Ne «La fonte meravigliosa» di Ayn Rand

La sfida di Roark

Gary Cooper nei panni dell’architetto Howard Roark nel film tratto dal romanzo «La fonte meravigliosa» di Any Rand
16 febbraio 2021

Gli viene affidato il progetto di un grattacielo, a New York, che risponda ai classici paradigmi di costruzione. Ma Howard Roark, protagonista del romanzo di Ayn Rand La fonte meravigliosa (1943), non è d’accordo, e scalpita per seguire — dotato di un eccezionale talento — metodi inediti che garantiranno, ne è sicuro, un prodotto destinato al successo. Nel lavoro che gli è stato commissionato il giovane architetto riconosce la grande opportunità di affermare il suo genio. Ma sarà proprio quel grattacielo, cui vuole legare la sua fama, a fargli comprendere la grettezza e l’ostilità della comunità scientifica, ostinata nell’opporsi a qualsivoglia innovazione.

Intorno al progetto e alla costruzione del grattacielo Ayn Rand intesse una trama in cui sviluppa una filosofia di vita di cui Roark è incarnazione. Espulso dal dipartimento di architettura dello Stanton Institute of Technology perché non aderisce al rispetto della scuola per le convenzioni consolidate nella progettazione degli edifici, il protagonista si trasferisce a New York dove comincia a ricevere alcune commissioni. Ma in virtù del suo genio ribelle, è breve la permanenza nelle singole aziende, restie ciascuna a rompere con la tradizione dei protocolli architettonici e ad osare vie nuove. Roark si oppone a quelli che definisce second-handler, neologismo coniato da Any Rand e riferito ad una persona che si preoccupa principalmente di essere stimata dagli altri, a detrimento della propria personale visione del mondo. Questi soggetti includono l’ex compagno di classe di Rark, Peter Keating, che segue stili architettonici popolari, ma che poi si rivolge a Roark per un aiuto in caso di problemi di progettazione; Ellsworth Toohey, un critico di architettura che usa la propria influenza per promuovere la sua agenda politica e che cerca di distruggere la carriera del geniale architetto; l’amante di Roark, Dominique Francon, la quale crede che la non conformità alle regole sia destinata all’insuccesso e che quindi oscilla tra l’aiutare e lo screditare Roark.

Dopo un groviglio di vicissitudini, il protagonista verrà arrestato (aveva fatto esplodere una cava avendo scoperto che in sua assenza erano state apportate modifiche ai suoi progetti di costruzione). Segue un processo in cui Roark pronuncia uno strepitoso discorso sull’inestimabile dono del pensiero autonomo e sull’integrità: un’orazione in grande stile ispirata proprio a quel grattacielo sul quale l’architetto aveva investito il suo genio, la sua competenza e, soprattutto, il suo credo nel valore morale di una professione vissuta al servizio del progresso e del bene della collettività. Grazie ad una ferrea determinazione il protagonista riuscirà a piegare l’ostilità della retrograda comunità scientifica e, a suggello della sua vittoria, gli verrà confermata la commissione di quel grattacielo che servirà da «monumento alle conquiste dell’uomo e dell’umanità».

All’inizio il libro ebbe un’accoglienza tiepida. Quando poi, sei anni dopo, nel 1949, il divenne un film, il romanzo spiccò il volo, facendo registrare un altissimo numero di vendite (fu tradotto in otto lingue). Anche la pellicola riscosse il plauso sia della critica, sia del pubblico, sebbene qualche riserva fosse stata avanzata dai recensori del «New York Times» e del «Los Angeles Times». Nessuno comunque ebbe da obiettare sull’interpretazione di uno smagliante Gary Cooper nei panni di Howard Roark.

Dopo tanti anni dalla pubblicazione del romanzo, le vendite hanno continuato a seguire ritmi sostenuti. Sollecitata da un giornalista riguardo al sorprendente perdurante successo del libro, Ayn Rand citò, per formulare la migliore delle risposte, una frase di Victor Hugo: «Se uno scrittore dovesse scrivere solo per l’immediato presente, io spezzerei la mia penna e la getterei via».

di Gabriele Nicolò