Oltre 80 morti
A due settimane dal ritiro della missione di pace dell’Onu in questa regione instabile sudanese, le violenze hanno subito una incontenibile escalation, causando negli ultimi due giorni il maggior numero di vittime dalla fine dell’anno. Il 31 dicembre si è conclusa — come richiesto dal Governo di transizione sudanese, dalla Russia e da altre Nazioni africane — la missione di peacekeeping congiunta delle Nazioni Unite (Unamid) e dell’Unione africana in Darfur, presente in questa regione da 13 anni.
«Il bilancio delle vittime dei sanguinosi attacchi a El-Geneina, capitale del Darfur occidentale da sabato mattina — ha riferito il Comitato su Twitter — è salito a 83 morti e 160 feriti, compresi esponenti delle forze armate».
L’agenzia di stampa ufficiale sudanese, Suna, citando la sezione locale del sindacato dei medici, ha precisato che gli scontri tribali non accennano a fermarsi.
Il governo di Khartoum ha imposto il coprifuoco totale — di durata indefinita — nel Darfur occidentale. Sono vietati assembramenti in tutta la provincia, i mercati resteranno chiusi, e le forze di sicurezza hanno l’autorizzazione ad usare la forza per far rispettare la misura. Per cercare di ristabilire l’ordine, il primo ministro sudanese, Abdallah Hamdok, ha inviato nella martoriata regione una delegazione di alto livello.
Da parte sua, l’Onu ha espresso «profonda preoccupazione» per l’escalation di violenza nell’area, che a El-Geneina, vedono contrapporsi la tribù Al-Massalit e i nomadi arabi. Inoltre, le milizie armate che sostengono i nomadi arabi hanno attaccato la città e diverse case sono state date alle fiamme.