L’Onu condanna le violenze dei militari sui manifestanti

Alta tensione
in Myanmar

A demonstrator takes part in a protest against the military coup in Yangon, Myanmar, February 22, ...
22 febbraio 2021

Anche oggi, decine di migliaia di persone sono scese in piazza in varie città del Myanmar per protestare contro il colpo di stato, sfidando la minaccia dei militari di usare «forza letale» per reprimere ciò che in un comunicato hanno definito come «anarchia». «I manifestanti stanno esortando le persone, in particolare adolescenti e giovani esaltati, a intraprendere la strada dello scontro, in cui periranno», recita il comunicato letto ieri sera sul canale televisivo pubblico Mrtv e sottotitolato in inglese. Il testo mette in guardia i manifestanti contro la tentazione di incitare la popolazione alla «rivolta e all’anarchia».

Nel frattempo, si è appreso che è salito ad almeno 5 il bilancio dei manifestanti rimasti uccisi nella repressione nel fine settimana, nel corso del quale una grande folla ha preso parte ai funerali della prima vittima, una ragazza di 21 anni, colpita alla testa da un proiettile sparato dalle forze di polizia. E un appello alla riconciliazione attraverso il dialogo è stato lanciato dalla Conferenza episcopale del Myanmar, in un documento firmato dai tutti i Vescovi delle 16 diocesi del Paese.

L’appello si rivolge «a quanti sono al potere perché si ritorni al dialogo», esprimendo dolore e profonda preoccupazione «per il sangue versato nelle strade» e per «i tristi e scoccanti eventi hanno portato tanta sofferenza alla nostra Nazione».

I Vescovi citano con amarezza «la scena dei giovani che muoiono per le strade», considerandola «una ferita» al Paese che «un tempo era una terra dell'oro». «Non lasciamo che il sacro suolo si bagni del sangue fraterno», chiedono i Presuli, auspicando che cessi «la tristezza de genitori che seppelliscono i propri figli».

Gli ultimi scontri sono avvenuti in un quartiere portuale di Mandalay, dopo che un migliaio di lavoratori avevano incrociato le braccia in un cantiere navale statale. Sul posto sono arrivati circa 500 membri delle forze di sicurezza, che hanno cercato di costringere gli scioperanti a tornare al lavoro. La tensione è cresciuta di ora in ora, con i lavoratori che costruivano barricate e la polizia che ha usato fionde, idranti, proiettili di gomma e infine proiettili veri contro la folla. Tre le vittime c’è anche un minorenne.

Testimoni e giornalisti sul posto hanno inoltre denunciato brutalità diffuse con arresti tra i numerosi feriti, spari di cecchini, e pezzi uncinati di metallo seminati sulla strada per ferire ai piedi i manifestanti, in gran parte in infradito.

Il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha condannato le violenze dei militari golpisti contro i dimostranti. «L'uso della forza letale, dell’intimidazione e delle violenze contro i manifestanti pacifici è inaccettabile», ha scritto Guterres in un tweet dal Palazzo di Vetro. «Ognuno — ha aggiunto — ha il diritto di protestare pacificamente. Faccio appello a tutti i partiti a rispettare i risultati delle elezioni e di tornare alle norme civili».

Il relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani in Myanmar, Tom Andrews, si è detto profondamente preoccupato per le minacce dei generali. «Avvertimento alla giunta militare: a differenza del 1988, le azioni delle forze di sicurezza vengono registrate e ne dovrete rendere conto», ha dichiarato. Gli ultimi accadimenti in Myanmar sono stati condannati «con fermezza» dall’Alto rappresentate per gli Affari esteri e la Sicurezza dell’Unione europea, Josep Borrell, che su Twitter ha esortato le forze di sicurezza ed i militari a «fermare immediatamente la violenza contro i civili», aggiungendo che la situazione nel Paese asiatico sarà discussa oggi in una riunione dei ministri degli Esteri dei 27, «per prendere le decisioni appropriate».