In Liberia musulmani e missionari cattolici si uniscono per garantire
l’istruzione dei bambini nei villaggi più remoti

Stessa scuola per tutti

  Stessa scuola per tutti  QUO-028
04 febbraio 2021

Ogni mese padre Lorenzo Snider sale in moto e guida verso sud lungo una pista sterrata che attraversa praterie, villaggi e montagne con tratti sconnessi e pendenze proibitive. La meta del viaggio è Kortuma, capoluogo del distretto di Vahun, a tre ore dalla città di Foya, in Liberia. Il presbitero della Società delle missioni africane (Sma) accompagna la minoranza cristiana del villaggio. Quando arrivò per la prima volta e incontrò i capi questi gli chiesero aiuto per i loro bambini. «Abbiamo deciso di costruire una scuola cattolica. Erano entusiasti. Il capo villaggio ci ha assicurato la collaborazione e ora cristiani e musulmani stanno costruendo i mattoni per il nuovo edificio», racconta a «L’Osservatore Romano». Un’opera finanziata dalla parrocchia lombarda di Villa di Chiavenna e che permetterà a un centinaio di bambini di abbandonare la baracca in cui studiavano. «È un’esperienza di comunione interreligiosa che mette d’accordo cattolici e musulmani, perché la scuola è di tutti». Così come la chiesa e l’ospedale che saranno costruiti nel prossimo futuro.

La parrocchia di Foya è un’area di prima evangelizzazione. Negli ultimi due anni le comunità cattoliche sono passate da due a 14. Tre di queste possiedono una chiesa mentre le altre pregano nella casa del catechista, nella town hall o sotto ripari di fortuna. L’opera di evangelizzazione segue tre canali. Uno vede padre Walter Maccalli, anche lui missionario Sma, andare nei villaggi in cerca di un primo contatto. Più spesso è la mediazione di altri cristiani presenti nell’abitato che permette di avviare un momento di preghiera, oppure la bravura di un catechista nativo. «Buster è un fenomeno — dice padre Snider — riuscirebbe a creare comunità anche nel deserto perché va lì a parlare con la gente, accoglie e propone esperienze comunitarie da cui scaturiscono accompagnamenti spirituali nel catecumenato. Quest’anno quattro comunità sono nate così». Spesso in questi villaggi nascono grandi attese legate alla costruzione di edifici. I missionari cercano di ridimensionarle. «La vita cristiana è prima di tutto accogliere Gesù Cristo — ricorda Snider — ma non facciamo proselitismo. Per chi accetta la sfida del Vangelo, ribadiamo la responsabilità di lavorare insieme per il bene di tutti». In quest’area c’è una tradizione religiosa molto forte. Si tratta dei riti iniziatici del Poro che culminano con la rivelazione dei segreti all’interno del Bosco sacro che dovrebbero permettere ai giovani di entrare nella società adulta. «Quando si approfondisce la fede, è possibile comprendere meglio se stessi, la ricchezza e i limiti della propria cultura», confida il religioso. Si vive la tensione tra inculturazione del messaggio evangelico ed evangelizzazione della cultura. «Ci sono elementi positivi da valorizzare e altri più critici su cui occorre posare uno sguardo profetico, ma non possiamo farlo da stranieri. Noi possiamo cercare di manifestare l’amore di Gesù con la maggiore apertura possibile».

Nella Liberia nordoccidentale i missionari Sma stanno realizzando un “progetto globale”. Nella casa parrocchiale di Foya si svolgono periodicamente le settimane di formazione liturgica con i catechisti. «Una cosa semplice, ma straordinaria perché sottraggono il tempo al lavoro nei campi e alle famiglie per stare qui», dice il presbitero. Tramite un’associazione il centro offre anche sostegno a decine di vedove, orfani e persone con disabilità. La struttura ospita pure l’attività pastorale per i 300 giovani della Catholic children organization che a loro volta sono missionari tra i coetanei. «Nei mesi scorsi siamo andati a incontrare altri giovani per invitarli nel movimento. È stato emozionante vederli, entusiasti e felici, parlare e proporre loro un’esperienza cristiana». Negli ultimi anni la Sma, tramite la Fraternité laïque missionnaire (Flm), ha rafforzato il Foya health center con medici, amministratori, infermieri e assistenti pedagogici che svolgono un anno di volontariato.

In questi quattro mesi che separano il periodo della raccolta del riso dalla stagione delle piogge vengono costruite chiese e altri edifici. Per sostenere questo e altri progetti si può donare utilizzando l’app Tucum. Oltre a un istituto superiore a Foya finanziato da Aiuto alla Chiesa che soffre, sorgerà una scuola nel villaggio di Ngesu Pio Kongor grazie ai fondi di Sma Solidale. «Qui nel circondario c’erano 500 bambini senza accesso all’istruzione — racconta Snider — per portare il cemento abbiamo dovuto sistemare la strada e costruire quattro ponti di legno. Non vedevano un’automobile da dieci anni». La grande fiducia accordata alla scuola cattolica permette di sottrae queste aree della Liberia a un futuro di emarginazione totale.

La presenza dai missionari Sma a partire dal 2013 è stata fondamentale per la ricostruzione e il ritorno dei cristiani a Foya. Le due guerre civili tra il 1990 e il 2004 costrinsero la popolazione a fuggire da atrocità, saccheggi e distruzioni. Andarono a vivere nei campi di rifugiati in Guinea e Sierra Leone. Oggi la città è tra le più popolose della contea di Lofa. «Qui facciamo un’esperienza ecumenica molto forte perché ci sono 25 confessioni religiose cristiane differenti», conclude il missionario. Il territorio fu evangelizzato a metà Ottocento dai pentecostali, poi dai luterani, dagli episcopaliani e infine dai cattolici. Padre Snider ci è arrivato un anno fa, dopo esser stato in Costa d’Avorio e poi a Padova con i richiedenti asilo dei Campi di Cona. Oggi, ancora agli inizi del suo ministero, molto più che i drammi dell’ebola e del covid-19, lo stupisce la vitalità e l’umorismo che danno ai liberiani la capacità di reagire a ogni tragedia.

di Giordano Contu