Il confine tra Cile e Bolivia diventa il fulcro di una nuova crisi migratoria

Colchane ultima frontiera

Migranti al confine tra Bolivia e Cile
20 marzo 2021

In Cile esiste una crisi migratoria. Nell’ultimo anno, nonostante il Covid e le difficoltà relative alla gestione sanitaria ed economica, il flusso di migranti che giornalmente hanno attraversato il confine con la Bolivia hanno fatto precipitare la situazione delle comunità locali. In particolare, la cittadina più sotto pressione è quella di Colchane, sull’altopiano andino, dove nel solo mese di gennaio di quest’anno sono arrivati più di duemila immigrati irregolari, in maggioranza provenienti dal Venezuela, ma anche da Cuba e dalla Bolivia, secondo le stime riportate dal Guardian.

Per il Paese sudamericano, che nel corso di questi ultimi anni ha accolto quasi mezzo milione di rifugiati venezuelani, l’ultima misura intrapresa è stata quella dell’espulsione di cento migranti a febbraio, dopo la notizia che tre persone sono morte sull’altopiano poco prima di raggiungere il confine. Tra di loro vi era anche un bimbo di pochi mesi. Alle misure di espulsione si sono succedute misure di rafforzamento dei controlli al confine nella zona di Colchane. Il Ministro degli Interni cileno Delgado, in visita al piccolo comune andino un mese fa, ha fatto appello ai paesi vicini perché si possa risolvere al più presto la crisi dei migranti venezuelani, che lui stesso ha ammesso, «si è trasformata in una crisi regionale».

Molte Ong, tra le quali Amnesty International, hanno criticato il Governo cileno per le misure prese nella gestione di questa crisi, che da molti viene definita “umanitaria”. In particolare, le Ong hanno criticato le misure di contenimento ai flussi ed hanno fatto pressione perché in questo periodo vengano aperte nuove strutture nel Paese per l’accoglienza. Nonostante le misure prese e le nuove regole imposte negli ultimi giorni per la quarantena, che molti attivisti considerano solo una scusa per bloccare e poi espellere chi varca il confine, il flusso non è destinato a scemare. Analogamente ad ogni altra crisi migratoria, il flusso si è già spostato su altri punti del confine.

La crisi ora in atto in Cile è a tratti analoga a quella dei migranti nel Mediterraneo. Se nel raggiungere l’Europa l’acqua è il principale nemico e ostacolo da affrontare, sulle Ande è ciò di cui hanno più bisogno per attraversare gli aridi altipiani, che devono essere superati a piedi o, quando possibile su mezzi di trasporto più stabili di un barcone. Se richiusi nei centri di detenzione in Libia i migranti soffrono per l’affollamento, il caldo e i soprusi alla mercé dei loro aguzzini, in Sudamerica i migranti venezuelani combattono la solitudine, il freddo e la totale indifferenza dei veicoli guidati dai passanti, che preferiscono aiutare cileni o boliviani ma non loro. E poi la piccola comunità di Colchane, che come Lampedusa in Italia è la prima ad affrontare questa situazione. Altopiano andino e Mar Mediterraneo, due luoghi così distanti, due facce della stessa medaglia.

di Cosimo Graziani