C’era una donna, e
questo figlio

Illustrazione di Lorenzo Terranera
23 dicembre 2020

Dalla rivista di Casa Betania «Ditutticolori», che ha dedicato un numero speciale a una lettura in chiave natalizia dell’enciclica «Fratelli tutti», riprendiamo questo racconto.

C’era questa donna, nera come la pece, scalza malgrado il gelo, che correva in mezzo alla Statale come una bestia che non sa dove andare.

Gridava parole incomprensibili, nella sua lingua, forse, o in quella della pazzia che niente vuole dire veramente, e mentre gridava piangeva, piangeva senza una lacrima, come i pazzi che piangono senza piangere, o perché di lacrime nemmeno una glien’era rimasta.

Alcuni, mossi da sentimento, tentarono di avvicinarla.

Si tirarono su la mascherina sino agli occhi, stando bene attenti a mantenere i piedi distanzianti da quella sconosciuta, poi, sulla punta delle dita, le allungarono l’offerta.

Lei iniziò a gridare ancora più forte. Non voleva denaro. O cibo.

Ai malcapitati prendeva la mano, poi cercava di trascinarli in un luogo, assieme a lei. Tutti allora, con più o meno foga, si liberavano dalla sua stretta, schifati da quel contatto, e la mandavano al diavolo, lei e la sua follia che nulla vuole oltre che esplodere.

La donna allora riprese a correre, alla ricerca di qualcosa che nessuno oltre lei riusciva a capire. Sempre più stanca, sempre più lenta, in mezzo alla notte ancora giovane, bianca rispetto alla sua pelle di pece.

Arrivò in una via illuminata come un giorno d’estate. L’aria di festa cantava dentro grandi altoparlanti attaccati ai lampioni.

Riprese la sua missione di pazza incompresa.

Al suo passaggio rispondeva il vuoto, tutti scappavano come fosse una lebbrosa, alcuni inveendo contro la Polizia che non c’è mai quando dovrebbe. Poi, anche senza averla toccata, al solo pensiero in molti correvano a disinfettarsi le mani.

Una signora, dotata di spiccato animo gentile, le si avvicinò parlandole in tutte le lingue che conosceva. Non rispose a nessuna. Non c’era parola d’uomo in grado di raggiungerla. La donna, nera come la pece, sempre più sciupata, stremata, riservò alla signora lo stesso trattamento. Le agguantò una mano. Questa volta, però, non gridò la sua oscura litania, ma la sussurrò appena. Cambiò il modo, ma il risultato fu lo stesso. Tra lei e il mondo resisteva una corazza che nessuna parola riusciva a scalfire.

Riprese la sua corsa, ma dopo pochi metri ebbe un capogiro. Il mondo le iniziò a ruotare attorno come una giostra impazzita. Cadde in mezzo alla strada. Talmente stanca da non sentire più stanchezza.

C’era questo ragazzo, alto e da sempre troppo magro. Passato dentro cliniche dove si tenta di riparare il dolore della mente.

Si avvicinò senza paura. Dai suoi occhi di pazzo, certificato, quale pericolo poteva riservargli una donna sola e scalza? Che cosa avrebbe potuto mai fargli?

La donna, nera come la pece, agguantò la sua mano.

Si tirò su dall’asfalto con l’energia di una rinata.

Spinse il ragazzo con lei. E lui si fece spingere, la seguì intuendo qualcosa che non riusciva a spiegarsi, ma che c’era.

Fecero chilometri. Tutti mano nella mano. Un paio di volte sbagliarono strada, ritornarono da dove erano passati poco prima, per poi continuare su un altro percorso.

A metà del cammino, quando la notte era giunta al suo apice, la donna, nera come la pece, si girò verso il ragazzo, alto e da sempre troppo magro, per regalargli un sorriso fatto di denti splendenti.

La stazione di servizio era deserta.

Le macchine passavano veloci come schegge impazzite, come frecce dirette lontano. Ma era questo il luogo, questo il centro oscuro di tutte le grida della donna, nera come la pece.

Girarono attorno a un fabbricato, sino a una porta di ferro, aperta.

Il ragazzo, alto e da sempre troppo magro, non credette alla visione che gli si aprì davanti.

Nel cesso riservato ai camionisti, poggiata alla parete accanto al lavandino, giaceva una donna, nera come la pece, identica a quella che lo aveva condotto sin lì.

Tra le sue braccia, coperto a malapena, un bambino appena nato. Con gli occhi aperti sul mondo. La madre, stremata, addormentata.

Lì, in quel cesso sporco, in mezzo a una notte qualsiasi, sorse negli occhi del ragazzo, alto e da sempre troppo magro, una luce che fece giorno in tutto l’universo, divampò tanto di quell’amore che nessun peccato resistette.

Non era lui a essere pazzo.

Era quel bambino a essere un Re. Il Salvatore. Figlio di Dio e della carne dell’uomo.

Il ragazzo, alto e da sempre troppo magro, corse in mezzo alla strada, rischiò di morire, ma alla fine riuscì a fermare un’automobile.

Luci di ambulanza illuminarono la scena.

La madre e il figlio, neri come la pece, furono condotti in ospedale.

Il ragazzo, alto e da sempre troppo magro, lasciò un biglietto:

«Chi ha visto si faccia testimone, chi è stato amato ami con tutte le sue forze. Vado nel mondo ad annunciare la lieta novella».

Di lui si persero le tracce.

Ma c’è chi giura di averlo visto ai quattro angoli della terra.

di Daniele Mencarelli