In questo 2020 segnato dalla pandemia, la Giornata internazionale del volontariato offre motivi di speranza e squarci di solidarietà. Con opere che spesso passano sotto silenzio. Eppure sono 82 milioni i volontari in Europa. E Padova passa il ...

Insieme possiamo

Un volontario distribuisce mascherine ai migranti e ai senza dimora che vivono nei pressi della stazione Tiburtina a Roma (Afp)
05 dicembre 2020

Da Padova a Berlino: in occasione della Giornata internazionale del volontariato, celebrata ogni anno il 5 dicembre, la città veneta passa il testimone di Capitale europea del volontariato alla capitale tedesca: la cerimonia al Teatro Verdi, in presenza del presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, e del già presidente della Commissione europea e del Consiglio, Romano Prodi, assume sullo scadere del 2020 un’importanza inedita. Nonostante gli impedimenti e le difficoltà di questi mesi, la portata delle iniziative delle 400 organizzazioni coinvolte attivamente e lo sforzo aggiuntivo, per fronteggiare le emergenze dovute alla pandemia, di 2.336 volontari, testimoniano quanto intensamente tutta la città si sia prodigata in soccorso dei più fragili: solo con il progetto «Per Padova noi ci siamo», sono stati raggiunti 15.000 cittadini, fornendo mascherine chirurgiche, generi di prima necessità e materiale per la didattica a distanza. Con la prima volta di una città italiana a Capitale europea del volontariato è emerso il valore decisivo dell’apporto degli 82 milioni di volontari europei, essenziale a ricucire un tessuto sfibrato, spesso in affanno di fronte alle tante situazioni di bisogno. «Il titolo di Capitale porta con sé la responsabilità di essere guida, di avanzare proposte — spiega Emanuele Alecci, responsabile di Padova Capitale 2020 — Padova ha condiviso con tutto il mondo no profit e dell’associazionismo un anno di grande progettualità e lavoro, che ha certificato la storica vocazione all’impegno sociale di tutto il Paese».

Lockdown, lutti, solitudine: un periodo destabilizzante che ha certamente imposto variazioni nell’agenda delle priorità

Il venire meno delle certezze e delle relazioni ha aperto una frattura nella capacità di essere comunità. Tuttavia, questa esperienza spinge a gettare le basi, solide, di una nuova casa comune. Ci siamo concentrati ovviamente sulla risposta sociale legata alla crisi sanitaria, ma è stato importante il percorso culturale che ha fatto della città un laboratorio utile al Paese e all’Europa nell’individuare prassi e modalità per ricucire il tessuto sociale ed economico. I numeri non rendono lo spirito, il significato e la solidarietà che spingono a tanto impegno, però, 1.800 cittadini, di cui oltre metà senza precedenti esperienze di volontariato e ben il 69 per cento al di sotto dei 44 anni, hanno lavorato silenziosamente. E poi l’impegno quotidiano di 7.000 associazioni rappresenta un patrimonio da custodire: non possiamo disperderlo

Come si può capitalizzare tanta solidarietà, linfa vitale di un tempo così pieno di sfide?

Credo che, in determinati frangenti della storia, si presentino delle crasi che necessariamente impongono un punto di svolta. La città e il mondo stanno voltando pagina. Di quest’anno resterà l’evidenza che si può e deve ricominciare insieme, a livello globale, e, a cascata, attraverso una proficua e virtuosa cooperazione tra istituzioni, amministrazioni locali e Terzo Settore.

Questi processi aprono a nuove forme di convivenze, ma vanno anche ad incidere profondamente sulla fisionomia delle città. Come è replicabile questo ecosistema?

Nel 1975 le più innovative esperienze di volontariato si incontrarono a Napoli in un grande convegno, poi ricordato come un passaggio epocale per la transizione al volontariato moderno. Analogamente, oggi come allora, vi sono migliaia di iniziative straordinarie: micro e piccole esperienze di innovazione, modelli di inclusione e partecipazione. Sono i veri costruttori di nuove convivenze, uniti tra loro dal lungo filo della solidarietà. Ora è il momento in cui questa costellazione di storie si dia appuntamento sotto lo stesso cielo e da qui si parta, seguendo la stella polare del bene comune.

di Silvia Camisasca