«Sinagoghe italiane. Raccontate e disegnate» di Adam Smulevich e Pierfranco Fabris

Viaggio nella Penisola

Particolare di Ostia antica secondo una ricostruzione
09 febbraio 2021

Quarantadue scrigni di memoria 


C’è la storia, con date ed eventi da ricordare. E poi c’è l’architettura, la tradizione religiosa e culturale, il racconto aneddotico. Tutte voci attraverso cui vengono illustrate le sinagoghe degli ebrei presenti in Italia da oltre duemila anni. Quando furono costruite? Chi le progettò? Cosa c’è all’interno? Qual è stato e quale continua a essere il loro corso? Ecco, dunque, Sinagoghe italiane. Raccontate e Disegnate (Pordenone, Edizioni Biblioteca dell’Immagine, 2020, pagine 336, euro 15), il volume che fa dettagliatamente luce sulle «case dell’assemblea» nel nostro territorio, scrigni di memoria destinati allo svolgimento della vita sociale, alla preghiera condivisa, a custodire la Torah, a rafforzare «la comunanza di ideali (…) di un popolo unito anche quando costretto ad essere separato».

Adam Smulevich, insieme all’illustratore Pierfranco Fabris, prende per mano il lettore e lo accompagna in un viaggio che percorre l’intera Penisola. Da Trieste a Palermo sono, infatti, 42 le sinagoghe presentate e in riferimento alle quali si può letteralmente entrare, grazie alle tavole a colori che ne riproducono interni ed esterni. È come fare ingresso in un quadro, dove i testi e le parole riportate aiutano a comprendere meglio l’importanza del «tragitto compiuto dall’ebraismo italiano».

Un tragitto segnato, in varie epoche e soprattutto con l’avvento del nazifascismo, da persecuzioni, brutture, vere e proprie distruzioni. Rase al suolo, saccheggiate, bombardate, in balia di terremoti o alluvioni e, oggi, impegnate a fronteggiare le nuove sfide prospettate dalla pandemia, le sinagoghe — tramite l’impegno e la volontà di tante donne e tanti uomini la cui esistenza vi è profondamente legata — non sono scomparse. Rappresentano, anzi, spazi di culto e aggregazione centralissimi nel panorama urbano. La loro conoscenza, la relativa scoperta o riscoperta, risulta necessaria per capire il passato e affrontare il futuro.

Pertanto, si diceva, l’itinerario messo a punto nel volume procede da nord a sud Italia. A Trieste ci si imbatte in «una delle sinagoghe più grandi d’Europa», le cui mura confinano con lo storico Caffè San Marco, il luogo magico dove Claudio Magris ha ambientato il capitolo iniziale di Microcosmi (1997), ricco di riferimenti ebraici.

Arrivati a Venezia sono ben 5 le sinagoghe (Tedesca, Canton, Italiana, Levantina, Spagnola) che «si confondono tra gli altri palazzi» e sono rappresentative della storia ebraica al pari del cimitero al Lido che ispirò Byron e Goethe; mentre sulla facciata di quella di Verona vi è apposta la citazione biblica in ricordo di Rita Rosani, la giovane che si unì alla Resistenza e «lottò per la libertà di tutti». Ancora, s’incontrano luoghi spirituali più risalenti nel tempo e quelli «dell’emancipazione, cioè dell’epoca in cui gli ebrei poterono rialzare la testa».

Tra le altre, ci sono le sinagoghe rispettivamente di Milano (con la facciata originale in mosaico azzurro e oro) e di vari centri, piccoli e grandi; di Ferrara, dove riecheggiano i racconti dello scrittore ebreo Giorgio Bassani e sul cui territorio nasce pure il Museo Nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah (Meis); di Bologna, «sotto la cui pavimentazione in vetro sono visibili i resti di una domus romana»; di Firenze, con la cupola verde rame che svetta nello skyline cittadino ed «è seconda solo a quella del Duomo di Brunelleschi»; e via discorrendo.

S’arriva così, a metà strada, a Roma (con l’insieme dei suoi resti, quella di Ostia antica «è la più vecchia sinagoga ad oggi rinvenuta in Europa occidentale»). È qui, nella capitale, che c’è «l’imbarazzo della scelta [perché] da Monteverde all’area di piazza Bologna, da Portuense a viale Marconi diversi quartieri sono attrezzati». Il Tempio Maggiore del 1904, tuttavia, con la sua monumentalità e storia, «rimane il principale punto di riferimento». Il 13 aprile 1986, accolto dal rabbino Toaff, «Giovanni Paolo ii è il primo Papa» a entrarvi, pronunciando parole di amicizia. «Una tradizione confermata poi dalle successive visite di Benedetto xvi e Francesco».

Si giunge quindi a Napoli — con le tappe che vanno da Villa Pignatelli, in origine il posto messo a disposizione degli ebrei di passaggio, alla sinagoga in via Cappella Vecchia — e in tutto il Meridione (è a Bova Marina, in Calabria, che sono stati rinvenuti i resti di un Tempio del quarto secolo). A Palermo, in particolare — anche il «New York Times» lo ha ricordato — nel 2017 la diocesi ha dato in comodato d’uso un proprio spazio da tempo inutilizzato, l’Oratorio di S. Maria del Sabato, per farne una sinagoga («Un nuovo inizio, nel segno delle radici»).

Sinagoghe italiane narra, in definitiva, vicende colme d’umanità, il cammino dell’ebraismo dalle origini al contemporaneo. Schede e tavole, partendo dai luoghi fisici, danno del resto voce alla «piccola ma vivace minoranza (parliamo all’incirca di 25 mila persone)», l’Ucei, l’Unione delle 21 Comunità ebraiche italiane. «Un presidio e un tassello irrinunciabile — chiosa l’autore — del mosaico Italia».

di Enrica Riera