mio animo». Piovani ha avvolto di luce le parole di Dante nello splendore della sua musica, ma ha fatto anche di più. Proseguendo nella ricerca avviata fin dal 1990 con la Compagnia della Luna e il sodalizio con quel grande poeta che è stato Vincenzo Cerami, conferma la sua freschezza di innovatore alla ricerca di forme ancora inesplorate dove intrecciare la parola alla musica.

«Sommamente — scriveva Boccaccio nel commosso ritratto del poeta che aveva amato tutta la vita — si dilettò in suoni e canti nella sua giovinezza e a ciascuno che a quei tempi era ottimo cantatore e sonatore fu amico». Se Dante ascoltasse questa Cantata inviterebbe Piovani a far parte di quella brigatella cortese con cui condividere “per incantamento” un sogno di amicizia e la gioia del trovarsi insieme.

di Francesca Romana de’ Angelis