Un alloggio dignitoso
Nessuna battuta d’arresto per la Church of England nel suo impegno a favore delle vittime della crisi abitativa nel Regno Unito, uno «scandalo nazionale» che riguarda ben otto milioni di persone nel paese: lo dimostra il recente rapporto pubblicato dalla Commissione episcopale per l’edilizia «in un momento critico» segnato da un «ambiente peggiorato dalla pandemia», nel quale vengono formulate alcune raccomandazioni, a cominciare dalla messa a disposizione del patrimonio immobiliare della Chiesa per l’edificazione di case a prezzo contenuto. «La pandemia di covid-19 ci ha fatto capire quanto siano vitali le nostre case per la nostra salute e il nostro benessere, e ha evidenziato il legame tra cattive condizioni abitative, etnia, povertà e salute. Ha dimostrato anche chiaramente che l’alloggio è una questione di giustizia sociale e uguaglianza», affermano gli arcivescovi di Canterbury, Justin Welby, e di York, Stephen Cottrell, nell’introduzione del documento intitolato Coming Home.
Incoraggiando le diocesi e le parrocchie a «sentirsi più profondamente coinvolte nel miglioramento delle condizioni abitative locali e nel costruire comunità», il rapporto presenta alcuni esempi di azioni a lungo termine pensate dalla Chiesa d’Inghilterra per sviluppare un alloggio «durevole, sicuro, stabile, gradevole e soddisfacente», mentre le iniziative intraprese dai governi che si sono susseguiti hanno invece privilegiato soluzioni a breve termine.
Come detto, uno dei progetti principali consiste nel mettere a disposizione terre appartenenti alla Chiesa al fine di edificare alloggi a destinazione di categorie della popolazione meno agiate. «Abbiamo bisogno di case a prezzo veramente conveniente — commentano Welby e Cottrell nel loro messaggio — ma anche di comunità più forti di cui le persone possono essere orgogliose, dove si possono sentire al sicuro e accolte, radicarsi e svilupparsi». Secondo il rapporto della commissione, la Church of England possiede circa 81.000 ettari di terra, gestiti da 42 diocesi e 12.500 parrocchie. Gran parte di questa superficie non è adatta allo sviluppo edilizio, ma un esercizio di mappatura svolto dall’organismo ecclesiale ha stabilito che rimane tuttavia una percentuale significativa che potrebbe essere utilizzata per costruire alloggi a prezzi accessibili.
Il patrimonio immobiliare della Comunione anglicana include, in Inghilterra, terreni adatti per la realizzazione di 28.500 nuove case. Si prevede che circa 8.600 abitazioni potrebbero essere accessibili a condizioni vantaggiose. Ma al di là della costruzione di case, qualunque progetto dovrà favorire «un approccio olistico in grado di creare a lungo termine comunità unite da un forte senso di appartenenza e dove le persone possano prosperare», indica la commissione, che si impegna a collaborare strettamente con i promotori dei programmi edilizi. Particolare attenzione sarà concentrata sugli aspetti sociali e ambientali di tali progetti. A livello nazionale, affermano i due presuli, spetta anche alla Housing Commission di intensificare il dialogo con le autorità britanniche al fine di incoraggiare il governo a sviluppare strategie abitative a lungo termine, coinvolgendo tutti gli attori: istituzioni locali, associazioni, proprietari terrieri. «Sono i più poveri ed emarginati a subire il peso della crisi abitativa, e questo cambierà solo se assumiamo la nostra responsabilità e se sosteniamo azioni collettive — dichiarano gli arcivescovi di Canterbury e di York — e, poiché abbiamo l’onore di introdurre questo rapporto, la nostra preghiera è che esso possa stimolare la creazione di case e comunità che consentano a tutti noi di vivere in buone condizioni e crescere insieme, in un contesto che rifletta l’amore di Dio verso noi in Gesù Cristo, luoghi in cui si possa veramente vivere in armonia gli uni con gli altri».
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