L’Ifad e la promozione di giovani e donne in America latina e nei Caraibi

Impegno solidale
a fianco dei più deboli

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12 dicembre 2020

«Senza precedenti». Così l’Ifad ha definito il finanziamento che la Santa Sede si è impegnata a donare per supportare e sviluppare le attività dell’agenzia dell’Onu che combatte la fame e la povertà in tutto il mondo. Dando la notizia, il sito dell’Ifad cita una lettera del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, che sottolinea l’importanza dell’iniziativa. «Non possiamo semplicemente restare in silenzio di fronte a così tanta sofferenza», ha scritto il cardinale. «Oggi più che mai la comunità internazionale deve unire le forze per preparare e realizzare un futuro che sia sostenibile, inclusivo e giusto per tutti. Questo è quel che dobbiamo fare ed è alla nostra portata: aiutare le popolazioni più povere e più vulnerabili del nostro mondo». L’annuncio del contributo della Santa Sede è avvenuto ieri nell’ambito del nuovo processo di raccolta fondi per l’Ifad da parte dei Paesi membri. A tal proposito, il presidente dell’Ifad, Gilbert F. Houngbo, ha detto che «è essenziale lavorare insieme per trasformare i nostri sistemi alimentari e aumentare la prosperità e il benessere delle popolazioni rurali più vulnerabili del mondo».

Nel periodo di prova che stiamo vivendo, a causa della pandemia di covid-19 e della crisi sociosanitaria che essa ha portato con sé, più volte il Santo Padre Francesco ha ripetuto quanto sia necessario un ripensamento dei parametri della convivenza umana in chiave solidale. In questo senso, l’azione della cooperazione internazionale e delle Agenzie delle Nazioni Unite operanti nei contesti umanitari e dello sviluppo sono importanti paradigmi di indicazioni etiche e operative a favore delle popolazioni più vulnerabili, che maggiormente sono colpite dagli effetti ulteriormente destabilizzanti di questa emergenza mondiale.

Tra gli Organismi delle Nazioni Unite che svolgono un ruolo di particolare importanza in questa direzione, occorre menzionare il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad), che è un’istituzione finanziaria internazionale e un’agenzia specializzata del polo romano delle Nazioni Unite, con il mandato specifico di eliminare la povertà e la fame nelle aree rurali dei Paesi in via di sviluppo. L’Ifad, infatti, fornisce prestiti a tassi agevolati e donazioni destinate a finanziare progetti e programmi innovativi di sviluppo agricolo e rurale a persone e comunità che vivono in condizioni di estrema povertà. L’agenzia utilizza un approccio partecipativo per promuovere l’agricoltura su piccola scala, che ha un ruolo fondamentale per la sicurezza alimentare mondiale. Le operazioni dell’Ifad, volte alla riduzione della povertà, partono dalla definizione di Strategie Paese discusse con i Governi nazionali e con gli attori rilevanti della società civile, tra cui le organizzazioni e associazioni contadine, il settore privato, il volontariato, le istituzioni di ricerca e del mondo accademico. Queste strategie identificano le priorità di intervento al fine di massimizzare l’impatto che i progetti d’intervento dell’Ifad possono produrre per ridurre la povertà rurale.

A partire dal 1978, anno della sua fondazione, l’Ifad ha già raggiunto circa 512 milioni di persone, per lo più piccoli coltivatori, pastori e pescatori, con un impegno costante e silenzioso a favore di quelle periferie tanto care al Successore di Pietro.

Tale attenzione è stata testimoniata, poco più di un anno fa, dal Vescovo di Roma che, facendo visita alla 42.ma Sessione del Consiglio dei Governatori dell’Ifad, ha encomiato l’Organismo per l’importante lavoro che svolge nel mondo, per combattere la mancanza di cibo, la quale nel 2019, prima della pandemia, ha interessato oltre 690 milioni di persone (l’8,9% della popolazione mondiale, secondo i dati del Rapporto SOFI 2020 della Fao). Pensare che chi dedica la vita alla produzione di alimenti soffra di fame spinge, infatti, a una profonda riflessione. Si tratta di uno dei tanti paradossi, forse quello più stridente, della nostra realtà contemporanea, che con la corrente ondata pandemica potrà soltanto aggravarsi. Infatti, a causa del covid-19, i cui effetti sull’economia mondiale graveranno pesantemente sull’avvenire, corriamo il rischio che molti degli investimenti realizzati e dei risultati raggiunti nella lotta alla povertà e alla fame vengano cancellati in poco tempo. È per questo che programmi come quello del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo risultano necessari.

Nel mondo produttivo post-covid occorrerà ripartire dalla centralità della persona e questo non è, come può sembrare, un appello generico, bensì un dato concreto, suffragato da anni di esperienza dell’attività dell’Ifad. Investire dal basso, nelle aree rurali, promuovendo la crescita economica a partire dal sostegno alle comunità contadine povere e mobilizzando risorse per finanziare progetti che trasformino tali aree risulta, infatti, dalle due alle tre volte più efficace per ridurre la povertà, rispetto agli investimenti in altri settori dell’economia. L’attenzione del Fondo nei riguardi di quanti rischiano maggiormente di essere lasciati indietro è provata dalla sua presenza in alcune delle regioni più remote e isolate del pianeta e fornisce una testimonianza concreta del contributo allo sviluppo della comunità internazionale, il cui impegno oggi è ancora più urgente che in passato. Come ricordava il Santo Padre lo scorso 21 novembre nell’intervento di chiusura dell’incontro con i giovani ad Assisi, «[è] tempo che [i poveri e gli esclusi] diventino protagonisti della loro vita come dell’intero tessuto sociale. Non pensiamo per loro, pensiamo con loro. […] E da loro impariamo a far avanzare modelli economici che andranno a vantaggio di tutti, perché l’impostazione strutturale e decisionale sarà determinata dallo sviluppo umano integrale».

In questo senso i giovani, reali protagonisti del cambiamento, sono chiamati a far progredire un nuovo paradigma economico, visto che quello attuale non è più sostenibile. Ricordiamoci di aver assistito quasi inermi alla migrazione dalle campagne alle città in Europa nel secolo scorso e poi in tutto il mondo. Ebbene, azioni come quelle dell’Ifad, volte a creare opportunità di impiego, si propongono di incoraggiare i giovani a restare nelle aree rurali, introducendo innovazioni nel settore agricolo per la trasformazione economica delle regioni dove abitano.

Fissando il nostro sguardo sull’America Latina e i Caraibi, l’Ifad ha finanziato molti progetti rivolti alle giovani generazioni. Ad Haiti, per esempio, un programma realizzato in collaborazione con l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) ha aiutato i giovani a sviluppare progetti imprenditoriali, attraverso la concessione di piccole sovvenzioni ad organizzazioni giovanili rurali e il supporto per l’attuazione di politiche che forniscano gli strumenti legali, finanziari e istituzionali necessari per replicare tali iniziative.

Penso anche all’attenzione mostrata nei riguardi delle donne, ad esempio in Guatemala, dove il Programma di sviluppo rurale sostenibile per la regione settentrionale ha contribuito alla nascita di 80 gruppi di risparmio gestiti dalle comunità, nelle quali sono coinvolte 5.000 donne indigene. Questi gruppi sono riusciti a mobilitare oltre 1,3 milioni di dollari Usa, fondi che ora vengono utilizzati per fornire microcredito in una regione in cui non esistono servizi finanziari accessibili alle comunità indigene. Ancora, in Uruguay, l’azione dell’Ifad comprende diverse iniziative mirate ad accrescere il potere decisionale delle donne. Il progetto fornisce corsi di formazione, mirati a intraprendere attività imprenditoriali redditizie attraverso strumenti oggi fondamentali, quali il supporto informatico e la contabilità. Esso promuove inoltre la comproprietà come istituto giuridico e mezzo di gestione della terra atto a favorire l’accesso delle donne ai terreni agricoli e ad incoraggiare il maggior numero di donne a partecipare ad attività economiche produttive.

L’anno che volge al termine segna un decisivo spartiacque da molti punti di vista e solo se sapremo rinnovarci interiormente e rianimare la nostra azione individuale e collettiva a favore del bene comune, la pandemia che stiamo vivendo potrà essere stata un’occasione utile di ripartenza e rinascita, nello spirito della fratellanza e dell’unità. Secondo Papa Francesco, l’attenzione non solo al fenomeno sanitario ma anche a quello economico e sociale è fondamentale per non ricadere in modo più deleterio in una normalità malata di ingiustizie, disuguaglianze e degrado ambientale. Perciò, come ha recentemente ricordato il Pontefice, «la politica mondiale non può tralasciare di porre tra i suoi obiettivi principali e irrinunciabili quello di eliminare effettivamente la fame» (Lettera enciclica Fratelli tutti, n. 189). L’auspicio è che la comunità internazionale e le Agenzie delle Nazioni Unite, come l’Ifad, possano continuare a svolgere il loro importante ruolo a favore di questa nobile causa, per ridare dignità e possibilità di un futuro migliore a quanti vivono ingiustamente in condizioni più misere e disagiate.

di Fernando Chica Arellano