La settimana di Papa Francesco

Il magistero

La chiusura dell'Ottavario ecumenico a San Paolo fuori le Mura
28 gennaio 2021

Sabato 23

«Vieni e vedi» (Gv 1, 46)

L’invito che accompagna i primi incontri di Gesù con i discepoli è  il metodo di ogni autentica comunicazione umana.

Incontrare le persone dove e come sono

Uscire dalla comoda presunzione del già saputo e mettersi in movimento, stare con le persone, ascoltarle, raccogliere suggestioni della realtà. «Apri con stupore gli occhi a ciò che vedrai, e lascia le tue mani riempirsi della freschezza della linfa, in modo che gli altri, quando ti leggeranno, toccheranno con mano il miracolo palpitante della vita», consigliava il beato Manuel Lozano Garrido ai colleghi giornalisti.

Consumare le scarpe

Voci attente lamentano  il rischio di un appiattimento in “giornali fotocopia” o in notiziari tv e radio e siti web uguali, dove il genere dell’inchiesta e del reportage perdono spazio e qualità a vantaggio di una informazione preconfezionata, “di palazzo”, autoreferenziale, che sempre meno riesce a intercettare la vita concreta delle persone, e non sa cogliere i fenomeni sociali più gravi né le energie positive.
La crisi dell’editoria rischia di portare a un’informazione costruita nelle redazioni, davanti al computer, ai terminali delle agenzie, sulle reti sociali, senza uscire, senza “consumare le suole delle scarpe”, senza cercare storie o verificare de visu certe situazioni. Rimaniamo spettatori, nonostante le innovazioni tecnologiche.

Dettagli di cronaca nel Vangelo

La fede cristiana si comunica come una conoscenza diretta, non per sentito dire.Il “vieni e vedi” è  la verifica più onesta. Anche il giornalismo richiede la capacità di andare laddove nessuno va.

Grazie al coraggio di tanti giornalisti

Dobbiamo dire grazie al coraggio e all’impegno di tanti professionisti — giornalisti, cineoperatori, montatori, registi  — se oggi conosciamo la condizione difficile delle minoranze perseguitate; se soprusi e ingiustizie contro i poveri e  il creato sono stati denunciati; se guerre dimenticate sono state raccontate. Sarebbe una perdita per  la democrazia se queste voci venissero meno.C’è il rischio di raccontare la pandemia, e ogni crisi, solo con gli occhi del mondo più ricco. Pensiamo alla questione dei vaccini, delle cure mediche, al rischio di esclusione delle popolazioni più indigenti. Chi racconterà l’attesa di guarigione nei villaggi dell’Asia, dell’America Latina e dell’Africa?Ma anche nel mondo dei più fortunati il dramma  delle famiglie scivolate rapidamente nella povertà resta  nascosto.Non fanno troppa notizia le persone che fanno la fila davanti ai centri Caritas.

Opportunità e insidie nel web

La rete, con le sue innumerevoli espressioni social, può moltiplicare la capacità di racconto e condivisione.
La tecnologia digitale ci dà la possibilità di un’informazione di prima mano, tempestiva.
Tutti possiamo diventare testimoni di eventi che altrimenti sarebbero trascurati dai media tradizionali. Abbiamo la possibilità di raccontare, condividere. Ma sono diventati evidenti anche i rischi di una comunicazione priva di verifiche.
Abbiamo appreso come le notizie e persino le immagini siano facilmente manipolabili.  Siamo responsabili del controllo che possiamo esercitare sulle notizie false, smascherandole.

Nulla sostituisce il vedere di persona

Non si comunica solo con le parole, ma con gli occhi, con il tono della voce, con i gesti. La forte attrattiva di Gesù su chi lo incontrava dipendeva dalla verità della sua predicazione, ma l’efficacia di ciò che diceva era inscindibile dal suo sguardo, dai suoi atteggiamenti e dai suoi silenzi. La parola è efficace solo se si “vede”, se coinvolge in un’esperienza, un dialogo.... quanta eloquenza vuota abbonda nel nostro tempo, in ogni ambito della vita pubblica, nel commercio, nella politica. «Sa parlare all’infinito e non dir nulla. Le sue ragioni sono due chicchi di frumento in due staia di pula. Si deve cercare tutto il giorno per trovarli e, quando si son trovati, non valgono la pena della ricerca» [W. Shakespeare, Il mercante di Venezia]. Le sferzanti parole del drammaturgo inglese valgono anche per noi comunicatori cristiani. Quel grande comunicatore che si chiamava Paolo di Tarso si sarebbe certamente servito della posta elettronica e dei messaggi social; ma furono la sua fede, la sua speranza e la sua carità a impressionare i contemporanei. Verificavano, vedendolo, quanto fruttuoso fosse l’annuncio di cui era portatore. Il Vangelo riaccade ogni qual volta riceviamo la testimonianza limpida di persone la cui vita è stata cambiata dall’incontro con Gesù.

(Messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali)


Domenica 24

Spegnere Tv e cellulari e aprire la Bibbia

Dio non sta nei cieli lontano, separato dalla condizione umana, è con noi. Il tempo della distanza è finito quando in Gesù si è fatto uomo.
La Parola di Dio ci permette di toccare con mano questa vicinanza. È l’antidoto alla paura di restare soli.
Il Signore, infatti, attraverso la sua Parola con-sola, sta con chi è solo.
La Parola di Dio infonde  pace, ma non lascia in pace. È Parola di consolazione, ma anche di conversione.
Chi fa esperienza della vicinanza di Dio non può distanziare il prossimo.
Chi frequenta la Parola di Dio riceve dei salutari ribaltamenti: scopre che la vita non è il tempo per guardarsi dagli altri e proteggere sé stessi.

Gesù si rivolge prima di tutto a pescatori della Galilea... persone semplici, che vivevano  lavorando duramente.
Non erano esperti nelle Scritture e non spiccavano  per scienza e cultura.
Abitavano una regione composita, con vari popoli, etnie e culti: lontano dalla purezza religiosa di Gerusalemme.

Per Gesù  nessuno è ai margini

Ma Gesù comincia da lì, per dire che nessuno è ai margini. Tutti possono incontrarlo. Giovanni accoglieva la gente nel deserto, dove si recavano solo quelli che potevano lasciare i luoghi in cui vivevano. Gesù, invece, parla nel cuore della società, a tutti, lì dove sono. E non in orari e tempi stabiliti. [ma] nei luoghi e nei momenti più ordinari.Ma la Parola anche  incide su ciascuno in modo diretto, personale... Il Signore  ci cerca dove siamo, ci ama come siamo. Come quei pescatori, attende anche noi sulle rive della vita... vuole farci cambiare rotta, perché smettiamo di vivacchiare e prendiamo il largo.Non rinunciamo alla Parola di Dio. È la lettera d’amore scritta da Colui che ci conosce come nessun altro: leggendola, sentiamo nuovamente la sua voce, scorgiamo il suo volto, riceviamo il suo Spirito. Portiamola sempre in tasca, nel telefono; diamole un posto nelle nostre case. Mettiamo il Vangelo in un luogo dove ci ricordiamo di aprirlo quotidianamente.Chiediamo al Signore la forza di spegnere la televisione e di aprire la Bibbia; di chiudere il cellulare e di aprire il Vangelo. In quest’Anno liturgico leggiamo quello di Marco... un piccolo passo ogni giorno.

(Omelia, letta dall’arcivescovo Fisichella, nella domenica  della Parola di Dio )

Passaggio di testimone

Il brano evangelico di questa domenica (Mc  1, 14-20) mostra il “passaggio del testimone” da Giovanni Battista a Gesù [che] inizia la sua missione e annuncia la salvezza.
Gesù invita a riflettere su due temi essenziali: il tempo e la conversione.
Il tempo va inteso come la durata della storia della salvezza operata da Dio; quindi, il tempo “compiuto” è quello in cui questa azione salvifica arriva al culmine.
È il momento storico in cui Dio ha mandato il Figlio nel mondo e il suo Regno si è fatto più che mai “vicino”.
Tuttavia, la salvezza non è automatica. [Essa] è un dono d’amore e come tale offerto alla libertà umana.
Quando si parla di amore, si parla di libertà: un amore senza libertà non è amore; può essere interesse, paura, tante cose; ma l’amore sempre è libero, ed essendo libero e richiede una risposta libera: richiede la nostra conversione.
Si tratta di cambiare mentalità: non seguire più i modelli del mondo, ma quello di Dio.
È un cambiamento decisivo di visione e di atteggiamento.
Infatti, il peccato della mondanità che è come l’aria, pervade tutto, ha portato una mentalità che tende all’affermazione di sé stessi contro gli altri.
Questo è curioso... Tante volte sentiamo che si esprime la propria identità in termini di “contro”.
È difficile esprimere la propria identità nello spirito del mondo in termini positivi: è contro sé stessi, contro gli altri e contro Dio. E per questo scopo non esita — la mentalità del peccato — a usare l’inganno e la violenza.

Mentalità che ha origine nel padre dell’inganno

Vediamo cosa succede: cupidigia, voglia di potere e non di servizio, guerre, sfruttamento della gente... Questa mentalità  ha la sua origine nel padre dell’inganno, il grande bugiardo, il diavolo.
A tutto ciò si oppone il messaggio di Gesù, che invita a riconoscersi bisognosi di Dio e della sua grazia; ad avere un atteggiamento equilibrato nei confronti dei beni terreni; a essere accoglienti e umili verso tutti; a conoscere e realizzare sé stessi nel servizio agli altri.
Per ciascuno di noi il tempo in cui poter accogliere la redenzione è breve: è la durata della nostra vita.

Volata via

Forse sembra lunga... ricordo che sono andato a dare i Sacramenti, l’Unzione degli ammalati a un anziano molto buono, e lui... mi ha detto questa frase: “Mi è volata la vita”, come per dire: io credevo che fosse eterna.
Così sentiamo noi, gli anziani, che la vita se ne è andata.
E la vita è un dono dell’infinito amore di Dio, ma è anche tempo di verifica del nostro amore verso di Lui.
Perciò  ogni istante della nostra esistenza è un tempo prezioso per amare Dio e il prossimo, e così entrare nella vita eterna.
La nostra vita ha due ritmi: uno, misurabile, fatto di ore, di giorni, di anni; l’altro, composto dalle stagioni del nostro sviluppo: nascita, infanzia, adolescenza, maturità, vecchiaia, morte.

Ogni fase ha valore

Ogni fase ha un valore e può essere momento di incontro con il Signore.
La fede ci aiuta a scoprire il significato spirituale di questi tempi.
Ognuno contiene una particolare chiamata, alla quale possiamo dare una risposta positiva o negativa.
Nel Vangelo vediamo come hanno risposto Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni.
Erano uomini maturi, avevano il  lavoro, la famiglia.
Eppure, quando Gesù li chiamò «subito lo seguirono».
Stiamo attenti e non lasciamo passare Gesù senza riceverlo.
Sant’Agostino diceva: “Ho paura di Dio quando passa”. Paura di che? Di non riconoscerlo, di non vederlo, di non accoglierlo.
La Vergine ci aiuti a vivere ogni giorno come tempo di salvezza, in cui il Signore passa e ci chiama a seguirlo, ognuno secondo la propria vita.
E ci aiuti a convertirci dalla mentalità del mondo, quella delle fantasie del mondo che sono fuochi d’artificio, a quella dell’amore e del servizio.

Un pensiero per le famiglie che fanno fatica

Un ricordo e una preghiera va alle famiglie che fanno più fatica in questo periodo... e nella misura possibile siamo loro vicini.

(Angelus nella Bilioteca privata )


Lunedì 25

Le esigenze  dell’unità

Possiamo crescere e portare frutto solo se uniti a Gesù. Potremmo immaginare l’unità costituita da tre anelli concentrici, come quelli di un tronco.Il primo, quello più interno, è il rimanere in Gesù.
Da qui parte il cammino di ciascuno verso l’unità.
Nella realtà odierna, veloce e complessa, è facile perdere il filo.
Gesù ci ha mostrato  come fare: ogni giorno si ritirava in luoghi deserti per pregare. Abbiamo bisogno della preghiera come dell’acqua per vivere.
La prima unità è la nostra integrità personale, opera della grazia che riceviamo rimanendo in Gesù.
Il secondo cerchio è quello dell’unità con i cristiani.
Siamo vasi comunicanti: il bene e il male che ciascuno compie si riversa sugli altri.
Nella vita spirituale vige una sorta di “legge della dinamica”: nella misura in cui rimaniamo in Dio ci avviciniamo agli altri e ci avviciniamo agli altri rimaniamo in Dio.
La preghiera non può che portare all’amore, altrimenti è fatuo ritualismo.
Se la nostra adorazione è genuina, cresceremo nell’amore per tutti coloro che seguono Gesù, indipendentemente dalla comunione cristiana a cui appartengono.

Superare pregiudizi e ferite

Tuttavia amare i fratelli non è facile, perché appaiono subito i loro difetti e le loro mancanze, e ritornano alla mente le ferite del passato.
Qui ci viene in aiuto l’azione del Padre che come esperto agricoltore taglia e pota.
Perché per amare abbiamo bisogno di essere spogliati di quanto ci porta fuori strada e ci fa ricurvare su noi stessi.
Chiediamo al Padre di recidere da noi i pregiudizi sugli altri e gli attaccamenti mondani che impediscono l’unità piena con tutti i suoi figli.
Così purificati nell’amore, sapremo mettere in secondo piano gli intralci terreni e gli ostacoli di un tempo, che oggi ci distraggono dal Vangelo.
Il terzo cerchio, il più ampio, è l’umanità intera.
Lo Spirito ci rende capaci di perdonare i nemici e i torti subiti. Ci spinge a essere attivi e creativi nell’amore. Ci ricorda che il prossimo non è solo chi condivide i nostri valori e le nostre idee, ma che siamo chiamati a farci prossimi di tutti, buoni Samaritani di un’umanità vulnerabile, povera e sofferente, che giace per le strade del mondo e che Dio desidera risollevare con compassione.
E mentre facciamo esperienza dell’unità che nasce dal rivolgerci a Dio con una sola voce, desidero ringraziare tutti coloro che in questa Settimana hanno pregato per l’unità dei cristiani.
La Santissima Trinità, comunione d’amore, ci faccia crescere nell’unità.

(Omelia, letta dal cardinale Koch, per la conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani)


Mercoledì 27

Preghiera ispirata dalla Scrittura

Oggi vorrei soffermarmi sulla preghiera che possiamo fare a partire da un brano della Bibbia.
Le parole della Sacra Scrittura non sono state scritte per restare imprigionate sulla carta, ma per essere accolte da una persona che prega.
La Bibbia non può essere letta come un romanzo. [Ogni]  versetto  è stato scritto anche per me, secoli fa.
Un passo della Scrittura, ascoltato tante volte, un giorno improvvisamente illumina una situazione che sto vivendo.
Ma bisogna che io sia lì, all’appuntamento con quella Parola... Tutti i giorni Dio passa e getta un seme nel terreno della nostra vita.
Siamo noi i “tabernacoli” dove le parole di Dio vogliono essere ospitate e custodite.
Per questo bisogna accostarsi alla Bibbia senza secondi fini, senza strumentalizzarla.
Il credente non cerca nelle Sacre Scritture l’appoggio per la propria visione filosofica o morale, ma perché spera in un incontro.

Cristiani e pappagalli

A me dà un po’ di fastidio quando sento cristiani che recitano versetti della Bibbia come i pappagalli.
È una grazia potersi riconoscere in questo o quel personaggio, in questa o quella situazione.
La Bibbia non è scritta per un’umanità generica, ma per uomini e donne in carne e ossa, che hanno nome e cognome.
Il metodo della “lectio divina”, nato in ambiente monastico, [è] ormai praticato anche dai cristiani che frequentano le parrocchie.
Si tratta anzitutto di leggere il brano biblico con attenzione, con “obbedienza” al testo.
Successivamente si entra in dialogo con la Scrittura, così che quelle parole diventino motivo di meditazione.
È un passaggio delicato: non bisogna scivolare in interpretazioni soggettivistiche ma inserirsi nel solco vivente della Tradizione.
L’ultimo passo è la contemplazione. Parole e pensieri lasciano il posto all’amore, come tra innamorati ai quali a volte basta guardarsi in silenzio.
La Parola ispira buoni propositi e sostiene l’azione; ci dà forza, serenità, e anche quando ci mette in crisi ci dà pace.
Nelle giornate “storte” e confuse,  protegge dagli attacchi del maligno.
I cristiani si identificano talmente con la Parola che, se anche bruciassero tutte le Bibbie del mondo, se ne potrebbe ancora salvare il “calco” attraverso l’impronta che ha lasciato nella vita dei santi.
Un buon cristiano deve essere obbediente obbediente, perché ascolta la Parola di Dio; creativo, perché ha lo Spirito Santo dentro che lo spinge a praticarla, a portarla avanti.

Sant’Angela Merici

Oggi celebriamo la fondatrice [di] numerose congregazioni di Orsoline. Desiderava che le suore, dedite senza riserva a Dio e ai poveri, assumessero con coraggio il lavoro educativo tra i bambini e i giovani. Raccomandava: “Tenete l’antica strada... e fate vita nuova!”.

San Tommaso d’Aquino

Domani memoria liturgica del patrono delle scuole cattoliche. Il suo esempio spinga gli studenti a vedere in Gesù l’unico maestro di vita.

Commemorare le vittime della Shoah

Nell’anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, commemoriamo le vittime della Shoah e tutte le persone perseguitate e deportate dal regime nazista. Ricordare è segno di civiltà. È condizione per un futuro migliore di pace e di fraternità.State attenti a come è incominciata questa strada di morte, di sterminio, di brutalità.

(Udienza generale nella Bilioteca privata)