Bartolomeo al summit di Halki

Per salvare il mondo

The tide moves around the New Brighton lighthouse in New Brighton, north west England on January 22, ...
28 gennaio 2021

Sarà che il richiamo, sia pure per via virtuale, gode del riferimento all’impareggiabile panorama della “Collina della speranza”, sulla cui cima spicca circondato dal verde il monastero bizantino che per oltre un secolo, fino al 1971, è stato sede della prestigiosa Scuola di teologia del Patriarcato ecumenico. In ogni caso le parole con cui Bartolomeo i ha inaugurato martedì 26 gennaio il quarto summit di Halki (isola dell’Egeo a un’ora di barca da Istanbul ) contengono, nel loro appello al cambiamento di approccio alla crisi ecologica, la forza della bellezza incontaminata del luogo da cui provengono. Alla presenza di numerosi esperti, il patriarca di Costantinopoli imposta una riflessione sulla pandemia in relazione all’ambiente e alle sue implicazioni sulla vita del pianeta. I vertici di Halki, ricorda, sono sempre stati caratterizzati dai valori del dialogo e della cooperazione e di questi valori c’è bisogno in questo momento contingente segnato dal virus globale. «Siamo convinti — afferma Bartolomeo i — che qualsiasi speranza reale di invertire il cambiamento climatico richiede una trasformazione radicale del modo in cui percepiamo e trattiamo il mondo». E «tuttavia, parte del problema», sottolinea, «sta nella nostra riluttanza a fare sacrifici per il bene degli altri e della terra».

Proprio il covid-19, osserva il capo della Chiesa di Costantinopoli, ha «insegnato l’inestimabile lezione dell’importanza di ascoltare e imparare gli uni dagli altri» e «rivelato il potere e il valore dell’amore e della solidarietà». La pandemia, insiste il patriarca ecumenico, «ci ha ricordato che il mondo è più grande delle nostre preoccupazioni e ambizioni individuali, più grande della nostra Chiesa e comunità di fede, e più grande dei nostri poteri politici e interessi nazionali». Mentre la diminuzione dell’inquinamento durante i mesi di lockdown ha «ricordato che non ci può essere un vero progresso che si fonda sulla distruzione dell’ambiente naturale».

Bartolomeo entra poi nelle pieghe del rapporto causa-effetto tra «la persistente ed eccessiva “intrusione” dell’umanità nella natura» (traffico illegale di fauna selvatica, deforestazione, urbanizzazione, agricoltura intensiva) e la «rapida diffusione di malattie contagiose e virus da animale ad animale, compreso l’uomo. Non è una coincidenza — asserisce — che l’aumento delle malattie trasmesse dalla fauna selvatica si sia verificato insieme alla crescente invasione umana nel mondo naturale e al rapido cambiamento del clima». La pandemia, afferma, «non è un atto di “vendetta” da parte di Dio, ma è un richiamo disperato a un approccio molto più rispettoso della natura da parte di tutti noi».

di Alessandro De Carolis