· Città del Vaticano ·

Intervista a don Zampini sulla Nota della Commissione vaticana covid-19

Vaccini anche per i poveri

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30 dicembre 2020

Quando il Papa chiede «vaccini per tutti, specialmente per i più vulnerabili e bisognosi di tutte le regioni del Pianeta» — come nel messaggio natalizio in questo anno della pandemia — ha in mente realtà concrete, volti di persone in carne e ossa: quelli dei popoli più poveri tra i poveri, soprattutto dell’Asia, dell’Africa e dell’America latina; e quelli di chi vive ai margini nelle società più benestanti, come i migranti e i rifugiati privi di assistenza sanitaria, o come gli anziani e i bambini che di solito non producono reddito ma hanno ugualmente diritto alle cure. Ne è convinto don Augusto Zampini, segretario aggiunto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale (Dssui), che conosce Bergoglio dai tempi in cui era cardinale arcivescovo di Buenos Aires. In occasione della pubblicazione della Nota Vaccino per tutti. 20 punti per un mondo più giusto e sano da parte della Commissione vaticana covid-19 — coordinata proprio dal Dssui — in collaborazione con la Pontificia Accademia per la vita, il sacerdote argentino presenta i contenuti del documento in un’ottica di equità e giustizia sociale.

Come tradurre in concreto gli appelli del Pontefice sull’accessibilità universale di questi presidi preventivi fondamentali per la salute?

«Le scoperte dei vaccini... a disposizione di tutti»: affinché l’auspicio di Francesco non resti soltanto uno slogan, la Chiesa e i cristiani devono essere in prima linea. Da parte loro le istituzioni e le case farmaceutiche sono chiamate a coordinarsi sul piano nazionale e internazionale, cooperando per rendere i vaccini fruibili. E poiché essi non sono gratuiti, occorre che siano considerati un bene pubblico, condiviso, non oneroso, a un prezzo ragionevole, che tenga conto della situazione di emergenza; oltre naturalmente a dover essere sicuri ed efficaci anche per chi non può permetterseli. Del resto, stiamo subendo la triplice minaccia di crisi interconnesse a livello sanitario, economico ed ecologico-sociale, con gravi ripercussioni sui Paesi più poveri e vulnerabili, che si stanno indebitando ulteriormente. E ciò è disumanizzante.

Da alcuni primi dati sui piani vaccinali appena iniziati nei vari Stati si nota come una piccola percentuale della popolazione mondiale, la fetta più ricca, abbia già acquistato più della metà dei vaccini maggiormente efficaci. È questa la «marginalità farmaceutica» denunciata da Francesco e ripresa dalla Nota?

Proprio così! Quando il Papa esorta a non lasciare che i «nazionalismi chiusi» ci impediscano di vivere come una vera famiglia umana e a non «mettere le leggi del mercato e dei brevetti di invenzione sopra la salute», ha di fronte agli occhi proprio le enormi disuguaglianze che ci sono su scala planetaria; per questo stimola di continuo i leader globali a favorire una operazione collaborativa e trasparente tra Stati, imprese e altre organizzazioni, in modo che la produzione necessaria possa essere attuata simultaneamente in diverse zone del mondo. Non solo: considerando tutto il “ciclo di vita” — dal finanziamento alla ricerca, dalla realizzazione alla commercializzazione, dalla distribuzione alla somministrazione — ogni passaggio ha ripercussioni pratiche che possono essere meglio risolte in uno spirito di solidarietà e di collaborazione extra-nazionale. Anche perché quando si intraprendono le azioni immediatamente necessarie per fronteggiare la pandemia, è importante pensare anche ai suoi effetti sul lungo periodo, per poter sperare in una “guarigione” globale.

Può farci qualche esempio?

Basta pensare agli ostacoli di carattere logistico-organizzativo per raggiungere zone remote o poco accessibili. Sappiamo quanto la temperatura sia fondamentale nella conservazione e allora proviamo a immaginare cosa significhi trasportare le scorte mantenendo la catena del freddo e formare operatori sanitari all’uso di nuove tecnologie. Bisogna domandarsi: come fare perché il vaccino arrivi alle regioni più povere? In America latina i vescovi sono preoccupati del costo alto, perché maggiori sono le spese per far arrivare il vaccino fin lì, e per questo occorrono donazioni. Insomma il virus solleva questioni economiche, politiche e giuridiche, ma soprattutto mostra chi siamo: offriamo allora il meglio del nostro lato umano. Solo così possiamo trasformare questa crisi in un’opportunità di cambiamento per costruire una società post-covid meno individualista, anzi altruista e generosa, in cui essere davvero “fratelli e sorelle tutti”.

Il documento della Commissione si conclude con l’individuazione di sei linee-guida contenenti altrettanti obiettivi corredati dalle azioni necessarie per raggiungerli. Può riassumerle?

La Nota è un richiamo ai valori che nel linguaggio della salute pubblica costituiscono i riferimenti condivisi nelle emergenze sanitarie: rispetto dei diritti fondamentali, riduzione della sofferenza per chi è nella necessità o nella malattia, non discriminazione ed equa distribuzione di benefici e oneri. Ecco allora che si tratta anzitutto di poter esprimere valutazioni sulla qualità, la metodologia e il prezzo del vaccino; e in secondo luogo di assicurare una cura globale che tenga conto delle situazioni territoriali, nel documento si parla di «sapore locale». Si ravvisa inoltre la necessità di partecipazione e di unire gli sforzi, di consolidare il ruolo della Chiesa nel suo impegno per tutelare la dignità donata da Dio a tutti e di porre la stessa al servizio della «guarigione del mondo», utilizzandone in maniera creativa le diverse voci: conferenze episcopali, reti sanitarie ed educative, organismi caritativi, comunità religiose.

di Gianluca Biccini