Quell’umanità in fuga che bussa alla porta

Per una narrazione
più globale e inclusiva

Migrants from Bangladesh stand at the makeshift camp in the woods as hundreds of them are taking ...
20 gennaio 2021

Le migrazioni di massa sono tra i grandi fenomeni che più hanno caratterizzato i primi vent’anni del nuovo secolo. Se oggi, come ha sottolineato più volte Papa Francesco, viviamo una «terza guerra mondiale a pezzi», questo significa che non possiamo più guardare alle crisi come problemi locali in attesa di soluzioni locali. Dobbiamo invece avere un occhio globale. L’immigrazione, da questo punto di vista, va quindi intesa come un fenomeno strutturale profondamente connesso a tutta una serie di questioni ancora aperte: il riscaldamento globale, la crisi economica con la crescita delle diseguaglianze, lo strapotere delle organizzazioni criminali, la mancanza di strumenti adeguati per proteggere i diritti umani e garantire il diritto di asilo, e infine la narrazione che i media danno del fenomeno migratorio.

Questo primo piano vuole essere un contributo a pensare l’immigrazione in modo nuovo, alimentando una narrazione diversa, più globale e inclusiva. «La pandemia ci ha ricordato quanto sia essenziale la corresponsabilità e che solo con il contributo di tutti — anche di categorie spesso sottovalutate — è possibile affrontare la crisi» ha detto Papa Francesco nel messaggio per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato. In ciascun migrante «è presente Gesù, costretto, come ai tempi di Erode, a fuggire per salvarsi». Nei volti dei rifugiati «siamo chiamati a riconoscere il volto del Cristo affamato, assetato, nudo, malato, forestiero e carcerato che ci interpella. Se lo riconosciamo, saremo noi a ringraziarlo per averlo potuto incontrare, amare e servire» ha detto il Papa.

Ogni articolo di questo primo piano è dedicato a una crisi specifica. Da quella che si consuma nel Mediterraneo, tra la Libia e i Balcani, dove decine di migliaia di disperati sono in balìa delle mafie e dell’assenza degli Stati, a quella in Siria, dove a pesare sono le conseguenze del conflitto. C’è poi il Sud America, con la crisi al confine tra Guatemala e Honduras: una carovana di 9.000 disperati sta cercando di arrivare negli Usa e deve scontrarsi con la polizia. Infine l’Africa: centinaia di persone stanno fuggendo in Sudan a causa dei combattimenti nel Tigray. Resta, sullo sfondo, la speranza per le mosse della nuova Amministrazione Usa. Il presidente eletto Biden ha annunciato «una chiara tabella di marcia per condurre alla cittadinanza» i circa 11 milioni di immigrati che vivono negli Stati Uniti illegalmente. La stessa proposta renderà permanente il Daca, il programma che protegge dalla deportazione circa 645.000 dreamers, arrivati negli Usa da bambini.