Multilateralismo

Il covid
e l’emergenza educativa

  Il covid  e l’emergenza educativa   QUO-041
19 febbraio 2021

Volendo stilare una graduatoria dei danni che il covid ha portato con sé, riservando doverosamente un posto a parte, al di fuori di ogni classifica, all’impatto socio-sanitario dei morti, dei malati gravi, al dolore di chi ha perso familiari o amici, certamente al primo posto c’è la chiusura delle scuole, per le gravi conseguenze non solo nell’immediato ma che si ripercuoteranno a lungo.

È ormai un anno che, in tutto il mondo, i ragazzi, tra chiusure totali e riaperture parziali, tra insegnamento a distanza e brevi rientri in presenza, stanno facendo i conti con lo stravolgimento della propria vita, che li ha privati della sicurezza che si vive in un’aula scolastica. Li ha allontanati tra loro, li ha costretti a vivere un rapporto con gli insegnanti a distanza, ha cancellato il bello delle gite scolastiche e addirittura l’emozione di “bigiare” la scuola. E gli effetti si fanno già sentire se gli psicologi lanciano l’allarme sui rischi per lo sviluppo e per il disagio diffuso tra i giovani dovuto alla mancanza di relazionalità. A livello mondiale, se prima della pandemia già più di 250 milioni di bambini non frequentavano la scuola, ora a causa della crisi da covid-19 l’Unesco stima che il numero aumenterà di almeno 24 milioni. Un danno educativo che si trasformerà in una penalizzazione lavorativa con una perdita economica certa.

La situazione è ancora più grave per gli studenti dei Paesi in via di sviluppo dove internet arriva poco e male o è troppo costoso e che quindi sono tagliati fuori da ogni possibilità di lezioni a distanza. «Prima della pandemia — ha sottolineato l’Unicef — eravamo preoccupati per la scarsa qualità dell’istruzione offerta ai bambini nei Paesi poveri e anche per le grandi diseguaglianze di opportunità di apprendimento. Oggi, il livello dell’istruzione si è ulteriormente abbassato, e l’aumento delle disuguaglianze di opportunità potrebbe essere catastrofico». Infine in un momento in cui la maggior parte dei ragazzi non frequenta la scuola, chiusa per il virus, viene meno anche quella protezione sociale che essa garantisce. Altre pandemie hanno infatti dimostrato che, una volta lasciata la scuola e entrati in attività lucranti, i bambini difficilmente tornano in aula. Così è stato per la pandemia di Ebola del 2014 in Africa occidentale, quando la maggioranza dei 5 milioni di bambini colpiti dalla chiusura delle scuole, non è mai più tornata in classe e sono invece aumentate le gravidanze adolescenziali e i casi di matrimonio infantile. Per questo «il compito di rilanciare il processo di apprendimento è estremamente urgente», ha sottolineato Jaime Saavedra, Direttore globale per l’istruzione della Banca mondiale. E sono sempre gli esperti della Banca mondiale a quantificare i danni della pandemia sull’economia globale, al secondo posto nella nostra “classifica di sciagure” da covid. Il virus, per la prima volta da decine di anni, ha spinto indietro lo sviluppo umano. La crisi ha alimentato la povertà, la fame, aumentato le disuguaglianze, e indebolito la protezione degli esseri umani. L’involuzione economica che la pandemia ha causato si è sommata ai danni della crisi iniziata nel 2008, da cui il mondo iniziava faticosamente a riprendersi.

Secondo i dati forniti dal Dipartimento per gli Affari economici e sociali delle Nazioni Unite, la crisi sanitaria da covid ha provocato una diminuzione dell’economia globale del 4,3%, più di due volte e mezzo rispetto alla crisi del 2008. Solo nel 2020 sono stati 255 milioni i posti di lavoro persi, con settori come quello del turismo o della ristorazione che hanno registrato un record di diminuzione pari a un quinto degli occupati. E a rimanere a casa non sono stati in misura equa sia uomini che donne, queste ultime hanno pagato molto di più il prezzo della pandemia. Hanno perso il lavoro il 5% delle donne contro il 3,9% degli uomini. Grave è anche la situazione che riguarda i giovani, vittime di un forte ritardo nell’ingresso nel mercato del lavoro.

Dunque, l’ultima edizione del World Economic Outlook della Banca Mondiale, avverte che senza interventi concreti e riforme che favoriscano gli investimenti, la ripresa rischia di essere modesta, l’attività economica rallentata e i redditi significativamente ridotti a livello globale per gli anni a venire. La priorità immediata quindi, oltre al controllo della diffusione del coronavirus e all’accelerazione delle campagne di immunizzazione di massa, è il sostegno alla ripresa economica. «Le sfide da affrontare sono ardue — avverte la Banca mondiale — è indispensabile migliorare il contesto imprenditoriale, aumentare la flessibilità del mercato del lavoro e migliorare la trasparenza e la governance. Senza riforme non ci sarà crescita equa e sostenibile».

In conclusione, elencati i danni provocati dal covid non resta che rimboccarsi le maniche e cominciare a ricostruire, ma da dove? Non c’è dubbio: dalla sanità. La pandemia una cosa ce l’ha insegnata e cioè l’importanza del servizio sanitario. È urgente riaprire le scuole in sicurezza, rilanciare l’economia, questa volta con una crescita realmente equa e sostenibile, e rafforzare la sanità perché la prossima epidemia non ci trovi di nuovo impreparati.

di Anna Lisa Antonucci