Religio - In cammino sulle vie del mondo
In Francia tre artisti di religioni diverse uniscono le loro voci

Il canto della pace

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13 gennaio 2021

Un sacerdote cattolico, un cantore ebraico e un ex seguace dei Fratelli musulmani hanno inciso un cd per celebrare la fraternità contro il veleno del fondamentalismo


Tre uomini, tre registri di voce, tre religioni unite per celebrare la fraternità tra credenti contro il fondamentalismo, nella consapevolezza, come confidano al nostro giornale, che «l’essere fratelli presume avere un padre comune, significa che non ci si sceglie a vicenda e che andare d’accordo, vivere insieme e amarsi suppone un cammino verso l’altro e non va dato per scontato»: Matthieu de Laubier, sacerdote in una parrocchia parigina con una formazione di cantante lirico, Philippe Darmon, cantore ebreo di origine israeliana, e Farid Abdelkrim, ex membro dei Fratelli musulmani, oggi artista impegnato nella lotta contro l’estremismo religioso nell’ambito carcerario, hanno realizzato un disco dal titolo Libertà, che riunisce brani famosi della musica leggera francese, con pezzi inediti, più spirituali. Per una felice coincidenza, l’uscita del Cd è intervenuta contemporaneamente alla pubblicazione dell’enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco, un concorso di circostanze di cui si rallegrano i membri del trio, battezzato “Ensemble”, notando alcune similitudini tra le due opere. In particolare, spiega don Matthieu al nostro giornale, nel disco «non ci accontentiamo di esprimere il nostro desiderio di vivere in pace rispettando le nostre differenze, come è certamente vero, ma ancor più affermiamo che le nostre religioni offrono agli uomini di oggi un orizzonte, una via di crescita personale e di amore, per ciascuno e per tutta la società». «È a causa della nostra fede che affermiamo che la fraternità non è un’utopia — aggiunge il prete — e che le nostre religioni sono strumenti per realizzarla. Se non altro perché riconosciamo un padre comune».

All’origine del progetto, un produttore discografico cattolico, François Troller, e la sua associata Fati Amar, entrambi da molti anni presenti nel mondo musicale francese. L’idea di far cantare tre uomini di fedi diverse è germogliata nella loro mente nel 2017, all’indomani dell’uccisione del padre Jacques Hamel nella sua chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray e due anni dopo aver perso dei parenti nell’attentato al Bataclan, la sala di concerto parigina dove si è contato il maggior numero di vittime degli attacchi terroristici nella capitale. «Ci siamo chiesti cosa avremmo potuto fare nel nostro ambito per dimostrare che le religioni sono qualcosa di diverso dalla guerra», spiega Troller a «L’Osservatore Romano». Da questo desiderio è nato il progetto di riunire un imam, un prete e un rabbino per cantare testi di pace. Tuttavia, ammette il produttore, numerosi sono stati gli ostacoli che hanno messo a dura prova la loro perseveranza, in particolare il casting: non essendo riusciti a convincere un imam a partecipare al progetto, hanno abbandonato l’idea iniziale, e si sono rivolti a un artista arabo di fede musulmana che ha accettato con entusiasmo. Ecco perché è soltanto in questi ultimi mesi che il terzetto è stato completato, permettendo al progetto di andare a buon fine, proprio in un momento in cui c’è più che mai bisogno di moltiplicare gesti e iniziative di pace e di armonia come controparte degli attacchi terroristici — compiuti nel nome di Dio — che recentemente hanno di nuovo colpito la Francia. A questa violenza i tre cantanti hanno risposto con una canzone inedita intitolata E Dio in tutto quello, il singolo principale della raccolta, «una vera professione di fede da parte di tutti, che non è tuttavia certamente un credo comune», spiega don Matthieu. «Avevo due apprensioni — racconta ancora il sacerdote — che erano il rischio del sincretismo e quello dell’angelismo, ma sono state rapidamente cancellate, dopo aver incontrato Darmon e Abdekrim: vogliamo essere fratelli pur avendo fedi diverse». Lo stesso è valso per le loro voci, «molto singolari, ma che creano un’armonia». «Cantare con qualcun altro significa innanzitutto andare d’accordo, con le nostre voci che sono diverse ed è questo che rafforza il lato metaforico, visto che anche la differenza più grande non impedisce la coerenza».

Altre coincidenze: i tre “fratelli” sono coetanei — una cinquantina d’anni — e quasi vicini di casa. La parrocchia Notre-Dame-de-Lorette, in particolare, dove don Matthieu è vicario, si trova addirittura a soli cinque minuti a piedi di distanza dalla sinagoga Buffault, dove Darmon guida la preghiera. E questo ha creato «una vera complicità». «Fraternità è sì una parola che in Francia si scrive sul frontone dei monumenti pubblici, un concetto che sembra ovvio, invece è qualcosa di diverso dalla solidarietà — commenta ancora il sacerdote — quando leggiamo la Bibbia ci rendiamo conto che la fraternità non si realizza così facilmente, ma si costruisce, si desidera, si disegna. È anche il nostro futuro: non ci presenteremo davanti a Dio ogni uomo per sé. Dal punto di vista cristiano, come fratelli e sorelle siamo il Corpo di Cristo, andremo da Lui come fratelli e sorelle».

Ovviamente, nei programmi di Laubier, Darmon e Abdelkrim era previsto anche di cantare dal vivo: tre concerti erano stati programmati a novembre, al Collegio dei Bernardins di Parigi, nella grande moschea di Bordeaux e in una sinagoga. Ma per ora la seconda ondata della pandemia di coronavirus li ha costretti a posticipare questi incontri con il pubblico. Resta invece più che mai intatta la loro voglia di proclamare a tutti le parole contenute nell’ultimo brano del disco, All’unisono: «Cantiamo in coro con la fede: vi è un solo Dio per te e per me; all’unisono con una stessa voce: un Dio unico in cui credo».

di Charles de Pechpeyrou