Nasce dalla rielaborazione di una tesi di dottorato presentata e approvata nell’International Theological Institute di Trumau (Vienna), il libro Ancora fede sulla terra? (Nova millennium Romae, 2020, pp. 342, e 15) in cui monsignor Roberto De Odorico, prete romano con una lunga storia di educatore, in particolare di sacerdoti cattolici — è stato segretario generale della Pontificia università Lateranense e ora è rettore del Collegium Lateranense — approfondisce i “punti fermi” da recuperare e tenere sempre vivi per rendere possibile la fede nella modernità. Pubblichiamo quasi integralmente la prefazione al volume.
L’International Theological Institute è nato nel 1996 per iniziativa di san Giovanni Paolo
Il libro non nasce solo dalla erudizione accumulata attraverso la lettura dei libri ma anche (soprattutto?) dalla saggezza che nasce dalla lettura delle anime di tanti giovani accompagnati nel percorso della loro vocazione.
Don Luigi Giussani ha detto una volta (riprendendo una felice espressione di J.L. Jungmann) che l’educazione è l’introduzione nella realtà totale. I genitori introducono il figlio nel mondo che essi hanno conosciuto, gli consegnano la tradizione (tradizione, dal latino tradere significa l’atto del consegnare) dei valori e delle tecniche che nella loro vita hanno riconosciuto come veri. In questo modo il giovane entra nel suo personale cammino di ricerca della verità. Sarà un cammino lungo e accidentato perché passa per la tradizione di una famiglia e di una cultura, unica e irripetibile e però anche una delle tante che sono in cammino verso la verità dell’uomo. È un’introduzione nella realtà, ma possiamo dire che sia una introduzione alla realtà totale? Il cristianesimo è la pretesa che questa realtà totale ci sia venuta incontro, abbia preso l’iniziativa di farci entrare nel nocciolo più intimo della sua vita. Noi oggi spesso abbiamo perso la consapevolezza di quanto sia inconcepibile ed assurda questa pretesa. L’ateo che si ribella contro di essa è però forse più vicino ad intenderne il vero significato che non alcuni teologi che la annacquano riducendola ad un invito alla buona educazione e a un superficiale umanitarismo. È una pretesa assurda ma... se fosse vera introdurrebbe a un’avventura straordinaria, l’unica che veramente vale la pena di vivere. Don De Odorico ci dice che il sacerdote è un uomo che parla a partire da quella avventura, cioè [...] dalla familiarità con la persona di Cristo. Parla dentro il contesto di una cultura umana, e la prima parte del libro (come anche l’appendice) è dedicata a una rappresentazione e una critica della nostra cultura. La Parola di Dio entra nella situazione per assumerla, ma non ne rimane prigioniera. Al contrario la apre dall’interno, rompe le sue catene per introdurre alla realtà totale. Proprio come Gesù che può entrare nella casa di Zaccheo senza rimanerne prigioniero così il sacerdote può entrare nel cuore di una cultura per trascenderla verso la verità. Approfondendo questo tema, però, don De Odorico va oltre il tema del sacerdozio consacrato. Il sacerdote assume la identità comune del cristiano solo con una maggiore radicalità o, più esattamente, con una maggiore maturità (prete, dal greco presbyteros, vuol dire semplicemente più anziano, più avanti nel cammino della fede).
Trascendendo i limiti delle culture umane la fede al tempo stesso le salva dal cammino di involuzione e di dissoluzione a cui esse, abbandonate a sé stesse, sono condannate.
La proposta di questo libro si situa nell’orizzonte del concilio ecumenico Vaticano
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