L’eredità di Shahbaz Bhatti a 10 anni dalla morte

Per i giovani del Pakistan

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02 marzo 2021

«Dobbiamo incoraggiare i nostri giovani a intraprendere studi superiori e a occuparsi di ricerca. Dobbiamo fare del nostro meglio per offrire alla nostra nazione una gioventù positiva e ricca di talenti. Dobbiamo essere fieri di mostrare al mondo il volto pacifico, promettente, splendente e sorridente dei nostri giovani. Pakistan Zindabad! (Viva il Pakistan!)». Queste parole pronunciate da Shahbaz Bhatti nel 2010, pochi mesi prima della sua morte, sono il leit-motiv delle celebrazioni del decimo anniversario della scomparsa del ministro cattolico per le minoranze religiose in Pakistan. Il 2 marzo 2011 Bhatti veniva freddato da un attentato terroristico a Islamabad che poneva fine in modo brutale al suo impegno politico, alla passione per l’umanità, all’autenticità evangelica di una vita vissuta per il regno di Dio. Oggi, 2 marzo 2021, a dieci anni da quel giorno tragico che ha segnato la storia del Paese, i giovani del Punjab si radunano a Khushpur, lì dove Bhatti è nato e dove riposano le sue spoglie mortali, per riflettere sull’eredità del ministro pakistano e per celebrare un santa messa in sua memoria, pregando perché ne sia ufficialmente riconosciuto il martirio. Don Emmanuel Parvez, parroco a Faisalabad e padre spirituale di Bhatti, chiamato a celebrare la messa nel piazzale antistante la cattedrale
del villaggio cattolico, così spiega a «L’Osservatore Romano» la giornata commemorativa: «Shahbaz aveva particolarmente a cuore il rapporto con i giovani. Sapeva che tanti erano attratti dalla droga, dalla violenza o dal fondamentalismo religioso. Nella sua vita, Shahbaz desiderava ispirare i giovani con l’ideale opposto, ricordando che Dio ha creato il mondo per amore e che tutti gli esseri umani sono fatti per vivere questo amore. È necessario partire dai giovani, pensava Shahbaz, per creare una cultura del rispetto reciproco e dell’armonia sociale in Pakistan, combattendo il pregiudizio e l’odio».

Oggi, prosegue il parroco, «la figura di Bhatti è preziosa fonte di ispirazione per i giovani del Pakistan; la sua onestà, la sua passione, la sua forza morale, la sua fede nutrita di carità e speranza, sono un patrimonio che sta a noi non disperdere e far fruttificare nell’odierna cornice sociale, politica e religiosa nella nazione». Bhatti intendeva unire giovani cristiani, musulmani e delle altre minoranze religiose «sviluppando in tutti la consapevolezza e l’orgoglio di essere cittadini del Pakistan, auspicando che tutti dessero il meglio di sé per lo sviluppo, il progresso e la gloria del Pakistan», spiega don Parvez. «La sua vita è stata spesa per la pace, l’amore, la verità, la giustizia e il patriottismo. In Pakistan abbiamo ancora bisogno di leader come lui», rimarca il parroco cattolico, ricordando un altro passo del discorso di Bhatti alla gioventù: «I nostri giovani sono immersi in un fuoco di brutalità e malvagità. I nostri giovani devono promuovere una cultura della gentilezza, della cura, della verità, della compassione, del servizio e del sacrificio. I nostri giovani non hanno bisogno di armi, ma di libri. Non dovrebbero essere spinti alla guerra o al suicidio, ma incoraggiati e istruiti alla cura amorevole del prossimo. Non devono essere condotti a distruggere, ma a proteggere e salvaguardare la vita».

A questo spirito, e in particolare alla sfida di promuovere l’istruzione per tutti, soprattutto per i ragazzi discriminati ed emarginati come quelli cristiani e indù, Shahbaz Bhatti dedicò le sue energie morali: «Portare avanti la sua battaglia, oggi significa garantire e realizzare l’accesso all’istruzione per tutti, diritto sancito nella Costituzione pakistana. Da qui si può partire per sconfiggere la cultura della violenza e il fanatismo», conclude don Parvez. Bhatti lo ha fatto nella sua modalità di uomo di preghiera e azione, mite e tenace insieme, che sempre si affidava all’azione dello Spirito santo e che ogni giorno si nutriva della Parola di Dio. La sua Bibbia oggi si trova nel “santuario dei nuovi martiri”, la basilica di San Bartolomeo sull’isola Tiberina, a Roma. Nella città santa la Comunità di Sant’Egidio lo commemora oggi nella basilica di Santa Maria in Trastevere, con un incontro di preghiera presieduto da monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone e presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso. L’esperienza dell’uomo artefice del dialogo e della pace, pronto alla difesa dei cristiani e di tutte le minoranze, viene ricordata non solo in Pakistan, ma anche in Europa, nelle Americhe, in Asia e Oceania.

di Paolo Affatato